Umbria tpl e riforme – svolgimento ed epilogo della “guerra delle donne”

Creato il 24 novembre 2012 da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria

di Darko Strelnikov

La gestione della crisi di Umbria Mobilità, assieme alla costruzione del nuovo quadro istituzionale, misureranno la tenuta e le capacità di sopravvivenza dell’attuale Governo Regionale. Due elementi che, tra le altre cose, potrebbero anche cambiare gli equilibri interni alla maggioranza di Centrosinistra e al Partito Democratico. Ma andiamo per ordine. L’operazione di cambiare il Cda e il vertice amministrativo con la nomina di un nuovo amministratore delegato ha suscitato più di una perplessità. Intanto sui costi. I compensi dei Consiglieri di Amministrazione potevano essere risparmiati, visto che si tratta di dipendenti pubblici tra i più remunerati. Inoltre Umbria Mobilità, fino alla prossima estate sarà costretta a pagare due dirigenti da 200 mila euro a testa. Il fatto che, come dicono, Paolo Paduano lo finanzino “i romani”, non è una giustificazione. Roma o Perugia sono sempre soldi che girano nell’ambito delle attività dell’azienda. Il tutto in nome di una riorganizzazione “lacrime e sangue” affidata, per essere alla moda, ad un bocconiano. Ma su questo sono state dette e scritte diverse inesattezze. La prima è quella relativa al piano di riduzione di circa il 10% delle linee, dei servizi e del Km percorsi. Questa voce non è nella disponibilità dell’ Amministratore delegato dell’azienda. La competenza è degli enti locali interessati, che costruiscono il contratto di servizio sul quale viene poi indetta la gara e decidono sulle eventuali modificazioni dello stesso. La seconda riguarda le tariffe e il prezzo dei biglietti. Anche su questa voce il dott. Viola non ha nessun potere decisionale. E’ roba di Regione, Province e Comuni. Allora se non può direttamente incidere su servizi e tariffe che cosa è stato chiamato a fare il nuovo A.D. di Umbria Mobilità? A occhio il suo compito è quello di preparare la società ad un possibile ingresso di un nuovo socio di maggioranza. Che non significa privatizzazione. Se, come si dice, esiste un interessamento di Trenitalia Italbus, il socio in questione sarebbe infatti pubblico. Ma è la gestione che potrebbe essere di stampo privatistico. In queste condizioni, per come è stata anche percepita e pubblicizzata la vicenda, è improbabile che il matrimonio avvenga a breve. Radio corridoio parla di una Maria Rita Lorenzetti (che sarebbe lo sponsor dell’operazione) infuriata per l’eccesso di “drammatizzazione” dato alle difficoltà di liquidità dell’azienda umbra. Eccesso che avrebbe rallentato il piano originale. La prima cosa che Viola dovrà fare sarà quella di procedere ad una vera unificazione delle vecchie aziende. In pratica dovrà definitivamente smantellare quella specie di “impresa doppione” di Terni e recidere le residue resistenze degli spoletini. Dovrà trovare anche il modo di come evitare che l’ex Fcu continui a ingoiare troppe risorse per trasportare una quota minima di passeggeri, ed infine fare i conti con il problema dei problemi : la riduzione del costo del personale. Un problema che può nascere da una draconiana riorganizzazione interna e dall’eventuale contrazione dei servizi. Un problema che può essere affrontato in diversi modi. C’è quello indolore attraverso la chiusura del turn – over. Ma ha tempi lunghi e i soldi delle banche servono subito. I pericoli per i dipendenti potrebbero venire da una dichiarazione di esubero o dalla creazione di una nuova società. E’ questa la scelta più insidiosa. Si è parlato molto, in questo periodo, di una Umbria Tpl che avrebbe portato i suoi libri in tribunale per poi rinascere da queste ceneri con una nuova denominazione. Questa ipotesi sembra sia stata definitivamente scartata dagli enti proprietari. Resta però in campo la possibilità, all’atto dell’entrata di un diverso socio di maggioranza, della creazione di una nuova società. E’ escluso che questa operazione possa significare la non riassunzione di una parte dei dipendenti. La domanda però riguarda le modalità di riassunzione. Verranno salvaguardati i diritti acquisiti o , in nome della salvaguardia dei livelli occupazionali, si sceglieranno altre strade? Sta qui il risparmio sul personale? Per il momento questi sono dubbi che aleggiano in lontananza, ma che fanno venire i brividi a più di un sindacalista. “Non so qual’ è la scelta che faranno – dice uno di loro – Ma sicuramente sarà una scelta al risparmio e dunque a nostro svantaggio. Come al solito, come ha già dimostrato l’altro bocconiano che dirige il Governo, a pagare saremo noi e i cittadini utenti”. E qui veniamo ai nodi politici. Se è chiaro che il salvataggio imporrà degli inevitabili sacrifici, è altrettanto chiaro che le responsabilità ricadranno su chi ha oggi il bastone del comando e i benefici saranno ad appannaggio di chi ha favorito e organizzato il salvataggio stesso. Ed è altrettanto chiaro che se Trenitalia entra al 51%, la società che gestirà la rete dei trasporti nella nostra regione, non sarà più umbra. Questo vuol dire che a decidere il suo organigramma sarà chi ha un certo peso nell’organigramma delle vecchie f.S. I nomi? Non li so. Ma se volete saperli provate a fare una ricerca su internet alle voci Trenitalia e Regione dell’Umbria. In caso di successo, scoprirete una certa familiarità e vicinanza con le persone che decidono sulle le linee guida del riassetto istituzionale. Un riassetto che si svolge in una confusione totale. In attesa di sapere qualcosa sulle province, gli Ati e (forse) gli Atc diventano unici, le Asl e le Aziende ospedaliere invece raddoppiano, le unioni speciali dei comuni sono ancora un numero indefinito, le aziende pubbliche restano quelle che sono e cioè un botto a carico dell’utenza ecc. Il tutto senza un disegno complessivo di riordino che incastri tutte queste caselle. Ognuna fa ditta per conto proprio. Temo che questa impostazione imporrà presto robuste correzioni. Quello che invece non cambia è che alcuni territori, in una situazione di centralizzazione dei poteri, continuano ad essere prioritari e pesantemente influenti nelle decisioni. Ogni riferimento al fatto che la sede di una Asl possa finire a Foligno è puramente casuale. E anche in questo caso c’è chi subisce e chi impone le scelte. Anche stavolta i nomi non li metto, ve li lascio immaginare. Ma il quadro è abbastanza sufficiente per ritenere che la presunta “guerra delle donne” stia prendendo una decisa piega a favore, che ne so, di Foligno, piuttosto che di Todi (le località sono naturalmente indicate a caso).

P.S. Su questo processo mi piacerebbe sapere il giudizio dei “crociati per Terni”. Mentre sono impegnati in una disperata battaglia a difesa di una super ridimensionata Provincia, qualcuno gli sfila la Asl da sotto il sedere e si accorda con l’Università per ridurre le aziende ospedaliere da due ad un’una a Perugia e in un quarto a Terni, gli trasporta l’Atc in un altro posto e gli fa capire che l’azienda unica dei trasporti ha (come Ati e agenzie regionali) un’unica direzione : Perugia e “dintorni”. Domanda serve a qualcosa essere capoluogo di una provincia del nulla e del niente?



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