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Ulisse il pettirosso canterino

Da Fiaba


Lunedì 18 Febbraio 2013 16:16 Scritto da Monica F.

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C’era una volta un giovane pettirosso dagli occhi di una cangiante tonalità viola scuro, di nome Ulisse.

Allegro e altruista, romantico e sognatore, perduta alla nascita un’ala, l’uccello, con una soltanto, non si era mai perso d’animo, e anche se storpio e malfermo, ridicolo nei movimenti grotteschi e sgraziati, costretto a nutrirsi solo di semi e tanta, tanta acqua, non aveva mai smesso di cantare, cullando nel proprio cuore il sogno di diventare sempre più bravo, seppur cantando su rami bassi, come la sua condizione gli imponeva - un passo dietro agli altri - senza poter raggiungere mai il cielo aperto, ugualmente orgoglioso delle sue note con cui amava riempire il creato.

“Ma con un’ala sola!” gli facevano eco voci sconosciute alle sue spalle, mischiandosi spesso a patetiche mezze risate e sguardi caritatevoli di pietà “Una sola! Devi ammettere che non sarà mai, una così gran cosa! La tua ala maciullata, che tra l’altro non guarirà mai, non è certo un belvedere! E così conciato, impedito, forzato a soste tanto frequenti, puoi star certo che nessuno dei tuoi fratelli t’inviterà mai a cantare alla grande Festa della Primavera!”

“Ah no! Peccato!” levava lui allora ogni volta, per tutta risposta, ancora più in alto il becco sorridendo, destreggiandosi in gorgheggi ancora più acuti “Sono pur storpio, è vero! Ma nessuno potrà mai fermarmi dal cantare, dal mio proposito di divenire sempre più bravo e portare sempre più in alto le mie note!”

E sbilenco, non cessava mai il suo cinguettio.

“Anche da rami tanto bassi? Mentre in alto, in volo, i tuoi fratelli raggiungono il cielo col loro canto?”

“Si, certo! E anche bevendo tanta acqua! Riuscendo, credetemi, ad apprezzarla per questo ancora di più!”

Continuava lui, nel suo canto con tenacia, avanzando con sudore.

E un giorno, all’alba, d’improvviso, voltando lo sguardo verso l’orizzonte, il pettirosso percependo il proprio petto battere a mille, scorgendo i raggi dell’aurora nascente carezzare in mille bagliori di rugiada le sue piume malconce, con movimenti insicuri, inspirò profondamente, e in un solo colpo spalancando l’unica ala sana, di botto, elevò di petto il suo canto con tale potenza, da far aprire col suo luccicore la primavera, sorridendo di gioia indicibile, annunciando la sua felicità al mondo intero, melodia d’amore di impareggiabile bellezza, volando con un’ala sola, libero, librandosi distorto, arrancando, ma raggiante e pieno di luce.



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