SCRUBS
La serie tv che più di ogni altra ha segnato la mia giovinezza. E per giovinezza intendo il periodo, per ora, più bello della mia vita, ovvero gli anni dell’università. Ricordo decine di puntate viste con i miei amici su Mtv, battute citate in gran quantità, serate di studio intervallate da qualche episodio visto di straforo, cofanetti dvd con le serie complete comprati come regali di laurea… Credo addirittura che Superman, canzone dei titoli di testa di questo serial, sia stata in assoluto la prima canzone che ho scaricato in vita mia – con un programma antidiluviano che si chiamava WinMX. Insomma, capirete che non sarò proprio oggettivo nel giudicare una serie nei confronti della quale provo un grande affetto e i cui protagonisti, come talvolta mi accade con film e telefilm, mi sono spesso sembrati uno specchio fedele degli alti e bassi della mia vita. Sigh.
Ma andiamo con ordine.
Quando: i giorni nostri (che poi ormai non sono più così tanto nostri, dal momento che la prima serie è andata in onda nel 2001 – l’ultima nel 2010). Dove: il Sacred Heart Hospital, in America. Chi: dottori, infermieri, inservienti, avvocati… Insomma, tutto l’entourage necessario a far andare avanti un ospedale. E ovviamente i pazienti. Protagonista è il giovane medico J.D., il cui monologo interiore (ora puerile, ora onirico, ora riflessivo) funge da voce narrante e punto di vista delle vicende che coinvolgono tutti i personaggi. Accanto a lui il suo migliore amico Turk, l’infermiera Carla, Elliot (di cui J.D. è innamorato) e il terribile dottor Cox, sorta di House ante litteram e mentore di J.D. Gli episodi alternano quasi sempre storie ospedaliere mediamente tristi (particolarmente importante è il rapporto medico-paziente), che permettono agli specializzandi di crescere come professionisti e come persone, e storie di contorno – generalmente più leggere – che scavano nella vita privata dei protagonisti.
Strana serie, Scrubs. Strana e abbastanza difficile da giudicare in quanto, ben più di molti altri telefilm, alterna momenti di pura comicità ad altri piuttosto tristi e riflessivi (non a caso Wikipedia lo classifica come “comedy-drama television series”). In generale si può dire che si tratti di un telefilm leggero al 70 per cento e “pesante” per il restante 30. I momenti di maggiore ilarità sono quelli che illustrano la mente ridicolmente deviata di J.D., cui basta una parola, un’immagine o un ricordo per scatenarsi in siparietti assurdi e demenziali. J.D. è un ragazzo che vive in un mondo tutto suo, un mondo tutto sommato felice e un po’ puerile che spesso cozza in maniera anche drammatica con la realtà (ospedaliera e sentimentale) che lo circonda. A riportarlo sulla Terra è quasi sempre il dottor Cox, personaggio duro-ma-giusto per eccellenza, i cui cattivissimi ed elaboratissimi rimproveri/insulti sono le lezioni di vita di cui i medici alle prime armi hanno davvero bisogno, anche se spesso non lo sanno – certo, la sua abitudine di appellare sempre J.D. con nomi femminili non è forse l’atteggiamento più educativo del mondo, ma dopo le prime volte nessuno ci fa più caso, e questo uso diventa più che altro sintomo del disagio dello stesso Cox, quasi condannato dal suo stesso carattere solitario e scontroso a insultare tutti in qualsiasi occasione.
Eppure, altra stranezza di Scrubs, Cox non è il solo stronzo della situazione. Anzi, si può dire che quasi tutti gli anziani dell’ospedale siano piuttosto cattivelli. Parlo di stranezza perché, per essere una serie, come si diceva, così leggera, la quantità di cattiveria è assolutamente notevole. Cattivo è il dottor Kelso, primario di medicina e arcinemico di Cox; cattiva è Jordan, ex poi nuovamente moglie di Cox; cattivissimo è l’Inserviente (di cui non sappiamo il vero nome), il cui principale scopo nella vita è rendere impossibile l’esistenza di J.D. attraverso scherzetti e dispetti di ogni genere. Ma ovviamente non c’è solo stronzaggine in Scrubs, che attraverso i personaggi più giovani (Carla, Turk, Elliot e ovviamente J.D.) sa illustrare in modo molto originale e a tratti commovente concetti/sentimenti profondi e positivamente umani come l’amicizia, l’amore, l’insicurezza e il passaggio dalla giovinezza all’età adulta (sarà per questo, forse, che mi sono/ci siamo tanti affezionati a questa serie: i protagonisti sono cresciuti con noi, e noi con loro).
Meno notevole è il discorso tecnico-qualitativo: Scrubs è un serial carino, ben confezionato, ma non raggiunge certo (se non in rari casi, specialmente nelle stagioni 3 e 4) le vette artistiche e le ambizioni di molti altri telefilm coevi. In ogni caso è stato un grandissimo e durevole successo commerciale, tanto che Mtv ne trasmette le repliche praticamente senza interruzione da quasi un decennio. Cosa che ha anche permesso alla produzione di assoldare come special guest celebrità hollywoodiane del calibro di Michael J. Fox, Colin Farrell, Brendan Fraser, Dick Van Dyke e Courteney Cox. Non sarà il telefilm più bello del mondo, ma – che diamine! – ci si può affezionare un bel po’ anche ai prodotti (come alle persone) non così eccezionali.
Alberto Gallo