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Un anno in campagna. La schiaccia di Giustina

Da Pamirilla

 

1

 

 

Non c’è pena d’amore tanto grande, stanchezza tanto profonda o infelicità abbastanza intensa da resistere ai manicaretti di Giustina. Certo dopo l’ultimo boccone molto probabilmente ritornerete alla meschina situazione nella quale vi trovavate prima di sedervi a tavola ma finché c’è qualcosa nel piatto l’unica possibilità è quella di sprofondare nella felicità.
Giustina è una cuoca eccellente.
È passato molto tempo da quando mi sedetti a quella tavola la prima volta ma il menù lo ricordo ancora: anatra in porchetta (la migliore della mia vita), salvia fritta, patate arrosto e ovviamente vino del Chianti. Allora era estate, io ero in vacanza e non avevo idea che, un giorno, in questo paese non sarei stata solo un ospite ma ne avrei fatto parte.
Era estate ed il mondo mi pareva fatto d’oro.
Era così estate anche dentro di me che pensavo non mi sarebbe potuto accadere mai più niente di brutto e tantomeno temevo l’arrivo di qualche terribile prova.
Non un’altra volta, non così presto, pensavo.
E invece…

“Giustina, se fa la schiaccia anche quest’anno vengo a vedere come si fa.”
Giustina ride e si schermisce “Va bene, va bene. Ma che ci vuole. È una cosa da niente.”

Poi quell’estate dorata si è smorzata come una candela e quando si è spenta mi sono ritrovata in un autunno cupo e grave. Il mio cuore si è spezzato sotto raffiche di vento freddo e cattivo.
Ha resistito il più a lungo possibile attaccato ad una speranza vana e infine ha ceduto alla Tramontana. La Tramontana mi ha portato qui, nel paese sotto la montagna, nella casa sopra il fiume. Mi ha depositato come una foglia caduta dal ramo come sapendo che questo fosse il posto giusto.

“Si ma voglio vedere dall’inizio come fa, eh. Dall’inizio- inizio.”
“Ma si, è niente di che. Si prende la farina, si mescola, si fa lievitare….”
Lo sapevo che faceva così!
“Ma…le dosi Giustina? E quanto si fa lievitare?”
“Eh, ma io faccio tutto a occhio. Eh,sì…..si vede, eh.”
E si, si vede un cavolo. Qua bisogna essere scientifici, precisi.
Ostinati.
“Va bene Giustina. Io vengo. Dall’inizio. Lei prende le cose “a occhio” e io le peso. C’è l’ha una bilancia in casa?”
“Ma….’un lo so mica….una bilancia…..io faccio tutto a occhio…”
Lo sapevo. Che faceva così.

Non ho detto bugie raccontando che la prima volta capitai in paese un po’ per caso e un po’ per gioco. Senza previsione me ne innamorai al punto da sognare di venire a viverci, magari, un giorno.
Non è falsità affermare di aver desiderato tante volte di lasciare la città e provare una vita diversa. L’ho senz’altro pensato davvero di voler inventare una vita nuova, inedita, sconosciuta.
Spiegare queste cose, le centomila volte che mi hanno chiesto perché mi trasferivo, non è stato mentire.
Ma la verità che non ho mai raccontato è che ero una foglia morta caduta dal ramo, portata via dal vento, dalla Tramontana.
Ero sola.
Avevo paura.
Avevo voglia di vivere.
Avevo bisogno di una tregua.

“Facciamo domani?”
“Va bene, Giustina. Facciamo domani.”

Il mondo è diventato un posto nuovo, da riscoprire tutto da capo come se quello che avevo visto fino a quel momento non contasse più niente. Le stagioni si sono alternate mostrandomi colori e profumi che in città non ci sono, il fiume mi ha cullata e la natura mi ha accolta come un’orfanella sperduta ma curiosa.
Ho imparato un linguaggio diverso dal mio e mangiato cibi che non conoscevo. Alcuni non sapevo nemmeno che nome avessero. Il conforto parte sovente dallo stomaco e compie percorsi nitidi arrivando infine al cuore.

 

2

 

“Ma Giustina, la pasta è già lievitata?!”
“E’ lievitata, si. L’ho messa prima, mentre pulivo la frutta.
“Va beh. Ma dovevamo pesare…..quanta farina…e quanto lievito?”
Lo sapevo che faceva così! Che cominciava senza di me!
“Mah, la farina….così...” Giustina mi mostra un pacco di farina aperto ed io stimo ad occhio il peso. Un metodo scientifico e preciso: a occhio. Alla fine, siamo tra professioniste, no?!
“Ho messo troppa acqua, però. Mi è venuta un po’ lenta.”
Vedi fare a occhio!
“Ma si rimedia.”
Si, a tutto c’è rimedio. O quasi.
Giustina prende le teglie di ferro e versa l’olio. Io, che con l’olio sono parsimoniosa, inizio il calcolo delle calorie ma decido che è meglio smettere subito. In cucina si deve pensare ad altro.

Quando sono atterrata nella casa sul fiume era primavera. Arrivata l’estate, con le stanze piene di sole e musica di grilli e di cicale è stato facile, è stato quasi un gioco. L’infelicità doveva aprirsi varchi con un po’ di fatica per arrivare a farmi male. Ogni tanto mi scoprivo colare dolore da tutte le parti ma poi tornava a vincere l’estate.
Però quando le giornate si sono fatte via, via più brevi e buie, l’aria più fredda, mi sono chiesta cosa mi avrebbe aspettato alle porte dell’inverno. Mi sono dovuta fare coraggio.
Una sera, poco prima dell’inizio del buio, mi sono trovata in una cucina amica, lì la focaccia dal cuore morbido e la superficie croccante di Giustina ha fatto festa all’autunno con tanta leggerezza che ho creduto che tutto sarebbe andato bene, dopotutto.
Quando, più tardi, sono entrata nella mia casa stringendo il pacchettino ancora caldo, le pareti erano scure e l’aria imbronciata e pungente. Però la focaccia con il suo profumo di mele e arance mi ha consolata, ha profumato ogni angolo, mi ha scaldato le mani e mi ha scaldato anche dentro.
Alla fine l’inverno è trascorso tenendomi tra le sue mani come un seme e rilasciandomi alla primavera come un fiore. Ora che è di nuovo tempo di vendemmia e di schiaccia all’uva dico a Giustina “Ma quanto era buona quella schiaccia che abbiamo mangiato quella sera, l’anno scorso! Giustina,mi deve insegnare a farla.”

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Giustina sistema la pasta nelle teglie, la spinge verso i lati con le dita, la allarga uniformemente sulla teglia.
La vendemmia è iniziata e l’uva con la quale si fa normalmente questa schiaccia si trova facilmente.
Ma lo scorso autunno Giustina mi conquistò con una versione alle mele e marmellata d’arance e ne fui entusiasta a tal punto che anche questa volta mi vuole dedicare una versione più creativa di quella tradizionale.
“Tenga le mani ferme che faccio una foto.” Giustina si ferma per un frammento di secondo poi riprende a posare sulla pasta qualche cucchiaio di marmellata di susine, uvetta e pinoli. “No è mossa, riproviamo”.
Un nanosecondo di sospensione ma poi continua a disporre ordinatamente fettine sottili di mela.
“Giustina, deve darmi almeno un paio di secondi per fare la foto. Con le mani ferme. No così, ferme del tutto!”
Giustina con le mani ferme non resiste nemmeno per un battito d’ala di farfalla.
Acini d’uva bianca tagliati in due e privati dei semi completano lo spessa coperta stesa sulla pasta.
“Mah….troppo, troppo. Ma quante cose ho messo…. ora non mi crescerà.” Si rimprovera da sola Giustina.
Però le teglie vanno in forno ed ora aspettiamo di vedere se crescerà o se farà capricci.
Io scommetto che verrà buonissima.

Sono arrivata in volo. Né persa né ritrovata, solo assorbita dal Tempo in un tempo diverso, in uno Spazio infinito e confortevole.
La vita è un diamante con tante facce, angolazioni diverse. Ci vuole tempo per imparare un nuovo punto di vista e ritrovare lo stupore.
Poi finalmente stupirsi persino di se stessi.
Nel Tempo ho attraversato passione e fuochi di paglia, incontrato amanti e spasimanti che non sapevo fossero i miei, riacquistato amici smarriti e lasciato andare amici che credevo eterni, ho incrociato molte altre vite, acquistato e perso.
Nessuna perdita è stata peggiore di quanto avevo già perduto prima di arrivare qui: in qualità di foglia morta potevano succedermi solo cose buone. La foglia caduta dal ramo, infatti, si scioglie nella terra e alimenta nuova vita.
La storia ricomincia, il sole torna alla fine della notte anche quando resta nascosto dalle nuvole e non lo si vede.

Giustina quest’inverno è stata poco bene ma ora ha di nuovo il suo colore sul viso e uno spillo di luce ardente negli occhi. Giustina è indistruttibile, ha visto sfilare in paese quasi un secolo intero. Deve aver sentito il rumore delle bombe e lo schianto di un Italia distrutta e ricostruita. Ha visto cambiare il paesaggio, cambiare le mode, avvicendarsi storie e stagioni.

Quando esce ha sempre i capelli in ordine ed un velo di rossetto sulle labbra. Nei giorni di festa indossa un bell’abito blu ed un filo di perle. Giustina ha una grazia semplice e perfetta, la indossa come uno scialle di seta preziosa di cui ignora con eleganza il valore. Ogni tanto la vedo tornare a casa salendo per la scorciatoia ripidissima che porta a casa sua. Io invece faccio la strada più lunga che sale meno vertiginosamente. Arrivo sempre con il fiatone.

Non ho mai sentito, tra le parole di Giustina, le reiterate recriminazioni che sembrano spesso sostenere gli anziani più del bastone, nei suoi occhi c’è ancora la curiosità per il giorno che viene. I ricordi importanti li conserva con amorevolezza senza spenderli vanamente con chiunque.

Con lo stesso gesto misurato e pieno di garbo con il quale liscia il vestito blu della festa si aggiusta la veste da casa e si offre in posa per la foto. Rammaricandosi un pochino di non indossare, per l’occasione, un vestito migliore.

Naturalmente non sta ferma e la foto viene un po’ mossa.

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Schiaccia d’autunno all’uva o a fantasia

Ingredienti

1 chilo di farina
25g. di lievito di birra
½ litro di acqua
Sale q.b.

Pinoli
Uvetta
Frutta a piacere
Marmellata a piacere

Procedimento

Scaldare l’acqua senza farla arrivare a bollore, sciogliere il lievito di birra. Amalgamare il liquido così ottenuto alla farina cui è stato aggiunto un pizzico di sale. Lasciar lievitare per circa un’ora coperta con un panno umido.

Oliare abbondantemente delle teglie da pizza (con queste dosi vengono due teglie grandi) e poi stendervi la pasta allargandola con le dita. Farcire a piacere. Nel nostro caso abbiamo messo pinoli, uvetta, marmellata di susine, fettine di mela e uva bianca. La meravigliosa versione dell’anno scorso era con marmellata di arance, pinoli, uvetta e fettine di mela.

Infornare a 200° per circa un’ora e fino a doratura. La focaccia è pronta quando è ben dorata anche sotto.

Quella che non viene consumata subito si può far rinvenire nel forno caldo il giorno dopo.

 

P.S.: il post viene pubblicato in ritardo perchè ero a pranzo da Giustina!!!
Ancora un abbraccio colmo d’affetto a lei, alla mia carissima amica Alda e a Fiocco.

Domani si parte.


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