Se Atene piange Sparta non ride (a parte la difficoltà, nel caso in questione, di identificare quale dei due partiti è Atene e quale Sparta. Magari facciamo Gemonio e Sesto San Giovanni)), così il Partito democratico non è il solo a dover fare i conti con risultati elettorali scadenti e malumori interni.
Difficoltà sembrano albergare un po' in tutti i partiti, complice anche il momento difficile che stiamo vivendo e il fragile equilibrio sul quale sopravvive la legislatura, ma non c'è alcun dubbio che a passare un momento veramente difficile è soprattutto la Lega Nord, che sta sperimentando probabilmente solo un anticipo di quello che potrà essere la lotta di successione al padre fondatore, il Senatur Umberto Bossi, che colpito un paio d'anni fa da un ictus non sembra ormai più in grado di tener a bada le minoranze interne.
Anche perché a suscitare i malumori di parte della base del partito, forse della maggioranza, è la chiara intenzione di Bossi di voler imporre alla guida del partito il figlio Renzo, detto il trota, in un disegno di continuazione dinastica della leadership del partito che in tanti proprio non riescono a digerire.
Se poi aggiungiamo che, almeno da quello che trapela dall'interno del partito, una volta monolitico, della Lega Nord, che il disegno sia opera nemmeno di Bossi, ma del cosiddetto "cerchio magico", ovvero delle persone più vicine a Bossi, familiari e amici di famiglia, e addirittura ideato e condotto dalla moglie del Senatur, che ambirebbe a sistemare ai vertici del partito tutti e tre i suoi figliuoli, per paura che essi non possano avere una vita normale al di fuori della creatura politica del padre, svantaggiati dal nome che portano, si può ben comprendere che le resistenze tra i leghisti siano molte.
Il vecchio leone delle prealpi varesine tenta ancora di imporre la sua volontà con intemerate e battute ad effetto, che hanno come ultimo bersaglio Flavio Tosi, sindaco leghista di Verona e esponente del partito in forte ascesa, ma la voce non è più stentorea come un tempo e le zampate non sono più energiche come una volta e sembra assai difficile che Umerto Bossi possa infine imporre i suoi desiderata.
Sempre ammesso che alla fine della faida interna ci sia ancora un partito, o almeno una Lega Nord come la conosciamo oggi: "Bossi l'ha fatta e Bossi la distruggerà", ha sentenziato un vecchio militante, e potrebbe essere un buon profeta.
In fondo la Lega era un partito a termine, nato con l'intento di sciogliersi dopo il raggiungimento di un obiettivo, la cui sopravvenuta irrealizabilità dovrebbe comunque portare allo scioglimento del movimento