È destinata a far discutere una decisione della magistratura calabrese. L’imputato Carlo Cosco, affiliato alle ‘ndrine Policastro, accusato con prove molto pesanti di aver ucciso e sciolto nell’acido la moglie, si è visto riconoscere il gratuito patrocino.
Carlo Cosco è alla sbarra insieme ai fratelli Vito e Giuseppe e ai fiancheggiatori Massimo Sabatino e Carmine Venturino. Nella notte tra il 24 e il 25 novembre organizzarono al rapimento di Lea Garofalo, la celebre collaboratrice di giustizia, una delle prime contro la ‘ndrangheta, e poi la ammazzarono, deturpando il cadavere.
La corte ha stabilito che la parcella dell’avvocato di Cosco sarà a carico dello Stato poiché l’uomo, di professione buttafuori, ha dichiarato nel 2010 meno di 10 mila euro di reddito. Una tariffa che sarà salata visto che a Cosco non è stato assegnato un avvocatuccio d’ufficio, bensì si è scelto il penalista di Milano Daniele Sussman Steinberg.
Il Gip Giuseppe Gennari ha riconosciuto la stranezza nell’ordinanza di custodia cautelare, visto che di solito le organizzazioni criminali pagano per il mantenimento dei detenuti e coprono le spese legali. Stavolta, invece, un killer sarà difeso da un principe del foro a spese nostre. E magari sarà pure assolto, grazie a lui.
Va bene concedere il gratuito patrocinio quando ci sono le condizioni a norma di legge, però sorgono un paio di quesiti. Ad esempio, quanto è affidabile la dichiarazione dei redditi di un mafioso? E poi, se lo Stato deve pagare la parcella, perché è stato concesso a Cosco di scegliersi un grande avvocato invece che assegnargliene uno d’ufficio?
Fonte: Il Fatto Quotidiano