di Matteo Zola
La Corte d’appello di Kiev, riunita oggi in udienza preliminare, ha respinto la richiesta di scarcerazione dell’ex primo ministro Yulia Timoshenko, avanzata dalla sua difesa per motivi di salute, e ha stabilito che il processo d’appello può essere tenuto senza riaprire i termini dell’inchiesta, fissando la prima udienza per il 13 dicembre. Lo riferiscono le agenzie di stampa Ria Novosti e Interfax.
I legali della Timoshenko, condannata in primo grado a sette anni e mezzo di carcere per abuso di potere in seguito a un’inchiesta sui contratti per il gas firmati con la Russia mentre era premier, hanno dato vita in aula a una battaglia procedurale, chiedendo sia lo stop per il processo, sia la liberazione della loro assistita, assente in aula e ricoverata nell’infermeria del carcere in cui è detenuta da due giorni.
Quella della malattia può essere l’ultima carta in mano agli avvocati della “zarina del gas” per tirarla fuori di cella mobilitando l’indignazione dell’opinione pubblicia internazionale. In un contesto di estrema tribolazione, però, i governi, i media e le popolazioni del vecchio continente sembrano appassionarsi poco al caso Timoshenko. L’ex premier e leader d’opposizione, in prigione dallo scorso agosto, soffre di forti dolori alla schiena ma il ministero della Salute ucraino, che nei giorni scorsi ha permesso che Timoshenko fosse visitata in un ospedale di Kiev, afferma che la detenuta non soffre di alcuna patologia grave.