di Samuel Adamson, basato sul film di Pedro Almodòvar
traduzione di Giovanni lombardo Radice
Voto: 8 (su 10)
Per essere veramente autentica, una persona deve somigliare quanto più possibile all’idea che ha sognato di se stessa.
Agrado
Ieri, prima dell’inizio dello spettacolo (siccome, come sempre, arrivo prestissimo!) mi sono accomodata nel foyer e ho sfogliato la rivista to be di novembre, in cui si parlava anche di questo spettacolo. Ho così potuto apprendere un po’ della storia di questa trasposizione teatrale (perché, in effetti, è una cosa un po’ insolita – o almeno credo – che un’opera teatrale nasca da un film): nel 2003 Kevin Spacey è diventato direttore dell’Old Vic Theatre di Londra, e ha fatto talmente un buon lavoro che gli hanno dato la cittadinanza britannica. Tra le sue idee geniali per risollevare il teatro c’è stata quella di realizzare una versione teatrale di quello che è considerato (a quanto ne so) il capolavoro di Almodóvar, e ora lo spettacolo è finalmente giunto in Italia.
Io il film non l’ho visto, anzi, non credo di aver mai visto un film di Almodóvar, ero quindi completamente “impreparata” quando sono andata a vedere questo spettacolo (se escludiamo la sbirciatina all’articolo di to be di cui sopra), e devo dire che la cosa mi ha fatto piacere: amo vedere opere teatrali che conosco e/o ho letto, però mi piace anche essere completamente all’oscuro di quel che mi aspetta una volta seduta in platea. Così mi sono fatta catturare dal dialogo con lo spettatore dei personaggi di Esteban e Agrado, e dalla magia del teatro che è sempre tanta! Verso l’inizio dello spettacolo, per esempio, c’è l’incidente (chi conosce il film da sicuramente di cosa parlo). Non so come sia stato reso nel film, ma a teatro, semplicemente con un effetto sonoro e un gioco di luci, mi ha fatto sobbalzare sulla sedia! Altre scene che ho molto apprezzato da un punto di vista scenografico sono state quelle della rappresentazione di Un tram chiamato desiderio (pure quello, quanto mi piacerebbe vederlo!): noi spettatori ci ritrovavamo all’improvviso dietro le quinte, mentre gli attori ci davano le spalle rivolgendosi al pubblico immaginario di fronte a noi!
Nonostante tutto questo, però, alla fine del primo atto ancora non mi ero fatta un’idea precisa su questo dramma, la storia mi prendeva, ma non tanto. Il secondo atto (più corto del primo… stavolta credo lo sia stato davvero, non è stata solo una mia impressione!) mi ha di nuovo avvinto, però una volta finito, dopo gli scroscianti applausi (davvero bravissimi gli attori, tutti!), mi sono trovata a chiedermi: mi è piaciuto? Bè, sì, sicuramente. Però… perché? La storia, di per sé, non mi ha entusiasmato particolarmente, anzi, a tratti m’è parsa quasi sgradevole. Però m’è piaciuto davvero, e non può essere merito solo della bravura degli attori e del piacere di stare a teatro! Allora m’è tornato in mente quello che avevo leggiucchiato su to be prima dello spettacolo: la forza di quest’opera sono i personaggi, le donne, le madri protagoniste indiscusse. E allora anche la storia, vista da questa prospettiva, mi è sembrata allo stesso tempo molto bella e poco importante.
Inutile dire che ora sono curiosissima di vederlo, questo film! :)
Informazioni sul dramma
Regia: Leo Muscato
Manuela: Elisabetta Pozzi
Huma Rojo: Alvia Reale
Agrado: Eva Robin’s
Alicia, Madre di Rosa: Paola Di Meglio
Alex, Stanley, Dottore, Cliente: Alberto Fasoli
Suor Rosa: Silvia Giulia Mendola
Nina Cruz: Giovanna Mangiù
Esteban, Lola: Alberto Onofrietti
Scene: Antonio Panzuto
Costumi: Gianluca Falaschi
Suono: Daniele D’Angelo
Luci: Alessandro Verazzi
Teatro: Eliseo (link)