HOUSE OF CARDS
Washington D.C., giorni nostri: il congressman democratico Frank Underwood, snobbato dal neopresidente per la carica di segretario di Stato, architetta un’elaborata vendetta politica per ottenere il potere cui tanto ambisce. Accanto a lui due figure femminili altrettanto prive di scrupoli: sua moglie Claire e la giovane e ambiziosa giornalista Zoe Barnes.
Se l’anno scorso The Newsroom ha svelato al mondo intero, con realismo e una certa dose di cinismo, i meccanismi che stanno dietro alla messa in onda di un telegiornale made in Usa, quest’anno House of Cards indaga con altrettanta efficacia i retroscena della politica americana. E se la serie creata da Aaron Sorkin è stata la più brillante e geniale del 2012, questa che vede protagonista un Kevin Spacey mai così perfetto dai tempi ormai lontanissimi di American Beauty è sicuramente il capolavoro del 2013. Almeno per ora. Ma le somiglianze tra The Newsroom e House of Cards finiscono qui: lontana dal tono scanzonato (spesso) ed emotivamente coinvolgente (sempre) della prima, la seconda è quanto di più antitetico si possa immaginare rispetto a quello che in fondo è il meccanismo principale di tutte le serie tv che si rispettino, il vero motivo per cui milioni di persone in giro per il mondo decidono di passare ore e ore delle proprie vite a seguire le avventure di personaggi immaginari e il più delle volte lontani dall’esperienza quotidiana dello spettatore: l’identificazione con i protagonisti, l’immedesimazione nelle vicende raccontate. In House of Cards, appunto, tutto ciò è pressoché assente, essendo i suoi protagonisti quanto di più antipatico, infido e, sì, cattivo sia mai capitato di vedere sul piccolo schermo. Dexter Morgan sarà anche un serial killer, ma è decisamente più facile, per lo spettatore medio, identificarsi in lui piuttosto che nel machiavellico architettare di Frank Underwood. Carrie Mathison sarà anche una schizofrenica innamorata di un terrorista che vorrebbe sbattere nello stesso tempo in prigione e sul letto, ma la sua follia è nulla se confrontata alla stronzaggine di Claire. Per non parlare delle giovani redattrici di (ancora) The Newsroom, schizzate e arriviste quanto si vuole, ma assolutamente normali se paragonate allo squallido opportunismo di Zoe. Persino il fastidiosissimo dr. House, accostato ai protagonisti di questa serie tv, fa la sua porca figura di essere umano di serie A. Un piccolo spiraglio di decenza è rappresentato dalle figure di Peter Russo, congressman alcolizzato e tossicodipendente, e la sua amante-assistente Christina, due personaggi minori (ma nemmeno troppo) cui spetta il difficile compito di incanalare tutte le simpatie dello spettatore.
In ogni caso, nonostante l’inevitabile (e fortemente voluta) “frattura” tra spettatore e personaggi, House of Cards riesce a essere qualcosa di incredibilmente coinvolgente e appassionante, un capolavoro di forma (elegantissima e di assoluto livello qualitativo; basti pensare che molti episodi sono diretti da registi del calibro di David Fincher e Joel Schumacher), contenuto (mai noioso o eccessivamente tecnico, nonostante si parli di riforme scolastiche, raccolte di beneficenza, candidature ecc.) ed emozione (impossibile non “partecipare”, con un misto di disprezzo e ammirazione, alla vendetta di Underwood). E poi c’è il cast, autentico valore aggiunto della serie: protagonista, come si è detto, è Kevin Spacey, attore dallo straordinario talento ingiustamente dimenticato da Hollywood negli ultimi anni. Pur connotato da un’antipatia pressoché assoluta, il suo personaggio risulta essere alla fine l’unico credibile “eroe” della situazione, anche grazie all’espediente di farlo parlare direttamente con lo spettatore (povera quarta parete, sacrificata sull’altare del rapporto privilegiato tra un politico stronzo e una massa di seriomani all’ultimo stadio). Co-protagonista è Robin Wright, di cui tutti ci siamo innamorati, almeno un po’, ai tempi di Forrest Gump e che, come il buon vino, sembra migliorare col tempo (per quanto riguarda doti recitative, eleganza e bellezza). Gli altri interpreti sono per lo più sconosciuti, ma tutti di ottimo livello.
Ah, scordavo: l’intera prima stagione di questa serie tv è stata messa in streaming su Netflix nell’arco di una sola giornata, lo scorso 1 febbraio – fatto per nulla scontato, considerando che stiamo parlando di una produzione da milioni di dollari, e che potrebbe inaugurare nuovi e interessanti scenari nella fruizione dei prodotti di fiction televisiva.
Siete ancora qui? Su su, correte a vedervi House of Cards, poi ne riparliamo.
Alberto Gallo