Viaggiando attraverso l’Iperrealtà
con Umberto Eco
Premessa: La prima descrizione di come la cultura contemporanea sia costellata di ri-creazioni e di “ambienti a tema” è di Umberto Eco. Nel suo brillante saggio, Eco mostra che noi creiamo delle invenzioni realistiche nel tentativo di escogitare qualcosa che sia meglio del reale, ovvero più attraente di quello che incontriamo nella vita di tutti i giorni. Nella descrizione di Disney, Eco ha visto anche che dietro le facciate si cela la modalità del vendere. Mettete insieme queste idee e avete una succinta caratterizzazione del nostro tempo, che sempre ci offre qualcosa che sembra migliore rispetto al reale, con lo scopo di venderci qualche cosa. Questo rende Umberto Eco uno dei precursori del pensiero contemporaneo su questo tema.
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Uno dei primi teorici della simulazione è stato lo scrittore italiano e critico letterario Umberto Eco, che ha girato l’ America per uno sguardo in prima persona alle imitazioni e alle repliche esposte nei musei della nazione e nelle attrazioni turistiche. Il saggio che egli scrisse in seguito per descrivere il viaggio, aveva per titolo “Travels in Hyperreality”, Viaggio nell’Iperrealtà, un titolo che lo fece sembrare più un romanzo di fantascienza che quel brillante lavoro di critica della cultura che si rivela al lettore. Il saggio, che porta la data del 1975, era anche un’anomalia a quel tempo. Oggi, il testo appare un’insolita combinazione di filosofia postmoderna e di quello che si trova nella sezione Viaggi dei supplementi domenicali dei quotidiani, ricco di descrizioni sardoniche ed esorbitante nelle denunce delle carenze culturali dell’America.
Nel saggio Eco svolge il ruolo sia del critico della società che della guida turistica, trascinando il lettore attraverso un paesaggio americano che dice ri-creato come storia contraffatta [ndr. Fake = falso, contraffatto], dell’arte contraffatta, della natura e delle città falsificate.
Nel percorso, egli esamina una riproduzione dello Studio Ovale dell’ex presidente Lyndon Johnson, passa attraverso la ricostruzione del laboratorio di una strega medievale, con tanto di grida in background delle fattucchiere messe al rogo. Visita i musei delle cere, lì dove i capolavori artistici sono ri-creati e spesso reinventati in maniera inaspettata, con conseguenti mutazioni culturali: una “statua di Monna Lisa”, una “copia restaurata della Venere di Milo” con tanto di braccia. Eco entra anche in quelle che definisce città giocattolo, come quelle a tema Far West con edifici in cartapesta e attori in costume che si esibiscono in finti scontri a fuoco a beneficio dei visitatori.
Come Eco spiega, il suo viaggio è un pellegrinaggio alla ricerca dell’ iperrealtà, ovvero il mondo del falso assoluto, in cui le imitazioni non si limitano a riprodurre la realtà, ma cercano di imprimerle un “miglioramento”.
Non stupisce che questo lo porti alle città integralmente false, Disneyland e Disney World, con le loro grandi strade ri-create, con le imitazioni dei castelli e con antropomorfi robot ri-creati con l’ animatronica. Lì si fa un giro in barca attraverso grotte artificiali dove si assiste al saccheggio di una città da parte dei Pirati dei Caraibi, si fa un viaggia attraverso una storia fantasmatica che sembra emergere con trasparenze, spiriti danzanti, mani scheletriche che sollevano lapidi nella Casa degli Spiriti.
E ‘ nei due siti Disney che trova la massima espressione dell’iperrealtà in cui tutto è più luminoso, più grande e più divertente che nella vita quotidiana. In confronto a Disney, egli suggerisce, la realtà può essere deludente. Quando si viaggia lungo il fiume artificiale a Disneyland, per esempio, si vede, grazie all’animatronica, l’imitazione degli animali. Mentre durante un viaggio lungo il vero Mississippi il fiume non rivela la presenza degli alligatori.
“… Si rischia di sentire nostalgia per Disneyland – conclude Eco – dove non c’è bisogno di blandire gli animali selvatici affinché si mostrino. Disneyland ci dice che la tecnologia ci può dare più realtà di quanto la natura possa mai dare.“
Scopre anche qualcos’altro in Disney: è un luogo che non finge nemmeno più di star imitando la realtà, ma semplicemente che “all’interno del suo involucro magico è la fantasia quella che viene effettivamente riprodotta.“
Ma, forse, la percezione più interessante per Eco è quando scopre, dietro a tutto lo spettacolo-Disneyland, gli stessi vecchi trucchi del capitalismo, con una nuova svolta: “Le facciate della Via Principale si presentano a noi come case giocattolo, ci invitano ad entrare, ma il loro interno è sempre un supermercato mascherato dove si compera ossessivamente, credendo di stare ancora giocando “. Analogamente, vede in Disney “un’allegoria della società dei consumi, un posto di assoluto iconismo, Disneyland è anche luogo di totale passività. I visitatori devono accettare di comportarsi come dei robot.“
Ma ciò che è più notevole nel saggio di Umberto Eco è che, nei due decenni (ndr. Eco scrive nel 1975, l’articolo che ne parla è della fine degli anni 90) da quando è stato pubblicato molte delle sue osservazioni più estreme, se non addirittura tutti i suoi attacchi contro l’America, sono state confermate e, in alcuni casi, superate. L’America oggi, è nel bel mezzo di un boom edilizio di ambienti di fantasia molto più elaborati di qualsiasi descrizione di Eco, che sta creando un paesaggio romanzato e una cultura che ha molte delle caratteristiche dei parchi a tema.
Sembra che ovunque si guardi dentro questo nuovo panorama, si vedano variazioni esagerate rispetto alla fake natura, alla falsa arte, alla storia e alle città contraffatte di cui parlava Eco. Ora ci sono le repliche di foreste pluviali, per esempio, ri-create su vasta scala, in tutta la nazione, insieme a città del futuro e parchi Giurassici,con dinosauri animatronici. Los Angeles, la città, ora include una Los Angeles con il centro commerciale a tema, con facciate che ri-creano i quartieri più famosi della città. Anche i film, l’ambito in cui ebbe inizio la love story dell’America e dell’illusione, stanno cominciando a circuire il pubblico con immagini elettroniche e scenografie di una nuova generazione di effetti speciali, creando un altro tipo di ambiente fantastico che inizia a somigliare un po’ troppo a una fake reality, una realtà falsa.
Le due capitali di questa nuova cultura dell’illusione sono Las Vegas e un Disney World notevolmente allargato. Solo negli ultimi anni a Las Vegas, con il suo hotel “piramide egiziana”, la riproduzione dell’Empire State Building, la versione di fantasia del Grand Canyon è diventata la città delle imitazioni, e si sta trasformando nel primo parco a tema urbano del mondo.
Nel frattempo, Disney World ha ampliato il modulo dei mondi immaginari e non è più una città che è un parco a tema, ma un parco a tema che è diventato una città. Disney World ha anche sviluppato le sue periferie di fantasia e sta dilagando nella Florida centrale con parchi a tema, come quelli delle attrazioni in miniatura e in semi-miniatura, con cavalieri medievali, con la ri-creazione di edifici cinesi e tanto di King Kong animatronico.
L’età di simulazione