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Ne ho parlato su The Post Internazionale.
La vicenda delle armi chimiche siriane, risale all'anno scorso: era il 21 agosto quando ci furono due attacchi in altrettanti quartieri del Rif di Damasco, che provocarono complessivamente le morte di migliaia di persone, quasi tutti civili.
L'utilizzo delle armi chimiche rappresentava una red line non oltrepassabile secondo i moniti occidentali, guidati da Obama, tanto che qualche giorno dopo, quando ci furono le prime evidenze degli attacchi, gli Stati Uniti si trovarono a discutere della possibilità di un intervento militare. L'intervento non arrivò, sia perché Obama - debole - si trovò solo, senza l'aiuto dei principali partner dell'Occidente (a cominciare dalla Gran Bretagna), sia per l'indecisione - debole ancora di più, il presidente divenne quasi macchietta in una tiritera con il Congresso.
Da lì, la Russia si fece da mediatrice con l'alleato Assad, spostando la situazione sul tavolo delle trattative (e prendendo in mano il pallino geopolitico della situazione), tanto che ottenne il disarmo. È passato quasi un anno intero, per completare quella che doveva essere un'operazione di pochi mesi - tra ritardi fatti di doppi giochi e oggettive difficoltà.
Lunedì l'ultimo carico è arrivato al porto di Latakia e la nave danese è salpata verso Gioia Tauro: noi italiani non ci siamo fatti mancare isterismi e idiozie in merito alla decisione internazionale (dettata da Onu e Opcw che si sono occupate insieme dell'intera operazione), di utilizzare il porto calabrese per il trasbordo. Anche per questo il presidente dell'Opcw Uzmucu non ha specificato dettagli e tempistiche sul viaggio che i prodotti chimici di Assad stanno compiendo in queste ore.
La missione è conclusa, sebbene come noto, il regime di Damasco abbia operato di nuovo attacchi chimici negli ultimi mesi. Per evitare di aggravare la propria situazione e ripetere quella che sarebbe a tutti gli effetti stata una violazione intollerabile, in questi casi sono stati utilizzati prodotti industriali comuni. Tra questi, soprattutto il cloro, che combinato con le barrel bomb attraverso apposite bombole di gas di cloro (Cl2) ad innesco, si diffonde nell'aria appena dopo la deflagrazione a causa dell'alta volatilità. Il Cl2 quando si espande in atmosfera, data l'alta reattività, tende facilmente a legarsi con le componenti acquose dell'aria, formando composti acidi di vario genere e sali di cloro, nonché con i prodotti organici dando luogo ai clorurati. Ma le elevate concentrazioni che seguono le esplosioni, producono l'inalazione diretta del gas di cloro, prodotto altamente tossico che induce problematiche respiratorie anche gravi - e pure fatali.
Ovviamente l'uso di queste tecniche di bombardamento è ugualmente proibito dagli accordi internazionali e corrisponde ad un crimine di guerra, ma il cloro in sé non è una sostanza che è possibile inserire nelle liste delle armi chimiche, dato che rappresenta un elemento diretto o indiretto in numeroso produzioni industriali civili.
Assad le sta usando lo stesso, il mondo lo sa, ma a questo punto è inerme.
Tutte le cose che sono state scritte sulle armi chimiche - non solo siriane - sono rintracciabili attraverso l'etichetta "Armi chimiche", e rileggendole si ripercorre la storia di quello che è accaduto in Siria con maggiore perizia e si scoprono fatti che riguardano anche l'Italia.
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