Nella giornata di oggi si concluderà, presso il Direktorenhaus di Berlino, l’edizione 2012 del Taste Festival.
Il tema di quest’anno è il rapporto esistente tra cibo e design, interrogato attraverso le installazioni e le opere di diversi artisti, architetti, designers e cuochi. Dopo aver visitato l’esposizione, appare evidente come in realtà il design sia un’occasione per indagare il cibo nel suo significato filosofico e concettuale, e per dare vita ad un’analisi più profonda del rapporto tra l’essere umano ed il cibo. L’improvvisazione sul tema è stata una costante di questo festival, che ha dato l’opportunità ad artisti proveninenti da numerosi paesi (dall’Olanda all’Italia, dal Messico al Giappone) di incontrarsi ed influenzarsi a vicenda, nell’ambito di un costruttivo scambio di idee.
Mentre mi aggiravo per le stanze della splendida location, due installazioni mi hanno particolarmente affascinato. La prima, intitolata “Home Noise”, è quella dell’artista tedesca Bea Seggering, la quale ha montato sulle pareti di una stanza numerose riproduzioni di vecchi modelli di frigoriferi e freezer, che tuttavia erano allacciati alla rete elettrica ed emettevano il tipico ronzio. Mi è sembrata una riuscita applicazione della volontà dell’artista di sublimare, in una sorta di poetica delle “piccole cose” che mi ha ricordato Gozzano, gli attributi simbolici e sociali di cui questi oggetti sono intrinsecamente dotati.
La seconda è l’sperimento di graphic design operato dagli italiani Nicholas Bertini e Michela Grisi, intitolato “Vegetablove”. Si tratta di una serie di 12 lavori ottenuti con una tecnica apparentemente semplice, ma che può dare risultati sorprendenti se debitamente appicata. Si prende una verdura o un frutto, lo si taglia perfettamente a metà e si spennella un lato con un colore a tempera. Successivamente, si imprime accuratamente la sagoma su un foglio di carta e si procede alla scansione, a cui segue una digitalizzazione dell’immagine: si tratta dunque di una stampa manuale trattata digitalmente ed infine stampata. Il soggetto di queste stampe sono storie d’amore tra vegetali, rese impossibli da evidenti disparità fisiche (il fungo e la zucca), concettuali (la mela e la pera) o intrinseche alla natura dell’ortaggio (la cipolla).
E, a sentire i diretti interessati, proprio dalla cipolla è partita l’ispirazione che ha poi dato vita all’intero progetto, all’interno di una dinamica di pura serendipità. Imparare dagli errori, un fallimento come slancio propositivo verso nuovi tentativi, così Michela ci descrive la genesi di “Vegetablove – The truth in the kitchen”. Tutto nasce dall’idea di ricavare dei timbri incidendo una patata, invano. Da lì si riparte cercando di utilizzare una cipolla, che suscitando un’involontaria commozione tra i partecipanti al progetto fornisce al tempo stesso uno spunto: affrontare il dramma della separazione attraverso le forme tagliate degli ortaggi, specchio dei sentimenti recisi che tutti noi portiamo nei meandri più reconditi del nostro essere.
Incomprensione, isolamento, impossibilità di trovare un terreno condiviso sul quale costruire un presente assieme alle persone verso le quali sentiremmo un naturale impulso: queste sono le tematiche che Bertini e Grisi si propongono di affrontare, in una maniera che sia volta alla sdrammatizzazione della tragicità intrinseca alle dinamiche sentimentali descritte. La loro volontà di dare vita ad una ricerca grafica che studi le casistiche umane attraverso il gioco dei vegetali, senza per questo avere la presunzione di essere un lavoro prettamente artistico, aumenta la riuscita e la credibilità del loro progetto. I ragazzi non si prendono troppo sul serio, non si ritengono i portatori di una verità superiore: giocano con i visitatori, li aiutano a creare le loro storie vegetali che vengono impresse su carta e su una tovaglia, nell’ambito di una originale performance che non manca di attirare l’attenzione dei curiosi. Il risultato finale è la scoperta un linguaggio vegetale che tuttavie riesce a farsi antropomorfo, in fin dei conti universale.
Riccardo Motti