di Stefania Mattana
Quando pensiamo alla terra dai mille laghi e agli sport ad essa tradizionalmente legati mai penseremmo alla palla ovale. Magari all’atletica, in particolare al lancio del giavellotto, allo sci di fondo e alpino, ma mai al rugby. E a dire il vero, nemmeno i finlandesi lo sanno.
“Quando dico ai miei amici gioco a rugby, pensano che stia parlando del football americano. Nessuno in Finlandia conosce il rugby, non c’è nessun riconoscimento per questo sport”, dice Niklas Sved, uno studente innamoratosi del rugby durante uno scambio culturale in Galles.
Effettivamente, come tutti i Paesi in cui il rugby si definisce come “sport minore o emergente” i problemi sono sempre gli stessi: mancanza di fondi, sponsor inesistenti, nessun proselitismo nelle strutture come scuole o enti privati, una federazione internazionale che per quanto si sforzi di finanziare lo sviluppo della palla ovale trova diversi ostacoli.
Eppure, la prima squadra finlandese non pensa di essere realmente la numero 93 del mondo, anzi. “Non è giusto dire che siamo la peggiore squadra del mondo. – commenta Steve Whittaker, capitano trentacinquenne della Finlandia – Siamo ultimi nella classifica IRB, ma ci sono molte nazioni che non vengono nemmeno classificate, e che tecnicamente sono inferiori a noi.”
La polemica, peraltro pacifica, che sostiene Whittaker è legata ai criteri utilizzati dall’IRB per classificare una squadra all’interno del ranking: la Finlandia partecipa con regolarità alla European Nations Cup con Bulgaria, Grecia, Lussemburgo e Cipro, e nonostante vinca parecchie volte, non può salire nel rank mondiale perché per farlo dovrebbe battere delle squadre che figurano all’interno della classifica IRB, e tra quelle elencate solo la Bulgaria ne fa parte.
Un’ingiustizia che genera delle evidenti disuguaglianze, e che ha fatto risorgere la “sisu” finlandese, ossia lo spirito combattivo finnico. “Mettiamo il caso che la Finlandia fosse una nazione dei Caraibi – ipotizza il pilone Marc-Olivier Meunier – Allora potremmo gareggiare contro squadre come Thaiti, che sicuramente batteremmo. Ecco, in questo caso potremmo salire di livello”.
Se spostare fisicamente la Finlandia da sotto il Polo Nord e portarla tra le calde correnti caraibiche è pressoché fantascienza, meno impossibile sembrerebbe rimettere in discussione i parametri IRB per la classificazione delle nazionali nel ranking.
Nel frattempo, a far crescere il movimento ci pensa la sisu: 12 club in tutto il Paese e tante giovani leve da arruolare. Niente maglia nera, per la Finlandia. Almeno per l’impegno.




