> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="200" width="600" alt="Un altro Mickey Mouse è possibile: intervista a Casty >> LoSpazioBianco" class="aligncenter size-full wp-image-38398" />
Il variegato panorama a fumetti disneyano nel corso dei decenni ha saputo offrire autori validissimo, considerati dei Maestri e dei capisaldi del fumetto in senso generale. Oggi però si sente lamentare che le cose sono diverse, che non ci sono più autori capaci di lasciare il segno, che non è più come prima.
In realtà, se si avesse la voglia e la costanza di osservare con una certa attenzione quel contenitore di storie che è Topolino, ci si accorgerebbe che di sceneggiatori e disegnatori validi ce ne sono ancora oggi, persone capaci di cogliere il particolare spirito che i personaggi Disney possiedono e che li rende protagonisti di storie adatte e fruibili anche da un pubblico adulto.
Uno di questi autori è senza ombra di dubbio Andrea Castellan, in arte Casty, che da qualche anno è indicato dalla maggioranza dei fan come un nuovo riferimento per il fumetto Disney.
L’abbiamo intervistato per voi.
Grazie a voi, per me sarà un piacere.
La tua carriera ti ha visto tra gli autori di punta di Lupo Alberto, Cattivik e infine di Topolino. Ecco, vorremmo iniziare quest’intervista chiedendoti quali sono le differenze maggiori che hai riscontrato nello scrivere per queste diverse realtà.
Al di là delle differenze tecniche, la grossa diversità sta proprio nell’approccio alla scrittura. Cattivik si rivolge a un pubblico molto più smaliziato, o anche un po’ -ehm- “becero“, e quindi ci si può permettere di essere politically scorrettissimi. Una volta facemmo addirittura una storia (“La Forbice Censoria“), una cosa metafumettistica in cui Cattivik infrangeva praticamente tutte le regole del politically correct e se la doveva vedere con una forbiciona gigante che lo sforbiciava ad ogni sgarro… uno spasso! [1]
Lupo Alberto ha parecchi vincoli in più, ma resta comunque un fumetto dove puoi trattare temi come l’amore, o la morte… o la satira. Ci meritammo pure un bell’ articolone su Libero o quel che era, grazie a una storia in cui prendevamo in giro un po’ tutti i partiti: scrissero che era una vergogna che i soldi degli italiani venissero usati per prendere per i fondelli il governo, eccetera e blabla… In realtà noi avevamo fatto una satira piuttosto candida, anzi era più che altro una trasposizione a fumetti della realtà del tempo.
Topolino, invece, è un giornale per famiglie: i vincoli a cui prestare attenzione, i cosiddetti “paletti”, sono tantissimi. Molti li considerano un fastidio, un limite, ma io penso che siano giusti, se applicati senza esagerazione, e possono essere addirittura di stimolo alla fantasia. Personalmente, io sono d’accordo con chi desidera che Topolino mantenga il suo candore, bandendo anche le volgarità: perché lo so che le puzze fanno ridere, ma se voglio vedere… amenità del genere mi leggo, appunto, Cattivik.
Ah, i “paletti” servono anche ad evitare che in Disney arrivi qualche giovinastro che propone personaggi così:
Da anni ormai si parla della crisi di Topolino, sempre più giovani abbandonano il settimanale mentre gli adulti appassionati non si riconoscono nell’impostazione del giornale. Tu cosa ne pensi, condividi queste inquietudini oppure no? E in quest’ottica, come vedi lo stato attuale del fumetto per bambini e ragazzi in Italia?
Mah, io credo che Topolino paghi, e pesantemente, la deriva culturale in cui s’è impantanato il nostro Paese negli ultimi anni. Perché ok, dicono che tutta l’editoria è in crisi, ma se guardo i dati di vendita vedo che i giornali di gossip e pettegolezzi comunque fanno belle cifre. Per me c’è qualcosa che non va nei genitori, più che nei bambini: ricordiamo che chi mette i soldini per il giornalino è sempre la mamma (… o il papà, ovvio).
Questa estate ho partecipato a un sacco di iniziative con i bambini e ho sempre -sempre- riscontrato un incredibile entusiasmo verso i personaggi Disney, e i fumetti in generale. Ai bambini piace leggerli, piace farli. Il fumetto e il disegno restano la forma più immediata di intrattenimento: non occorre attaccar la spina, o ricaricare le batterie… basta sfogliare le pagine, come dove e quando vuoi, e sei già immerso in un’avventura.
Ho visto bambini chiedere ai papà di comprargli Topolino dopo aver visto i disegnatori all’opera, o dopo avergli spiegato per bene chi sono e cosa fanno Topolino, Gambadilegno, ecc. Ahi noi, molti genitori di oggi hanno dimenticato la gioia che da piccoli provavano nella lettura dei fumetti e così la passione non viene tramandata. Un vero peccato.
Da qualche mese Topolino ha esordito in versione digitale, offrendo lo stesso giornale sia nella versione cartacea che in quella da scaricarsi sui propri dispositivi. Quale è la tua opinione al riguardo?
Beh… ce se prova. Magari, visto il costo minore e l’appeal digitale, può essere utile per avvicinare a Topolino persone che altrimenti non se lo filerebbero. E che potrebbero poi, se soddisfatte, decidere di acquistare il cartaceo.
Gambadilegno è un personaggio solo apparentemente semplice da capire, ma in realtà fin da alcune strisce di Floyd Gottfredson e nelle storie di Romano Scarpa aveva già avuto modo di mostrare anche un suo lato a tratti amichevole, caratteristica ripresa da Silvano Mezzavilla e poi sviluppata fortemente da Tito Faraci da metà anni ’90 in poi. Se è vero che il valore di un eroe è dato dalla caratura dei suoi rivali, nell’ambito del tuo progetto di rivalutazione di Topolino quanta importanza hai dato alla caratterizzazione del vecchio Pietro e in che ottica lo vedi? Leggendo le tue storie si intuisce subito chi sono gli autori a cui ti ispiri: Gottfredson (e i vari sceneggiatori che gli si sono affiancati), Scarpa, Rodolfo Cimino. Vuoi parlarci un po’ di loro dal tuo punto di vista, cosa ti hanno dato negli anni e come ti ispirano nel tuo lavoro? Ci sono altri autori che rientrano in questo “gruppo“, vuoi dirci qualcosa anche su di loro? Su Topolino hai iniziato solo come sceneggiatore, poi ad un certo punto sei diventato anche disegnatore delle tue storie, fino ad esserlo anche per storie scritte da altri. Come è avvenuto il passaggio? Ti senti più sceneggiatore, disegnatore o autore completo? Con “Topolino e il Colosso di Rodi“ [8] e “Topolino e le Miniere di Fantametallo“ [9] hai delineato una specie di saga di Atlantide ancora da concludersi. Come ti è venuta in mente quest’idea? Troviamo che abbia per certi versi un gusto gottfredsoniano nelle storie, ma anche qualcosa del Siegel disneyano… condividi? E’ in cantiere la storia conclusiva del ciclo? Cosa ti ha colpito maggiormente nel progetto “Topolinia 20802“ [11] che ti ha spinto ad accettare di lavorarci solo come disegnatore? Le tue storie sono molto varie, dato che hai scritto spesso gialli, ma altrettante volte ti sei cimentato con storie avventurose, di sapore archeologico, improntate sull’assurdo. Nella narrazione prediligi l’epicità o il sense of wonder? A proposito di cara “Il mondo che verrà“ [15] è stata una storia evento molto attesa dai lettori disneyani man mano che ne trapelavano le anticipazioni. Cosa ti ha spinto a recuperare la Ppia poeta delle origini, ignorando la versione di Goresi e Asteriti del 1994? E sempre restando a “Il mondo che verrà“, da quale teoria scientifica (o da quale spunto o ispirazione) hai ideato il complesso sistema di modifica della realtà basato sulla matematica? Tre tue storie, “Il mondo di Tutor“ [18] , “Le Bizzarrie di Neoville“ [19] e “Il Buz Pappapianeti“ [16] hanno una forte ispirazione ambientale. E’ nota, anche considerando il tuo amore per le storie esotiche, la tua grande attenzione sul tema ambientalista. Da cosa nasce questa attenzione? E hai già intenzione di ritornarci? LIDQ è stata la prima storia scritta sotto la nuova gestione. L’intento era di far dimenticare IMCV che, ok, era piaciuta un sacco, però mi aveva anche fatto sembrare “quello che fa le storie alla anni ’40“… e ciò poteva anche non essere una cosa positiva, sotto certi punti di vista. Volevo quindi fare una storia molto “moderna”, evitando ogni citazione od omaggio anche velato che potesse far dire “arieccolo, l’integralista scarpiano…“ A proposito di kolossal… da questa settimana e per le prossime tre uscirà su Topolino una tua nuova grande storia, per la quale hai già diffuso il poster, “Tide of Centuries” (“La Marea dei Secoli”). Puoi darci qualche anticipazione al riguardo, per esempio qualcosa sulla trama, di quante puntate sarà composta, data di uscita ecc? Domanda finale: se dovessi consigliare un fumetto a una persona che non ha mai letto fumetti, in modo da convincerla della potenza del medium, quale opera citeresti? Grazie di tutto, alla prossima! Note:
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Sembra ieri, e invece son passati quasi dieci anni. Se ricordi, in quel periodo c’era davvero poco entusiasmo attorno al personaggio di Mickey… anzi diciamola tutta: nessuno se lo filava, proprio. Sembrava davvero che ormai avesse detto e dato tutto.
Per me non era così: io avevo ancora negli occhi e nella mente le stupende avventure di Scarpa e Gottfredson che avevo letto da piccolo e avevo un gran desiderio, ora che me se ne dava la possibilità, di far (ri)vivere a Topolino avventure di quel genere.
Soprattutto volevo restituire a Topolino la freschezza, la gioia di vivere e anche un po’ l’ingenuità che lo avevano caratterizzato in tutte le sue avventure fino ai primi anni ’60. Credo sia logico e giusto rifarsi al modello di chi Topolino l’ha creato.
Ok, ha 80 anni e ne ha viste di tutti i colori: però i suoi lettori di anni ne hanno otto, ed è a loro che io penso quando lo faccio agire. Se faccio Topolino che va su Marte, voglio che sia entusiasta, che si stupisca e si spaventi… e non che dica “Yawn, è la quindicesima volta che mi fanno andare su Marte, mi converrebbe fare l’abbonamento“. Non so se hai un figlio, però lo stesso: pensa a quando vai a farfalle con tuo figlio. Tu le farfalle le hai già viste un miliardo di volte, e non te ne po’ fregà de meno; però quando sei con lui vedi che lui si entusiasma, si diverte nel corrergli dietro… e, ohibò, dopo un po’ ti accorgi che ti stai divertendo un sacco anche tu! Questo è il “sense of wonder“, e non dovrebbe mai mancare in un racconto per i bambini.
Io la vedo che Pietro, se può, a Topolino lo accoppa!
Poi, ok, il bello dei personaggi Disney è che hanno un sacco di sfaccettature, per cui ognuno può svilupparli come meglio ritiene, eh…
Tuttavia, come sottolinei anche tu, l’eroe è dato dalla caratura dei suoi rivali: il rendere Gambadilegno un ladro di polli (nota: ovviamente non intendo il Gamba di Mezzavilla e Faraci) avrà fatto ridere un po’ di gente, ma non credo abbia giovato al prestigio di Topolino.
Recuperare il Gamba “carogna” di Gottfredson e Scarpa è stata un’operazione abbastanza laboriosa: perché non è che se tu scrivi di fila trenta storie con Gamba cattivissimo risolvi la cosa, anzi, corri il rischio di farlo venire a noia. Ho quindi cercato di diluire le sue apparizioni, alternandolo spesso con altri villain.
Se poi proprio non può “accoppà” Topolino, almeno cerca di menarlo per il naso, come nella recente “Il Caso Parallax” [2] : anche lì c’è un Gamba alquanto sveglio e carognetta, che ha però la sventura di trovare qualcuno più carogna di lui…
Ai tre che hai detto aggiungo, intanto e sicuramente, Barks. Sono cresciuto leggendo e rileggendo le loro storie e ancor oggi, quando mi ricapitano sottomano, resto ogni volta meravigliato dalla potenza epica, dal… turbinio di sentimenti che sprigionano. Nelle loro mani i personaggi non sono macchiette che interpretano stancamente un ruolo, ma sono persone vive, che tra loro si vogliono un gran bene e che insieme affrontano le cattiverie del mondo. Credo che, al di là degli insegnamenti tecnici, sia questa la più importante lezione che ho imparato dai quattro Maestri. Un’altra cosa fondamentale che ho appreso è che la fantasia va sì scatenata ma dev’essere infine sempre “ricondotta nei ranghi”, in modo da ottenere una storia che abbia logica e coerenza.
A fianco dei mostri sacri, metto poi Giorgio Pezzin: di lui mi piace la straordinaria capacità di cambiare registro, passando dal comico scatenato di, chessò, “L’Eroico Smemorato“ [3] a storie dal tema serio come ad esempio “C’era una volta in America“ [4] o le storie di Top de Tops [5] . Penso che la varietà di “toni” nel raccontare le storie sia fondamentale per non annoiare e, anzi, sorprendere sempre il lettore.
Infine, non sul podio ma come passione quasi segreta, ho un debole per Jerry Siegel e le sue storie sgangherate. Sì, so che molti lo criticano per le sue stramberie, però… ah, ah, lui almeno le faceva consapevolmente! Ho un po’ di soggetti “siegeliani” nel cassetto, ma me li tengo per quando sarò vecchio… così coi lettori almeno avrò la scusa di esser rincitrullito!
Be’, è stata una grande emozione aprire la busta e trovarci dentro una sceneggiatura del Maestro da disegnare! Per un momento son tornato piccino, hai presente quando ti danno un disegno già fatto, da colorare con i pennarelli? Ecco, stessa cosa. La cosa più divertente è stata vedere come Cimino, che ha ottant’anni e centinaia di storie sulle spalle, ancora si diverta a schizzare i suoi storyboard, con una grazia che molti giovani si sognano.
La trama era piuttosto semplice, ma c’erano un sacco di scenette in cui era richiesta una recitazione molto espressiva… e ho avuto un bel da fare, nel cercare di riprodurre fedelmente la vivacità dello storyboard del Maestro. Alla fine sono pure andato a trovarlo per fargliele vedere, e mi ha fatto grandi complimenti: per me è stata davvero una delle più grandi soddisfazioni dacché sono in Disney.
Sono arrivato in Disney che ero reduce da dieci anni di scuola silverian-bonfattiana, e il mio segno era fortemente influenzato dal loro stile, che è bellissimo ma è praticamente l’antitesi del segno Disney. Per poter disegnare Topolino ho quindi dovuto allenarmi tanto (ma davvero tanto tanto, ne sa qualcosa la mia schiena) e nel frattempo mi occupavo solo delle sceneggiature.
La mia idea era di alternare le competenze, magari tenendo per me le storie tecnicamente meno difficili da disegnare oppure quelle in cui era richiesta una recitazione molto espressiva.
Mi piace molto fare l’autore completo. Però è anche vero che, quando scrivo una storia, mi capita di pensare: “Uh, questa andrebbe benissimo per Faccini!” oppure “Ah, qua ci vorrebbe Pastrovicchio” o ancora “Aaaaaaargh, questa è troppissimo bella, speriamo che la diano a Cavazzano!“. In Disney ci sono talmente tanti eccellenti disegnatori che mi verrebbe voglia di “farmeli” tutti, ah,ah!
Tornando seri, direi che alla fine l’importante è che il disegnatore sia adeguato al tono della storia: per capirci, con Massimo De Vita abbiamo fatto dei thriller che sono stati molto apprezzati, e questo perché il Maestro ha un tratto molto “serio”, che ben s’addice a questo genere di avventure. Allo stesso modo, non credo che “Topolino e la Jellamolecola” [7] sarebbe venuta così divertente se non fosse stata disegnata da altri che Enrico. Azzeccare il connubio disegnatore-sceneggiatore è fondamentale per la buona riuscita di una storia. Sembra una banalità, però pensa a quante belle avventure, nella storia di Topolino, sono state “smorzate” da brutti disegni e quanti bei disegni sono andati sprecati per delle storielline di poco peso…
Evviva, finalmente qualcuno nomina Siegel… e senza sottintesi negativi! Grazie, grazie…
Partendo dalla fine: no, sob, il ciclo di Atlantide è finito lì. Anzi, è finito quattro anni fa, visto che la “Le Miniere di Fantametallo” è del 2007.
L’idea di mettere Topolino, Pippo ed Euri alla ricerca di Atlantide risale al 2005: le prime due avventure one-shot con la topolona archeologa erano state molto gradite e si pensava quindi a un modo di farla apparire in maniera ricorrente. Così scrissi un ciclo di cinque/sei storie di ampio respiro (tipo “Il Colosso di Rodi”, per capirci) in cui i nostri indagavano su svariati misteri dell’antichità, fino a scoprire il filo che li collegava e che li avrebbe portati all’agognata città perduta. Con il cambio della direzione (nella primavera del 2007) fu però deciso di dare priorità ad altre iniziative, e il progetto Atlantis… “cadde nell’oblìo (visssh…)“. “Le Miniere di Fantametallo” era tuttavia già in lavorazione, e così mi fu chiesto di decurtarla della metà e di renderla il più autoconclusiva possibile.
Anche se ce ne fosse l’opportunità, non credo che rimetterei mano al ciclo: troppi anni son passati dal primo episodio, e inoltre alcune idee sono confluite in storie che ho successivamente scritto. Non è escluso però che Euri in futuro ritorni, magari con un reboot.
Ah, venendo all’influenza siegel-gottfredsoniana: mah, per certi versi, sì. I villain che i nostri incontrano (e che avrebbero incontrato) in questa serie sono piuttosto “pazzerelli”, e possono ricordarne lo stile. L’impianto generale era però basato su reali e documentati misteri archeologici, e quindi da questo punto di vista è più assimilabile alle “Top Stories” di Pezzin [10] . Diciamo che, come sempre mi accade, le ispirazioni stilistiche sono molteplici.
Be’, si trattava di un progetto mirato a “restituire simpatia” a Topolino, e quindi ho accettato con grande entusiasmo. Se posso far qualcosa per Mickey, non mi tiro certo indietro.
In verità, a me piace scrivere di tutto. Ho a disposizione il più grande attore, Topolino, l’Harrison Ford della Disney, e ho quindi la possibilità di scrivere qualsiasi tipo di storia sicuro che lui la interpreterà sempre in maniera egregia. Mi piacerebbe un giorno fare anche qualche storia più semplice, chessò, cose di intrecci amorosi o tipo commedia degli equivoci. A me piace un sacco fare i “kolossal de fantascienza” ma, alla ottava volta di fila che Topolino salva il mondo, la cosa può diventar uggiosa… L’importante, come dicevo prima, è variare temi e toni: adesso, per esempio, sto lavorando a una storiellina corta e per nulla epica, però mi ci sto divertendo un sacco.
Molti si arrovellano a cercare le definizioni più cervellotiche possibili per Pippo, ma a me ne viene in mente una sola: Pippo è BUONO. Se (SE) sembra uno sciocco è solo perché viviamo in questa società del “menga”, in cui la bontà viene sistematicamente scambiata per dabbenaggine. Anche per Pippo, i modelli di riferimento sono Gottfredson e Scarpa. Ma, a dire il vero, non c’è stato nemmeno bisogno di studiarli, poiché chi sa che cos’è l’amicizia sa cosa fanno, come interagiscono due amici. Ecco, prendi per esempio “Pippo e i Parastinchi di Olimpia” [14] : quella storia lì è l’esempio perfetto di chi è Pippo. Ogni volta che ripenso alla scena del litigio con Topolino, snif, mi commuovo…
Ho letto “la Spia” di Gottfredson per la prima volta solo pochi anni fa, e ne sono rimasto subito folgorato: non avevo mai visto un cattivo così spietato, e spaventevolmente affascinante, su Topolino! Mi venne così quasi subito l’idea di (ri)utilizzarlo. Sapevo che un ripescaggio era già stato effettuato (quello di Goresi, appunto) ma, dopo averlo letto, mi fu chiaro che il gelataio rimaiolo di quella storia non aveva niente a che fare con l’originale: non mi sono quindi nemmeno posto il problema di rispettare la presunta continuity.
La teoria scientifica si rifà più o meno a… io che smanetto con un programma di 3D e mi viene da pensare “Uh, che bello se si potesse fare ‘sta cosa nella realtà vera!” Perché appunto stavo tirando su montagne e, cambiandone i parametri, le potevi fare più o meno alte, larghe, ecc. Da lì è partita l’idea, che poi si è sviluppata nell’intreccio fanta-thriller che conosciamo.
E’ opportuno scegliere con cura i compagni di avventure, e i villain, perché spesso sono loro a determinare il tono della storia. Con Eta Beta al fianco, per esempio, possiamo star sicuri che Mickey si ritroverà ad affrontare pericoli quanto mai bizzarri, vedi ad esempio “Il Buz Pappapianeti” [16] o “La Neve Spazzastoria” [17] e ci sarà per me la possibilità di giocare con gag surreali e bislacche. E la stessa cosa accade quando il villain è Doppioscherzo, anch’esso un personaggio che si muove bene nelle storie sopra le righe. Macchia Nera invece è un cattivo molto serio, e di conseguenza anche le storie a cui partecipa hanno un tono più realistico.
Quando faccio il casting mi domando sempre se già esiste un personaggio che possa ricoprire il determinato ruolo e, se non c’è, lo invento. Non si dovrebbe aver timore di affiancare a Topolino altri personaggi, oltre a Pippo. Se hai bisogno di un tipo (più) sveglio, utilizza Bruto, o Gancio, o anche Orazio, perché no. E Minni, che, lungi dall’essere la civetta imbellettata che in tanti anni ci hanno propinato, è in realtà una ragazza molto in gamba e coraggiosa… solo che quasi nessuno (intendo gli autori) le dà occasione per dimostrarlo.
Eh, eh.. ogni volta che parlo o scrivo di ecologia, c’è sempre qualcuno che salta su e comincia “Aaaaargh, basta! Ce lo ricorda a ogni piè sospinto!” (citazione letta sul forum del Papersera e che mi è rimasta impressa). Il fatto è, ragazzi, che io scrivo per i bambini: e, per i bambini, non è la “milionesima volta” che sentono parlare di salvaguardia dell’ambiente. Credo sia giusto usare un modo divertente, e magari interessante, per parlare loro di rispetto verso il mondo, gli animali, e anche verso le altre persone. E non è mai… “troppo“: ricordiamo che, se non ci fosse stato il disastro giapponese a disappannarci un po’ le menti, il Burlescon ci avrebbe già riempito di centrali nucleari. Ovvio che una storia a fumetti è solo una goccia nell’oceano, però, chissà…
Al momento sto lavorando su soggetti più “leggeri” e quindi non tornerò, a breve, a scrivere di ecologia… almeno non così sfacciatamente come nelle tre storie che hai citato.
Beh, dopo tante storie solo sceneggiate e dopo qualche storia “di prova” – “Le Macchine Ribelli” [22] , “Il Grande Pippunga” [23] – sentivo l’esigenza di cimentarmi con qualcosa di più complesso, sia come trama che come disegni.
In IMCV misi tutto ciò che avevo imparato fino a quel momento, anche perché all’epoca pareva dovesse essere il mio “testamento artistico”, in Disney… Fortunatamente poi non fu così. Credo sia la storia che mi ha dato più soddisfazioni, anche a livello internazionale, ma nel contempo è diventata anche una sorta di pietra di paragone, tant’è che quando leggo le recensioni sul web riguardo a nuove storie in uscita, nove volte su dieci iniziano con “Eh, non è il Mondo che Verrà…“
Ah, già che ci siamo: in IMCV c’era (c’è) un inside joke che fa riferimento a “Le miniere di fantametallo” [24] , chi lo trova non vince niente…
Lost (ah, che bello!) è stata sicuramente la scintilla che ha ispirato il tutto, tant’è che nel progetto iniziale LIDQ era quasi un serial, con misteri ancor più fitti e la presenza, sull’isola, di Orazio e Clarabella. Poi però si optò per le due puntate, che è una misura in cui mi trovo davvero a mio agio, e non è stato quindi complicato riscrivere la storia.
Come IMCV, LIDQ è uscita anche negli Usa, ottenendo critiche molto positive: sono molto affezionato a queste due storie.
IMDT è invece una storia scritta su commissione: serviva una storia a tema ecologico e d’ampio respiro per celebrare l’Earth Day, e io, be’ accettai volentierissimamente. La trama, che pure è complessa, mi è praticamente sgorgata dalla mente dopo aver letto un articolo sulla scomparsa nel nulla di milioni di api. Uh, e il buffo è che poi (qualche mese dopo la sua uscita) davvero sono accadute cose stranissime nel mondo, tipo uccelli di una sola specie che morivano in massa, o altri che attaccavano l’uomo… Alla faccia di chi dice che le sparo sempre troppo grosse!
IMDT m’ha fatto dannare per i disegni, perché avevo dei tempi strettissimi per la consegna e, tanto per cambiare, c’era la schiena che non mi dava pace. Ci ho perso pure un po’ di vista, sopra.
Forse è la storia a cui ho più compartecipato emotivamente, tant’è che addirittura ci… “appaio”, come voce fuori campo.
Venendo al “progetto” nell’insieme, il mio intento (compatibilmente con le esigenze redazionali, ovvio) sarebbe di produrre una “storiona” una o due volte l’anno: credo che Mickey abbia bisogno, periodicamente, di vivere delle avventure un po’ speciali. E non necessariamente di fantascienza, anzi: prima o poi un giallone a-la “Voce Spezzata” [25] o “Unghia di Kalì” [26] mi piacerebbe farlo. Il riscontro avuto anche all’estero da queste avventure mi conferma che i lettori hanno desiderio di vedere Topolino impegnato in una “grande avventura”, che tra l’altro mi sembra l’unico sistema per competere in qualche modo con gli sbriluccicanti effetti speciali del cinema e dei videogames.
Quale risultato volevo ottenere? Beh, direi che non solo con queste storie, ma fin dal principio, il mio scopo era far rinascere l’entusiasmo attorno al personaggio di Topolino. E mi sembra che, “mena e remena”, in tal senso qualcosa si sia mosso. Ora non mi resta che far “entusiasmare” la Egmont… - che ha da qualche anno cessato la produzione di storie con Topolino (ndr)- ma lì la vedo assai dura…
TOC sarà divisa in quattro parti e parla di… eh, un sacco di cose.
Parla anche di amicizia, nei modi di cui ti dicevo prima, ma soprattutto parla della società, e del valore della libertà. Essere liberi non significa “non stare in prigione”: significa poter scegliere, essere messi in grado di poter scegliere.
La storia uscirà a partire da questa settimana e credo sia la più bella, tra quelle che ho scritto e disegnato.
C’è una piccola anteprima della storia qui.
Mi verrebbe da consigliare Nausicaa, o L’eternauta… Ma se ‘sta persona non ha mai letto fumetti, la vedo dura farla iniziare con due tomi del genere. Ah, ecco, tanto per cambiare: le consiglierei di leggere “Topolino e la Dimensione Delta” [27] . Quella storia contiene tutto, ma proprio tutto ciò che fa grande un fumetto. Humour, suspense, colpi di scena e… bellissimi disegni: se non scocca la scintilla lì… A me la passione per i fumetti è nata proprio con questa storia.
Grazie a voi, ciao!
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