Il problema vero è cercare di ricostruire lo scenario entro il quale è avvenuto quest'importante salto evolutivo, ma Nowack e Grossman hanno provato a farlo, così come abbiamo visto nell'articolo di cui sopra a proposito dei mitocondri.
I 2 scienziati hanno focalizzato l'attenzione su una specie di ameba, chiamata Paulinella chromatophora, che possiede 2 compartimenti adibiti alla fotosintesi, chiamati cromatofori (da cui il nome dell'ameba), anch'essi originatisi in tutta probabilità a partire da un'endosimbiosi con un cianobatterio, ma hanno subito un'evoluzione indipendente dai successivi cloroplasti, con una maggiore riduzione del genoma rispetto a questi ultimi, il che li rende un modello di studio più efficiente per la relativa semplicità. Più di 30 geni originariamente presenti nei cianobatteri acquisiti si sono trasferiti nel nucleo della cellula ospite, ma siccome i cromatofori sono del tutto sprovvisti dei meccanismi molecolari, tipici dei più avanzati cloroplasti, che consentono l'importazione dei prodotti proteici definitivi dal citoplasma dell'ameba, non si capiva come potessero funzionare tali geni, dal momento che i prodotti proteici finali da essi sintetizzati non potrebbero entrare in essi "già belli e pronti", in parole povere.
Paulinella chromatophora
Gli scienziati hanno concentrato la loro attenzione in particolare su 3 di questi geni, che sono responsabili della sintesi di alcune proteine coinvolte nel processo fotosintetico, ed hanno scoperto che esse vengono sintetizzate nel citoplasma dell'ameba e poi trasportate nei cromatofori, servendosi dell'apparato del Golgi come intermediario in grado di apportare le modifiche molecolari necessarie a facilitare il transito attraverso la membrana del cromatoforo; qui giunte, le proteine, unendosi ad altre prodotte internamente dal DNA del cromatoforo, danno origine al complesso proteico finale, funzionale ed in grado di prendere parte al processo di fotosintesi.Il coinvolgimento dell'apparato del Golgi, unitamente all'assemblaggio di proteine che richiede una sorta di "collaborazione" tra DNA dell'ex-cianobatterio e DNA del futuro eucariote, potrebbe rappresentare un ulteriore indizio a sostegno del complesso meccanismo previsto dalla teoria dell'endosimbiosi, perché dev'essere stato tutt'altro che semplice non solo inglobare un organismo, ma anche doverne "assoggettare" il metabolismo per una funzione del tutto nuova, e trasferire molecole dall'esterno all'interno della membrana del cianobatterio incluso deve aver richiesto qualche meccanismo rudimentale, quantomeno all'inizio, prima di un successivo perfezionamento che ha poi condotto alla definitiva affermazione del vero e proprio cloroplasto.Se ti affascina la storia evolutiva dei cloroplasti, leggi anche questo post, riguardante l'evoluzione del DNA plastidiale nelle piante parassite.
Nowack, E., & Grossman, A. (2012). Trafficking of protein into the recently established photosynthetic organelles of Paulinella chromatophora Proceedings of the National Academy of Sciences DOI: 10.1073/pnas.1118800109