Twitter, ovvero i monologhi di Roberto Cavalli

Da Laibi

Che ormai Twitter sia diventato il social più utilizzato è ormai assodato. Facebook è il passato, Google+ un possibile futuro, ma Twitter... Twitter è il presente. Se prima era possibile affermare con orgoglio:"No, non possiedo un profilo fb e non ho intenzione di attivermene uno",adesso risulta quasi un' onta socialmente condivisa ammettere la propria mancata adesione al popolo dei cinguettatori.
Tra politici, attori, prezzemolini vari, la mia attenzione è inevitabilmente caduta sugli stilisti, che ci hanno messo poco a scoprire che twittare è molto più facile e divertente che diffondere un comunicato stampa. Così, sempre più spesso, le news più fresche, gli snapshoot, le anteprime passano prima per Twitter: ma per quello serve un social-web-media-manager, ossia un 23enne fresco laureato che la casa di moda piazza davanti ad un pc a veicolare le notizie sui profili social aziendali attivati. Invece, le vere chicche le riservano i profili privati, quelli che vedono impegnati gli stilisti in prima persona nel mixare anteprime della nuova collezione, a foto di cuccioli tenerissimi, fino a tweet dell'ultima vacanza in un atollo dei Caraibi (ma solo per fini creativi, of course!).
Sul podio degli stilisti maniaci dei 140 caratteri spicca Stefano Gabbana, prolifico utente di quasi tutti i social, ma attivissimo principalmente su Twitter e Instagram con quasi 260.000 follower, e, una su tutti, Victoria Beckham, regina incontrastata dei cinguettii con oltre tre milioni di follower, in visibilio per ogni singola sillaba che edita. Ma c'è un altro stilista che twitta ossessivamente, a volte sparando a zero e diffondendo bufale grandi quanto le adorate bestiole che preparano la mia mozzarella preferita: stiamo parlando di Roberto Cavalli, oltre 2.500 tweet postati e poco più di 200.000 follower, potete seguirlo sull'account @roberto_cavalli per scoprire che:

  • possiede 2 cani, 1 gatto, 4 pappagalli, 1 merlo indiano, 1 macaco... da qui la sua passione per l'animalier, suppongo (tweet del 16 aprile)
  • chiama tutti i suoi contatti (celebri e meno celebri) AMORE (vedi Miley Cyrus e Condy Crawford)
  • fa un utilizzo disinvolto della grammatica inglese (d'altronde quando si è creativi... )

una delle tante pic di Roberto Cavalli su Twitter (via Twitter.com)

Ma tra i tanti cinguettii dello stilista, uno in particolare ha colpito la mia attenzione...una sfilza direi. Per la precisione questi:



Fashion Mafia? Baciamo le mani.... (Via Twitter.com)


Etichettatto subito come "folle delirante" da parte della stampa glamour americana (guai se tocchi la loro Annina!), tuttavia lo stilista ha messo per iscritto una serie di realtà innegabili che caratterizza il fashion system degli ultimi tempi: la mancanza atavica di stilisti francesi, la moda come grande macchina per far soldi (epperò se puoi farti le vacanze creative nel villone in Sardegna lo devi pure a 'sta macchinetta, Robertino...) ma soprattutto l'evidente accusa che lancia alla Wintour, rea di aver snobbato le sue sfilate poichè lo stilista non fa inserzioni pubblicitarie su Vogue Usa.
Non è la prima volta che lo stilista dice la sua contro la direttora di Vogue (già in precedenza si era espresso contro la Wintour, rea di aver assogettato milioni di donne americane al suo stile personale) tuttavia in questo caso la faccenda è ben più grave. Al di là dei favori e gusti personali, è innegabile che determinati personaggi si muovano lì dove l'investimento tira: le riviste hanno bisogno di introiti pubblicitari e le case di moda hanno bisogno di pubblicità mirata. Un personaggio ritenuto autorevole dal sistema moda, difficilmente non porterà prestigio e introiti sicuri se presenzia in prima fila ad una sfilata. Da qui il dubbio di quanto siano realmente influenti redattori e supermegadirettori, se effettivamente siano loro a promuovere o bocciare determinate proposte, o quanto invece queste proposte vengano sospinte da un ingente investimento pubblicitario.
E se si guardano le cifre dell'ultima indagine Pambianco sugli investimenti pubblicitari nelle principali testate italiane, i dubbi aumentano: ad oggi gli investimenti pubblicitari rappresentano la spesa più ingente per la maggior parte delle aziende, da 5 fino al 10% del fatturato, un giro d'affari che vale, solo in Italia, oltre 702 milioni di euro.
Curiosa coincidenza: Prada è il marchio top spender in assoluto, con oltre 19 milioni di euro investiti in pubblicità nel 2011, con un aumento dell 84% rispetto al 2010. Ma Prada è anche il brand di cui riviste e magazine parlano di più: tra quotazioni salvifiche in Borsa, celebrazioni della stilista, sfilate rivoluzionarie su cui spesso sento di dover dissentire (la collezione s/s 2012 tutta fiamme, stampe e american way of life?no grazie).
Altro discorso per i redazionali: quegli splendidi servizi patinati, realizzati da talentuosi stylist, che si ritiene siano dettati da libere scelte redazionali, ma che in realtà sono comunque pilotati da forti investimenti aziendali, per quanto non quantificabili. Un esempio su tutti? Su un totale pari a 399 milioni di euro in redazionali, spicca nuovamente al primo posto il gruppo Prada, con oltre 7 milioni di euro, seguito a ruota da Gucci, Dolce&Gabbana, Chanel, Louis Vuitton... insomma tutti i brand che vi fanno sognare quando sfogliate la vostra rivista preferita. Tutti brand che spendono, e anche tanto, in pubblicità. Ma queste, dicevamo, sono solo coincidenze.
Dati alla mano, risulta quindi difficile contraddire Roberto Cavalli e bollare i suoi tweet come semplice sfogo: che il mondo della moda oggi sia  sempre meno collegato a concetti come creatività e arte, e debba tener conto sempre di più di introiti e fatturati, è ormai un dato di fatto. E se lo stilista fiorentino si ritiene danneggiato dai maneggi di questa "fashion mafia", si può tuttavia ritenere soddisfatto: a fronte degli investimenti fatti, il marchio Roberto Cavalli figura al quarto posto per tasso di resa, ossia il rapporto tra spese in pubblicità e ritorni in redazionali: per la serie, spendi poco ma piazzati bene. E in questa classifica, il gruppo Prada figura solo al 25esimo posto.
Stai a vedere che poi, tutta questa pubblicità, neanche serve?
TIP: per le curiosone incallite, come me, il resoconto completo dell'indagine è disponibile qui.


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