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UCRAINA: Il governo di Kiev è legittimo? L’ombra nera di Svoboda

Creato il 24 marzo 2014 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 24 marzo 2014 in Ucraina with 14 Comments
di Pietro Rizzi, Davide Denti, Matteo Zola, Giorgio Fruscione

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La rivolta andata in scena a Kiev ha portato al potere un governo che rappresenta i partiti di opposizione al deposto presidente Yanukovich. Tuttavia tra “piazza” e partiti di opposizione non c’è sempre stata sintonia: come abbiamo scritto altrove l’opposizione condivide con Yanukovich ed il suo governo tutte le colpe, e forse ne ha di maggiori. Non ha saputo leggere la situazione e comprendere le proteste né tanto meno guidarle. Si è fatta trovare impreparata in ogni momento e non ha avuto proposte politiche concrete.

La fuga di Yanukovich ha però lasciato un vuoto da colmare, e i rappresentanti dei partiti Patria e Svoboda hanno dato vita a un governo unitario, mentre l’altro partito di opposizione, Udar, pur non facendone parte ha scelto di sostenerlo. Ma tale governo è legittimo? Dal punto di vista puramente formale, lo è. Yatsenyuk è stato designato da un parlamento democraticamente eletto, in cui i partiti non hanno più, oggi, le stesse posizioni che avevano al momento delle elezioni. Anche gli esponenti del Partito delle Regioni, quello di Yanukovich, hanno appoggiato il nuovo esecutivo. E l’articolo potrebbe finire qui. Proviamo invece a farci delle domande per problematizzare la questione, fermo restando la legittimità formale del governo di Kiev.

Questioni tecniche

Che cosa vuol dire, in effetti, che un governo sia legittimo o meno? In base a quali criteri? Nel diritto internazionale basta l’effective government, ovvero l’effettiva e indipendente potestà su una comunità territoriale. Se per essere legittimo un governo dovesse anche avere un’investitura democratica, molti sarebbero i governi “illegittimi”, a partire da quello russo. Le derive ultra-nazionaliste (di cui parleremo) e la presenza di un partito d’estrema destraal governo, qual è Svoboda, non bastano a mettere in discussione la legittimità del governo.

Passiamo allora all’impeachment che il Parlamento ha fatto contro Yanukovich all’indomani della sua fuga: è stato un atto costituzionale? No, esso è avvenuto in palese violazione della Costituzione ucraina non essendo stati rispettati in alcun modo la procedura prevista ed il quorum dei tre quarti richiesto per destituire il Presidente (Artt. cost. 111-112). Altrettanto incostituzionale è stata la reintroduzione della legge con la quale si rivedevano i poteri del Presidente tornando, quindi, alla situazione del 2004. Peccato che la stessa legge del 2004 fu abrogata dalla Corte Costituzionale perché adottata in violazione degli Artt. cost. 157 e 159. Si è quindi riesumata una legge che era già stata invalidata perché approvata senza rispettare la procedura costituzionale e perché assunta in un momento, la così detta Rivoluzione arancione del 2004, che è stata paragonata ad un periodo di stato d’emergenza: non si capisce perché adesso la valutazione dovrebbe essere diversa.

Questioni politiche

Queste le considerazioni “tecniche”, ma occorre anche fare delle considerazioni politiche. Questo Parlamento è composto dalle stesse persone che votarono a favore delle leggi “liberticide” di Yanukovich e consentirono la repressione della protesta. Gran parte dei deputati che hanno militato nel partito del Presidente sono ora alla base della nuova maggioranza parlamentare ed è lecito che sorgano dubbi sull’opportunità che una nuova fase si basi ancora su coloro che volenti o nolenti hanno partecipato al regime precedente.

Ma era davvero plausibile indire elezioni subito dopo la fuga di Yanukovich, con un paese sballottato e la gente ancora sulle barricate? I tre mesi di governo provvisorio (febbraio/maggio) fino alle elezioni anticipate parlamentari e presidenziali sembrano un termine democraticamente ragionevole. Peccato che il 25 maggio non si terrà nessuna elezione parlamentare. Si voterà solo per il presidente (l’Ucraina è infatti una repubblica semi-presidenziale sbilanciata ora, dopo la reintroduzione della Costituzione del 2004, verso il Parlamento) e questa Rada – e quindi questo governo – resterà in carica almeno fino a ottobre. Salvo colpi di scena.

Si voterà invece, in tutta una serie di elezioni locali che erano state bloccate negli ultimi anni dal governo Yanukovich per timore di perdere: tra queste, si sceglierà il nuovo sindaco di Kiev, che è governata da un commissario governativo dal 2010.

Il governo, insomma, è legittimo ma si poggia su un Parlamento politicamente delegittimato, benché eletto democraticamente nel 2012.

L’anima nera del governo

Non si può poi tacere l’anima nera di questo governo: Svoboda, partito di estrema destra nazionalista con derive razzistiche e antisemite, contrario tanto alla Russia quanto all’Unione Europea. Il leader del partito è Oleh Tyahnybok, noto per aver detto che il suo scopo è “estirpare dall’Ucraina tutta la feccia russa, tedesca e giudea”. Alle elezioni parlamentari del 2012 ha raccolto il 10% dei voti, con 36 deputati su 450 totali. Oggi, nonostante nei sondaggi sia attestato sul 6,5% (ma solo al 3,5% per le presidenziali del 25 maggio), Svoboda conta quattro esponenti nell’attuale esecutivo. Il primo è Oleksander Sych, vice-premier (carica che condivide con Serhiy Arbuzov, uomo di Yanukovich, già capo della Banca centrale ucraina), noto per le sue posizioni anti-abortiste è stato eletto in Parlamento nel 2012. Il secondo è Andriy Mokhnyk, ministro dell’Ecologia e delle Risorse naturali, braccio destro di Tyahnybok, Completano il quadro Ihor Shvayka, ministro dell’Agricoltura e Igor Tenyukh, ministro della Difesa. Cariche tutt’altro che marginali che non possono che gettare discredito sull’attuale esecutivo ucraino. Da aggiungere alla lista il neo procuratore generale Oleg Makhnitsky, che ha il compito di guidare la magistratura inquirente e quindi di decidere chi incriminare e chi salvare: un ruolo che dovrebbe ricoprire una persona meno vicina all’estremismo.

Svoboda è stata la protagonista della seconda fase della protesta, iniziata con l’abbattimento della statua di Lenin e culminata nell’assedio al Parlamento. Svoboda è stata abile a spaccare la protesta deviando nella violenza quella che poteva essere una nuova “rivoluzione” pacifica come quella del 2004.

Il direttore delle televisione di stato ucraina, Alexander Panteleimónov, è stato aggredito nei giorni scorsi e forzato a dimettersi a seguito di violenze perpetrate da uomini di Svoboda. Un portavoce del partito, Alexander Aronets, ha inviato un messaggio tramite Facebook in cui sosteneva che “queste azioni sono necessarie” perché il canale televisivo e il suo direttore sono stati “un lavaggio del cervello per il popolo ucraino”. Come avviene in molti paesi, il direttore Panteleimónov era stato nominato dal partito al potere, quello di Yanukovich, di cui era espressione. Ma l’azione di Svoboda testimonia come le squadracce del partito siano pronte a farsi giustizia da sole, esattamente come prima facevano le squadre di picchiatori targate Yanukovich. Il premier ucraino Yatsenyuk ha pubblicamente condannato l’azione ma il nuovo governo deve fare attenzione a non cadere preda della violenza di Svoboda.

La legge sulle lingue minoritarie

Tra le prime misure approvate dal nuovo Parlamento c’è stata l’abrogazione della legge del 2013 sulla tutela del multilinguismo: una legge che tutelava di fatto solo il russo, poiché le altre lingue non superavano la soglia del 10% dei parlanti nel proprio distretto, costringendo così le piccole minoranze linguistiche (tatari, ma anche ungheresi, bulgari, rumeno/moldavi, ruteni, polacchi) a dover scegliere tra russo e ucraino. L’abrogazione, nonostante fosse stata pensata per riportare in condizioni di parità la protezione delle diverse lingue oltre all’ucraino, è stata intesa come espressione del nazionalismo del nuovo governo e usata da Putin per giustificare il proprio intervento. Tuttavia la richiesta di abrogazione non è stata mai firmata dal Presidente della Repubblica ad interim: di fatto, quindi, quella legge è ancora in vigore e la lingua russa non è discriminata, anzi rimane l’unica lingua protetta oltre all’ucraino.

Conclusione

Occorre guardare alla situazione ucraina con realismo: il nuovo potere è fragile, preda di molte pulsioni, sostenuto da forze eterogenee e opposte tra loro, e per superare l’epoca di Yanukovich sono necessarie soluzioni di compromesso. La presenza di Svoboda nell’attuale esecutivo, che non va sottovalutata, non è tale da poter far ricadere sotto l’etichetta di “fascista” l’intero governo. Esso è però senz’altro espressione del nazionalismo ucraino, e il nazionalismo non è mai un buon consigliere.

Tags: Davide Denti, Giorgio Fruscione, governo Kiev, Maidan, Oleh Tyahnybok, pestaggio, Pietro Rizzi, proteste, Svoboda, Ucraina, zola matteo Categories: Ucraina


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