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Riportiamo la prima pagina dell’articolo scritto da Sergio Nava per la newsletter della “Fondazione Nordest”, pubblicata lo scorso mese. L’articolo completo può essere consultato a questi links:
LINK 1 (Sito “La Fuga dei Talenti”) – PAGINA 7
LINK 2: (Sito “Fondazione Nordest”) – PAGINA 7
“Oltre le Alpi. O il Mediterraneo. Tra le mani stringe un titolo di studio. Spesso, un contratto già firmato. Comunque, ha la consapevolezza che fuori dall’Italia ce la può ancora fare. E’ il prototipo del nuovo emigrante italiano. Giovane, qualificato, dal profilo internazionale. All’estero va sia per disperazione, sia per la consapevolezza di migliori prospettive di vita. Magari pure per esterofilia, unita al desiderio di conoscere il nuovo mondo globalizzato. Nell’orecchio, spesso risuonano le parole di chi lo ha preceduto. E ce l’ha fatta. Fratello, cugino, amico.
All’inizio erano soprattutto ricercatori. Poi lavoratori dipendenti, tendenzialmente single. Da qualche anno hanno cominciato ad emigrare sempre di più le giovani coppie, con bambini al seguito. Ultimamente, persino gli imprenditori “under 40” stanno considerando la fuga. Tutte queste categorie votano “con i piedi”. Emigrano. E’ il loro personale voto di sfiducia all’Italia.
Le cifre. Questi giovani 20-40enni ingrossano -da almeno 15 anni- una pattuglia di neoemigranti che ha raggiunto la media di circa 60mila espatri annui (sui circa 100mila che lasciano nel complesso l’Italia). Secondo stime indipendenti, nel 70% dei casi hanno una laurea. L’Istat, nelle statistiche ufficiali sulle cancellazioni di residenza, abbassa l’asticella dei laureati al 16%, ma ne ammette il sostanziale raddoppio nell’arco degli anni 2000. Il differenziale di stime sull’emigrazione qualificata si spiega con l’enorme quantità di emigranti che dichiarano -ufficialmente- “altro titolo di studio” (oltre il 60%): facile immaginare come, tra loro, si nascondano molti laureati.
Due “miti” vanno sfatati, quando parliamo della nuova emigrazione professionale: il primo è che questo fenomeno non riguarda più solo i ricercatori, ma tutte le categorie professionali. Manager, imprenditori, professori, artisti, musicisti, insegnanti, architetti, ingegneri, designer, comunicatori, ecc…. Colpisce come -ad emigrare- siano spesso le categorie più creative: quelle che -almeno teoricamente- in Italia dovrebbero avere maggiori opportunità.
Il secondo riguarda le regioni di origine dei giovani “under 40” espatriati: il fenomeno coinvolge tutta l’Italia, da Nord a Sud. Secondo dati dell’Aire (Anagrafe Italiani Residenti Estero), nel 2010 sono stati i giovani lombardi a far registrare il maggior numero di espatri, seguiti dai siciliani e dai laziali. Se invece consideriamo l’intero decennio 2000-2010, risultano primi i siciliani (oltre 40mila i 20-40enni emigrati), seguiti dai lombardi (32mila) e dai calabresi (31mila).
Più in generale, appare in crescita esponenziale l’emigrazione dal Centro-Nord: gli espatriati dal Nordovest sono aumentati tra il 2004 e il 2008 del 53,1%, gli emigranti dal Nordest del 63,5%. Segno positivo anche per l’emigrazione dal Centro: +58,4%, mentre appare in calo sia quella dal Sud (-37,3%), sia quella dalle isole (-35,5%). L’anno di svolta, secondo stime Istat, appare il 2007, quando l’emigrazione dal Nord ha continuato a crescere, mentre quella dal Sud è calata, per poi riprendere gradualmente a salire. Meno sorprendente, sulla base delle considerazioni precedenti, appare l’età media dei neoemigranti: nel 2008 il 54,1% di loro aveva un’età compresa tra i 25 e i 44 anni. Si tratta delle classi più produttive.
Dove vanno? Prevalenti si confermano le destinazioni europee e nordamericane: Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Francia, Spagna e Stati Uniti. Se consideriamo solo i laureati, il loro flusso si concentra -nell’ordine- su: Gran Bretagna, Germania e Svizzera”.
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