Sono d'accordo con Michele Serra, anche su Twitter e sui "nuovi" social network con cui sembra che abbiamo creato una società più informata, più colta, più intelligente e più libera. In realtà, stiamo annegando nel contrario: abbiamo confuso la possibilità di poter esprimere la propria opinione con un "mi piace", perché nella rapidità di internet abbiamo perduto la possibilità di riflettere e di pensare: troppo icastici i tweet, troppo semplice l'incontro dei pareri per generare un pensiero che sia realmente proficuo. Abbiamo confuso il pensiero che ci attraversa la testa in un baleno con la riflessione ordinata e puntuale. I social network non ci hanno aiutato a risolvere la confusione. Dandoci l'impressione di essere diventati importanti e famosi, finalmente al centro di quelle attenzioni e di quel mondo sociale in cui abbiamo creduto di dover stare e che, in realtà, è un pericolo per l'intelligenza.
Inoltre, spesso sono fautori di falsi miti (vedi Mosconi) o di false lotte sociali (vedi Kony), con le quali ci sentiamo tutti migliori: lottiamo per il bene, e ci crediamo informati, pur essendo solo pedine succubi di un video con tante visualizzazioni. In fondo, non c'è deontologia in internet. E la mancanza di regole è la crisi della nostra libertà e della nostra intelligenza.
Forse non posso dire, con M. Serra, che Twitter mi fa schifo. Di certo mi mette paura.
Gramellini ha detto che:
Aiuto, li sto perdendo. Sono i colleghi più cari, gli amici di una vita. Quelli con cui fino all’altroieri potevo scambiare un sano pettegolezzo all’orecchio o uno sguardo d’intesa durante le riunioni. Ora cerco i loro occhi e non li trovo più: sono curvi sul cellulare, con i pollici a forma di sogliola, per digitare ossessivamente dieci, cento, mille tweet (cinguettii). Cosa sono i tweet?, si starà chiedendo qualche lettore arcaico che avrei quasi voglia di abbracciare. Sono degli sms, ma invece di arrivare a un solo destinatario finiscono in simultanea su migliaia di telefonini. Se prima Pippo mandava a stendere Pippa in privato, adesso l’intera comunità degli usignoli può godersi lo spettacolo. Naturalmente su Twitter si parla soprattutto di cose serie. Per esempio si segnalano libri che nessuno avrà tempo di leggere perché per farlo bisognerebbe staccare di tanto in tanto gli occhi da Twitter. Come il giornalista, anche il cinguettatore non vive ma cinguetta il proprio vissuto. E oltre a cinguettare riceve i cinguettii di tutti gli altri, rivivendo così ogni giorno la frustrazione già mirabilmente espressa da Troisi: «I libri non li raggiungo mai, pecché io sono uno a leggere mentre loro sono milioni a scrivere».
Scherzavo. In realtà Twitter è: a) un giornale personalizzato di cui si è direttori e lettori al tempo stesso, b) una fonte inesauribile di stimoli, c) un passatempo superficiale per maschi nevrotici, compulsivi e ossessivi. Una di queste tre definizioni appartiene a mia moglie, indovinate quale.