SOCIETà INCIVILEdi Marida Lombardo Pijola
Agnese e Paolo Borsellino: un grande amore, nessuna giustizia, nessuna verità
Questa è una storia d’amore tra due palermitani, un grande uomo e una grande donna che non ci sono più, anche se ci hanno lasciato moltissimo di loro, e tutto resterà. Trattandosi di un grande uomo e di una grande donna, va da sé che ciò di cui stiamo parlando è un grande amore. Parliamo dell’amore che legava Agnese a Paolo e viceversa, e che legava entrambi allo Stato, e quindi a tutti noi.Agnese Borsellino se n’è andata ieri, a 71 anni. Le donne, per volontà della natura, sopravvivono spesso agli uomini, si sa. Però l’uomo di Agnese, Paolo, non era morto per cause naturali: l’aveva ammazzato Cosa Nostra, più di vent’anni fa, polverizzandolo con un’autobomba davanti alla casa di sua madre, in via D’Amelio, assieme a una ragazza e a tre ragazzi della Polizia che erano lì per proteggerlo.
Questo era stato possibile per via del tradimento di qualcuno, un uomo dello Stato come Paolo, che aveva fornito informazioni sui suoi spostamenti, la qual cosa a Palermo era accaduta già molte, troppe volte. L’ultima poco più di due mesi prima della strage in via D’Amelio, a Capaci, dove l'amico più caro di Paolo, Giovanni Falcone, era stato trucidato assieme a sua moglie e alla sua scorta.
Agnese Borsellino, come lei stessa aveva scritto in una lettera al suo amore, circa un anno fa, da allora non aveva mai smesso di piangere e sorridere. Nascondeva nel cuore quello strazio che non si era affievolito per un solo giorno, rispetto a quel dannato 19 luglio del ’92. E tuttavia mostrava a tutti un volto bellissimo, sereno, sorridente, la morfologia del coraggio e della dignità, la fisionomia che serviva per rendere più forte la sua testimonianza.
Agnese, in realtà, si era mostrata in pubblico di rado, forzando ogni volta la sua riservatezza e il suo pudore. Eppure ogni volta, con la sua voce profonda, tranquilla, musicale, con la sua dolcezza e il suo sorriso, aveva detto qualcosa di sconvolgente e rivoluzionario. Aveva parlato di giustizia e di speranza, sebbene sia dell’una cosa che dell’altra l’avessero espropriata. Aveva raccontato che il suo Paolo, negli ultimi giorni, sapeva che sarebbe stato ucciso dalla mafia, ma non solo. Sarebbe stato ucciso su ordine di altri, chissà chi. Aveva spiegato che anche lui, come Falcone, sapeva che la sua morte era imminente, e che a ordinarla sarebbe stato qualcuno che si nascondeva in qualche anfratto delle istituzioni. Si era detta “smarrita”, e mai furiosa, per il fatto che nessuno avesse fatto luce su ciò che era accaduto due decenni fa.
E tuttavia Agnese aveva incoraggiato i giovani a continuare a credere nella giustizia, e a lottare, così come aveva fatto il suo amore fino all’ultimo giorno della sua esistenza, senza tirarsi indietro mai, senza che lei gli chiedesse mai di farlo, senza che mai lo implorasse di mettersi in salvo, perché per lei l’amore, quello vero, per Paolo e per lo Stato, era così.
Ed ecco le ultime parole che ha pronunciato soavamente in pubblico, davanti a un microfono, due mesi fa: "Sono ancora innamorata di lui". Agnese è morta innamorata di Paolo come il primo giorno, fiera di lui, del suo coraggio, della sua ostinazione, della lezione che ha lasciato ai suoi tre figli e a tutti gli altri giovani, del suo irriducibile amore per la legalità. E’ morta senza mai rimpiangere per un solo istante tutto ciò che, anche a costo di venire ucciso, aveva fatto e aveva detto lui.
E’ morta portando con sé la verità che le aveva consegnato suo marito, e che lei stessa in seguito avrebbe gridato con disperazione, senza che avesse il tempo di vederla mai riconosciuta, di veder puniti i responsabili occulti della strage. Ha aspettato per più di vent'anni, Agnese, e se n'è andata senza poter credere di nuovo nella giustizia. Senza che fosse ricambiato quell’amore ostinato per lo Stato che fino all’ultimo ha voluto condividere con il suo amore. Riposi in pace col suo Paolo, lei che adesso può. Noi, invece, restiamo senza pace qui a rimpiangerli. Ad aspettarla ancora, quella verità.
Da: Il Messaggero