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Un’anziana giovinezza

Da Andrea Venturotti

Un’anziana giovinezza

E’ strano come la vita, arrivata ai suoi ultimi attimi, ti regali sempre e comunque qualcosa da vivere, o come in questo caso “rivivere”.
Mettiamo le cose in chiaro, qua, oggi, non accadrà nessun miracolo. Io non mi alzerò mai da questa sedia a rotelle, le rughe sul mio viso non spariranno e i miei occhi non torneranno a brillare come nel passato. Sono grata di essere qui, davanti alla Tour Eiffel, per godermi ogni attimo di quest’aria che può essere spiegata solamente definendola “Parigina”. L’ho sognata per tanti anni questa città, ma mai come oggi mi sono sentita bambina. La mia nipotina, che io chiamo ancora così, ma in realtà è già una piccola donna, ha deciso di portarmi con lei in questo viaggio che probabilmente sarà il primo e l’ultimo della mia vita. Ho più poco da dare al mondo, se non l’affetto ai miei cari e la mia presenza all’interno della famiglia. Sono un’anziana signora che parla poco perchè nella vita ho già detto tutto quello che dovevo dire, ho ancora un cuore grande, che ogni tanto salta un colpo, ma che non ha mai smesso di battere per le persone a me care. Sono grata a me stessa di essere qua con mia nipote, perchè vuol dire che io ho fatto un buon lavoro, vuol dire che io sono stata una brava nonna e che rimarrò per sempre con lei. Io non potrò vivere in eterno, ve l’ho detto… i miracoli non esistono, ma penso anche che finchè vivi dentro il cuore dei tuoi cari, in qualche modo, vivi davvero per sempre. Vedendo la mia piccolina che mi porta pazientemente in giro per questa bellissima città mi fa capire che forse non vivrò in eterno, ma che avrò tantissimo tempo per essere ricordata come una nonna speciale. Cosa posso volere di più dalla vita a 89 anni suonati? 
Mia nipote è andata a prendere l’acqua per me. Mi sono fatta lasciare qua davanti per ammirare la torre e per tornare un po’ bambina. Non avete idea di quanto vorrei alzarmi da qui, imboccare la prima rampa di scale e arrivare con l’ascensore di vetro fino all’ultimo piano della torre. 300 metri d’altezza per me sono un’infinità, ma detto sinceramente non mi spaventano nemmeno un pò, daltronde, la torre non è l’unica qua ad aver passato indenne due guerre mondiali e tanti patimenti.
Prima la mia piccolina mi stava portando sugli Champs-Elysee e un simpatico francese ci ha regalato un palloncino rosso per una manifestazione benefica. Eugenie, mia nipote, l’ha subito attaccato alla mia carrozzella, ed io, che nonostante i reumatismi non riesco a star ferma con le mani, toccavo il filo di spago più per abitudine che per bisogno.
Il motivo del ritorno alla mia infanzia è stato proprio quel palloncino rosso.
Sapete…
Quando ero poco più che una bambina, mio padre, il bisnonno di Genie, che ormai non c’è più da molto tempo, mi comprò per cento lire un palloncino del tutto simile a quello. Ricordo con gioia quella giornata con lui, perchè avere in mano quel palloncino pieno d’elio mi rese la giornata diversa e divertente. Ai miei tempi, per divertirsi, bastava davvero nulla, non dimenticatelo mai. Mi ricordo che ero in gita con lui in una città del tacco italiano… non ricordo se era Bari o Lecce, purtroppo la mia memoria è offuscata come una foto di una polaroid con l’obbiettivo difettoso. Ricordo come se fosse ieri, tuttavia, un odore che è rimasto nella mia memoria per tutti questi anni. Il profumo delle zeppole appena sfornate. L’odore di quei dolci era inconfondibile e proveniva da una casa di un’anziana signora come potrei essere io adesso. Mi avvicinai incuriosita. A quei tempi non era come adesso, si era molto più ospitali, educati e gentili e infatti quella signora, vedendomi palesemente con l’acquolina in bocca, smise di annaffiare le sue bellissime violette e  mi offrì la prima di una serie di tre zeppole calde. 
Ricordo gli sguardi di ringraziamento che mio padre diede a quella signora. Fu un momento magico, a posteriori, perchè alla fine lo capii solo in tarda età della magia che quel momento mi aveva donato. 
Portai il palloncino a casa quel giorno, lo feci vedere a mamma e poi corsi direttamente nella mia cameretta ad attaccarlo alla sponda di ferro del mio lettino. Chiesi aiuto a mio padre, perchè ero troppo piccola per sapere fare i nodi. Ricordo che mi prese le mani e mi insegnò a farlo muovendo le sue mani sulle mie. Mi sentivo protetta da tutto e tutti. Ero a casa mia. 
Mia nipote è tornata ed è come se la vita mi dicesse “c’è ancora bisogno di te”. Vedendola mi rendo conto di quanto tempo sia passato, di come ero già anziana quando lei nacque 21 anni fa. Le mie povere gambe ormai non ce la fanno proprio più a camminare tanto e questo mi spaventava prima della partenza, visto che a casa quei pochi passi che faccio, li compio con il fedele bastone di mio marito Giuseppe.  E’ uno dei tanti ricordi che mi porto nel cuore di lui. Uomini così non se ne trovano più ma spero tanto che la mia adorata Genie sia abbastanza testarda per cercarne uno che ne valga davvero la pena. Avere un uomo non è facile. Certe volte un cane è più collaborativo, ma non Beppe. Eh… Lui era la mia tanica di benzina di scorta. Purtroppo se ne è andato dopo una lunga battaglia quattro anni fa. Ogni volta che penso a lui ringrazio Genie e la famiglia. Senza di loro sarei già morta da tempo. La solitudine uccide molto più lentamente di una malattia e le sofferenze ti consumano dentro poco a poco. Fortunatamente se c’è una cosa che non sono mai stata in tutta la mia vita è sola.
Continuo a pensare a quanto è bello qua, a quest’aria che mi porta una sorta di seconda giovinezza. Genie è entusiasta della città ed io l’accompagno a braccetto, anche se è lei che spinge me.
A forza di muovere il laccio del palloncino devo averlo snodato per sbaglio. Pensare che quando avevo quattro anni lo portai a casa non solo sano e salvo, ma feci di tutto per tenerlo in vita per più tempo possibile, infatti lo tenetti attaccato alla sponda del letto fino a che non perse la pressione e non si sgonfiò teneramente sul pavimento. Sono proprio vecchia. Il palloncino sta scappando davanti ai miei occhi e con lui tutti i miei ricordi da piccola. Genie ha appena messo il freno alla carrozzella per cercare di riprenderlo prima che voli troppo in alto. Non posso far altro che fermarla con la mia mano e dirle di lasciare perdere, con un bel sorriso sulla faccia e lo sguardo di una che vorrebbe tanto dirle “è così che vanno le cose, amore”. Non è lui il protagonista della nostra storia, ma sono le nostre vite che continueranno ad andare avanti fino a che lo vorremo. Nessuno decide quando morire, ma non tutti decidono di vivere fino all’ultimo giorno. Io ho un sorriso finto per via della dentiera, ma vi posso assicurare che non è mai stato cosi vero dentro il mio cuore. Anche oggi, dopo 89 anni, in una città straniera, con lingua e abitudini diverse,con Genie accanto, io, sono ancora a casa mia.

Un’anziana giovinezza

Non è importante avere una vita lunga.
I giorni possono essere lunghi o corti ma saranno sempre composti da 24 giri d’orologio. Il tempo è prezioso. Non aspettare che succeda qualcosa,piuttosto, falla accadere!
-Lucky-

Questa storia è la prima di una rubrica chiamata “5 Words for one story”.
Ho chiesto a una persona totalmente all’oscuro di tutto di dirmi cinque parole a caso così da permettermi di costruire una storia totalmente inventata.
Le parole che mi ha dato erano: Violette, Vita, Anziana, Ricordi, Infanzia.
Voglio dire inoltre che questa storia non è totalmente inventata. Mi ha molto colpito, leggendo su un gruppo dedicato alla Ville Lumière, un post di una ragazza che ha appena prenotato un viaggio a Parigi nel quale accompagnerà sua nonna visto che è sempre stato il suo sogno poter visitare questa città.
Mi ha talmente toccato la sua storia che non ho potuto fare a meno di raccontare una storia impersonificandomi in questa fortunata signora. Io non conosco ne questa nonna, ne la sua fantastica nipote, però le voglio ringraziare. Senza di loro, questa storia non sarebbe mai esistita.

-Lucky-


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