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Un'Allegra Rimpatriata, The Hateful Eight: La Recensione

Creato il 11 febbraio 2016 da Marco Giorgio @MarcoGiorgioGM

Scritto da Walter O'Dim

Premetto che la prospettiva di andare a vedere un secondo western di tarantino non mi solleticava particolarmente, quello di Django Unchained è stato uno splendido omaggio ad un cinema che io come il Taranta amiamo, ma non mi piace ricordarlo assieme ai migliori del nostro podofilo preferito.

Un'Allegra Rimpatriata, The Hateful Eight: La Recensione


In più dopo il leak della sceneggiatura del film, avvenuto qualche anno fa, e il successivo rimaneggiamento da parte dell'autore, mi faceva temere una perdita di freschezza dell'opera, e porca puttana, se questo è il risultato come doveva essere l'originale?

La trama in breve ci narra le vicende di un duo di cacciatori di taglie, interpretati rispettivamente da Samuel L. Jackson, che vuole raggiungere la città più vicina per consegnare i cadaveri di alcuni fuorilegge, e Kurt Russel che invece trasporta viva Jennifer Jason Leigh, per affidarle "alle cure" del boia, insieme a loro il cocchiere della diligenza, e solo più tardi Walton Goggins, presunto sceriffo del paese loro meta.

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La diligenza viene raggiunta da una tempesta e il gruppo si vede costretto a fermarsi presso un emporio, con la prospettiva di rimanerci rinchiusi per alcuni giorni, almeno finché il tempo non lo consentirà.
All'interno di questo emporio vi sono altri ospiti, rispettivamente interpretati da Demiàn Bichir, che cura il locale in assenza dei proprietari, Tim Roth che si rivela essere il boia incaricato dell'esecuzione della Leigh, Michael Madsen nel ruolo di un mandriano che vuole raggiungere la madre per passarvi assieme il Natale, e infine Bruce Dern per un generale sudista in pensione, che vuole dare una degna sepoltura al figlio morto qualche anno prima.

Il titolo dell'opera è profetico, in quanto questo miscuglio di personalità promette di far precipitare la situazione, e inoltre si intuisce che qualcuno tra i presenti non è chi dice di essere!

Un'Allegra Rimpatriata, The Hateful Eight: La Recensione


Si sa, quando esce un film di Tarantino è sempre una gran festa per il pubblico, soprattutto per i recensori che si fanno la guerra come i rapper delle Coast, volano critiche e polemiche ma che guarda caso sono sempre le stesse: accuse di misoginia, razzismo, il film è troppo violento, e soprattutto il film è troppo lento...

Prima di parlare dei sopracitati punti togliamoci dalla scarpa il lato tecnico, si fa per dire, poichè Tarantino non girerebbe male nemmeno uno spot del Mulino Bianco, ve lo immaginate il buon Samuel L.J. che smitraglia nel mulino più razzista del mondo? Ma via non divaghiamo...
Sul piano visivo The 8ful 8 è una gioia per gli occhi, anche se bisogna ammettere che in tal sensoThe Revenant è comunque una spanna più in alto, e badate bene che escluso il mood giochiamo esattamente sullo stesso campo da gioco: neve per neve, epoca per epoca; d'altro canto però la sceneggiatura di quel film fa acqua da tutte le parti;

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cosa che invece non accade in questo film, in cui la divisione per capitoli ancora una volta è per me una gioia, e la cronologia di questi è abbastanza lineare persino per il pubblico più becero.
The 8ful 8 è più scarno del solito riguardo le citazioni, che invece sono un marchio di fabbrica di Tarantino, che a sentirlo avrebbe preso a piene mani dal Western classico, e si sa, se l'ha detto l'autore c'è da tacere, ma per come l'ho vista io l'influenza è più dagli Spaghetti Western, ed i richiami sono fortissimi: innanzitutto una mancanza di buoni in senso assoluto, infatti i personaggi sono tutti a modo loro delle merde, ed la diligenza che trasporta i cadaveri con le taglie, beh, solo a me ha fatto pensare a Per qualche dollaro in più?

Un'Allegra Rimpatriata, The Hateful Eight: La Recensione


Parliamo adesso dell'atmosfera generale: sappiamo tutti che quando Tarantino chiese ad Ennio Morricone di comporre delle colonne sonore ad hoc per questo film, questi prese a piene mani da idee già utilizzate per La Cosa di John Carpenter (e ad esso mooolto ispirato), motivando la scelta in base al fatto che l'atmosfera gli ricordava più un thriller che un western in senso stretto, e aveva ragione!
Questo film è verboso più di tanti altri dell'autore, ciò nonostante la tensione è sempre presente e non sai mai quando il coltello sta per colpire, non per niente in alcune scene mi ha piacevolmente ricordato lo stile di Hitchcok, proprio per questo motivo non capisco come si faccia a definirlo un film lento.


Breve parentesi su un Morricone che non si smentisce mai; voglio porvi una domanda seria: di quanti, tra i film che vedete in sala, potete davvero dire di ricordarvi la colonna sonora una volta tornati a casa?
Beh, questo è uno di quelli che non potrete scordare, tanto è evocativo il tema principale.

Come premesso dal titolo, questo film vanta un cast di volti noti nel cinema tarantiniano, peccato però per la mancanza di un Christoph Waltz, che sarebbe calzato a pennello nel ruolo interpretato invece dall'amatissimo (almeno da me) Tim Roth; una rimpatriata che di concetto ho amato considerando questo, in pieno stile felliniano, come il suo ottavo film. Per tutti coloro che abbiano da ridire, basta togliere le co regie, e considerare Kill Bill un film unico, come in origine era stato ideato da Tarantino stesso.

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Parliamo brevemente delle critiche concettuali mosse al film, si fa per dire in quanto bersagliano Tarantino da sempre: il ruolo della donna è centrale, benché le donne del cast si contino sulle dita di una mano, ma proprio attorno al personaggio di Daisy Domergue (J.J. Leigh) che ruota l'intera vicenda, e per coloro che si lamentano della violenza a cui viene sottoposta, ricordate che ella è un criminale della peggior specie, e come detto dallo stesso John Ruth (Kurt Russel) "lei non è una signora, è un criminale", direi che può bastare per acquietare tutte le femminifag col bruciore di stomaco, come se non bastasse, unendo alla misoginia anche le accuse di razzismo, ponete attenzione al personaggio di Minnie e facciamola finita.

Infine siamo davvero qui a parlare della violenza nei film di Tarantino? Ancora? Bisognerebbe far pace col concetto che la violenza nei suoi film è fumettosa, talmente esagerata da risultare un quadro di solo colore rosso.

Da adesso mi concederò un attimo diSpoiler

Signori, il personaggio di Chris Mannix, interpretato da Walton Goggins è forse quello che mi ha sorpreso di più; in un contesto in cui la speranza è abolita e tutti, ripeto per l'ennesima volta, sono delle merde senza soluzione, Tarantino ci pone dinanzi un personaggio che vive una vera e propria catarsi, proprio lui, il razzista che per primo avrebbe dovuto pugnalare Jackson alle spalle è quello che invece risolve, si fa per dire, la situazione.
Se devo dire la mia non escluderei una certa dose di politica in questa scelta di sceneggiatura, una sorta di riappacificazione tra due rappresentazioni americane che a distanza di un secolo e mezzo paiono non potersi mai avvicinare, un simbolo di speranza quindi?

Sbaglierò, ma la sequenza che più mi ha fatto pensare ad Hitchcock è l'inquadratura della mano ignota che versa il veleno nel caffè, e la Leigh come unica testimone.

Per la cronaca, la Leigh imparò a suonare solo per girare questa scena.

La stessa leigh che si è trovata protagonista del più famigerato aneddoto del film, la chitarra che viene frantumata era un prezioso pezzo da museo, in origine doveva esser sì suonata, ma ad essere spaccata avrebbe dovuto essere una riproduzione, peccato che il buon Kurt Russel si attenne al copione... Quentin, la prossima volta più veloce con quello stop!

Solo una inutilissima domanda mi è rimasta di traverso riguardo questo film: ma allora quei quindici uomini c'erano o non c'erano?

Fine Spoiler

Concludendo, non posso non ammettere di aver amato questo film molto più del predecessore Django Unchained, e vi consiglio vivamente di visionarlo, sia che siate fan del Taranta o meno.
Il mio solo rammarico è quello di non aver potuto godermi il film in pellicola, poichè da qualche anno a questa parte trovo irritante vedere il film di T. in quella qualità troppo pulita, quando proprio il senso di "usato" è stato parte della sua fortuna.
Insomma, se ne avete la possibilità, pellicola is the way!

Lunghi giorni e piacevoli notti

Un'Allegra Rimpatriata, The Hateful Eight: La Recensione


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