di Stefania Mattana
Sono di qualche giorno fa le parole del coach sudafricano Pieter De Villiers che definiscono la haka “noiosa” e dannosa alla stessa cultura maori nella sua ripetitività.Ebbene, per quanto antipatico e antropologicamente poco logico possa essere il pensiero di De Villiers, in Nuova Zelanda non tutti si sentono di bocciarlo, mentre diversi All Blacks si sono schierati dalla parte di quelli che condannano le sue affermazioni.
Peter Love, fiduciario di una organizzazione che amministra le riserve Maori, ha dichiarato che effettivamente si sta assistendo a un abuso della cultura Maori, sottolineando l’uso a suo dire particolarmente infelice delle haka per i numerosi flash mob che si stanno verificando in tutto il mondo in corrispondenza della RWC.
“Sono preoccupato per il nostro patrimonio culturale – ha detto Love – di cui a volte si abusa e la si presenta in maniera inadeguata. La haka per esempio viene eseguita al di fuori di occasioni speciali” Il riferimento agli ultimi flash mob di Madrid e di Sydney sono poi evidenti dalle altre parole di Love: “Nella nostra cultura la haka è una cosa talmente speciale che anche il suo uso nello sport la “imbastardisce”. Pieter de Villiers ha ragione quando dice che stiamo perdendo il rispetto nei suoi confronti.”
Un purista della cultura maori che ha le sue buone ragioni per scontrarsi contro il bieco showbiz che strumentalizza aspetti “esotici” di altre culture per sfruttarne l’appeal e far guadagnare bei soldoni alle aziende. Ma dall’altra parte c’è anche la tradizione della haka legata allo sport, in particolare al rugby. Un pezzo della storia ovale neozelandese è strettamente unita alla celebre danza Maori, che ha contribuito a cementare l’identità nazionale del Paese.
“Troppa haka? Ma come si può dire questo?” ha commentato incredulo Andy Ellis.
“Io non credo che nessuno dia veramente retta a tutto quello che De Villiers dice o pensa”, ha aggiunto Corey Flynn, che di Maori ha anche il sangue.
“La haka è parte della nostra storia, della nostra tradizione – ha dichiarato Ma’a Nonu – Noi ne siamo orgogliosi, non mi importa di cosa pensa De Villiers”.
Polemiche sterili e dichiarazioni di fierezza che di certo non fermeranno da sole né le (giuste) crociate dei Maori né il grande (e intensivo) sfruttamento dei media di questa danza così affascinante ma anche così fragile. In media stat virtus, dicevano gli antichi latini. E speriamo che lo capiscano un po’ tutti.