di Matteo Zola
La Russia ha offerto 15 miliardi all’Ucraina, denaro sonante che Kiev può subito mettere in cassa, un modo per Mosca di ottenere la fedeltà della recalcitrante repubblica vassalla e per Yanukovich di mantenere saldo il suo regime. Senza quei soldi, infatti, Kiev sarebbe andata incontro a una bancarotta che avrebbe esposto il governo e il presidente a dimostrazioni di piazza ben maggiori rispetto a quelle andate in scena in queste settimane nella capitale. L’accordo prevede anche una cospicua riduzione del prezzo del gas, che passerà da 400 a 268,5 dollari per mille metri cubi. Secondo il primo ministro Mykola Azarov si è trattato di un accordo “storico” anche perché l’associazione all’Unione Europea avrebbe “portato al fallimento e al crollo socioeconomico” del paese.
Peccato che il fallimento ucraino sia frutto della oligarchica e corrotta politica di Azarov e Yanukovich i quali, da sempre espressione di un filorussismo funzionale al loro potere, hanno trovato in questo prestito una nuova fonte di legittimazione. La reazione europea non si è fatta attendere: “E’ offensivo il modo con cui i politici russi hanno usato le difficoltà economiche ucraine secondo il loro interesse, quello di impedire l’accordo di associazione con l’Europa. E offensivo certamente è stato l’intervento violento delle forze di sicurezza ucraine contro chi protestava” ha dichiarato Steinmaier, fresco ministro degli Esteri tedesco.
La questione ucraina non si chiude così. Il denaro russo servirà solo a mettere una pezza alla crisi del paese e alla luce del grado di corruzione dell’élite politica ed economica c’è da immaginare che ben poco andrà nelle tasche dei cittadini. Una nuova protesta sarà inevitabile nei prossimi mesi quando Kiev si troverà di nuovo di fronte al nodo della firma dell’Accordo di associazione con l’Ue previsto in primavera.
Tuttavia, da europei, dovremmo riflettere su alcuni aspetti di questa protesta prima di ritrovarci nuovamente ad applaudirla acriticamente. Il primo è il carattere antirusso delle manifestazioni, e metà della popolazione ucraina è russofona: queste proteste rappresentano solo una parte del paese. Il secondo è che l’informazione continentale ha ostinatamente definito queste proteste come “filo-europee” anche quando di bandiere europee in piazza dell’Indipendenza non ce n’erano più. L’europeismo è stato uno degli elementi della protesta ma si tratta, in ogni caso, di un “sentimento” strumentale, utile all’opposizione per sganciarsi da Mosca. Una opposizione non meno corrotta e oligarchica, come il caso Timoshenko dimostra. Terzo, il carattere nazionalista della protesta, e il nazionalismo non giova ad Unione Europea “sovranazionale” per definizione. La recente protesta ucraina è stato un grande esempio di coraggio e dignità, ma come sempre chi fa informazione dovrebbe evitare di diventare “tifoso” di una causa cercando di invece di mostrare luci ed ombre di un fenomeno.