Si è consumato l’ultimo giorno di campagna elettorale per le elezioni a sindaco di Roma, che si terranno il 26 e il 27 maggio.
Il Campidoglio
Foto Marco Crocoli, licenza CC BY
Sono ben 19 i candidati, ma solo tre sono papabili, e due in realtà lo sono particolarmente. Si tratta di Ignazio Marino, candidato del PD, e Gianni Alemanno, sindaco uscente, sostenuto dalla coalizione di centrodestra. Insieme a loro, Marcello De Vito è l’uomo del Movimento 5 Stelle, a cui è giunto anche una sorta di sostegno da parte di un altro candidato, Alfio Marchini, sostenuto da due liste civiche: “con De Vito ho un ottimo feeling”, ha detto, dichiarando anche che, in caso di vittoria, sarebbe stato lui il suo vicesindaco.
A concludere la campagna elettorale, questa sera interverranno tutti i maggiori esponenti dei partiti sostenitori dei candidati sindaci: con Alemanno interverrà Berlusconi, con Marino arriverà anche Epifani e con De Vito salirà sul palco Beppe Grillo. Dubbi sulla grandezza delle folle giunte in piazza ad ascoltare i comizi: Alemanno ha arditamente dichiarato: “siamo cinque volte quelli del PD”.
L’elezione del sindaco di Roma giunge in un momento cruciale nella volatile situazione politica italiana. Il governo Letta “del compromesso” perde di giorno in giorno consensi, ed è notizia recente che secondo i sondaggi la fiducia sia calata, rispetto all’inizio, di un 12%. A fronte di questo, il PDL macina consensi posizionandosi saldamente primo tra i tre partiti (o meglio, tra i due partiti ed il movimento). La rielezione di Alemanno non è però certa, ed è davvero arduo che il candidato del PDL possa vincere addirittura al primo turno. Se ciò accadesse, sarebbe sintomo di un profondo mutamento di coscienze in tutta Italia ed in un tempo brevissimo, a tutto vantaggio del PDL, e, in franchezza, per sola colpa della gestione a dir poco “lacunosa” del PD. Sarebbe la prova di un forte risentimento per un cambiamento sperato che non si è verificato, e la conseguenza di questa non corrispondenza tra promesso e realizzato non può che penalizzare il principale partito di centrosinistra.
Articolo di Giacomo Conti