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Un canale per Lupi, abominevole uomo delle navi

Creato il 21 luglio 2013 da Albertocapece

st-georgeAnna Lombroso per il Simplicissimus

Non è una novità della nostra contemporaneità che uomini  di scarso peso vogliano lasciare impronte massicce e grevi: le loro piramidi a futura memoria innalzate a costo di fatica lacrime e sangue, i loro altari eretti all’unica divinità che riconoscono.

Eh si, a chi si sente appena più su dal ceto di servo, solo perché a forza di ubbidienza si è conquistato uno sguardo distratto di qualche padrone, piacciono le opere pesanti, che lasciano un segno e che – pensano male – portano più quattrini, perché nella loro ottusità li vogliono maledetti e subito, tanti da stordirsi e non sapere che costo abbiano nel tempo e quanto poco profittevoli siano i loro mausolei, se sgretolano tutto intorno e sotto, e producendo miasmi, avvelenano.

Mentre bus a due piani vomitano comitive sui Fori cadenti  e pare che ne rovesceranno anche in futuro e indisturbati alla Navicella, a via della Conciliazione, al Velabro, parcheggiando di fianco a sempre più smisurate tavole calde a 4 ruote, attività di famiglie potentissime che resistono a tutte le amministrazioni, mentre la Costa Crociera arrugginisce implacabilmente coricata su un fianco davanti al Giglio,  mentre il sindaco Renzi si ricorda della città che amministra solo per perseguire il sogno fanatico di rifare una facciata michelangiolesca su San Lorenzo tramite “masterplan di quartiere”, mentre un governo di larghi fraintendimenti inconsapevoli, approfitta delle emergenze che con continuità pervicace e non sorprendente si abbattono sul paese, per rifinanziare Mose e Tav, il Ministro Lupi “di mare” in nome e per conto di affollati branchi di predatori accoglie con interesse la “ragionevole” proposta di Scelta Civica per bocca di un suo oscuro parlamentare che ora minaccia di salire alle cronache, di realizzare una corsia tangenziale per le grandi navi, che potranno così arrivare in Marittima saltando San Marco, passando dietro la Giudecca.

E noi che siamo invece leggeri e preferiamo piccoli passi, scelte ponderate, carezze al posto di busse, ci chiediamo perché non si possa semplicemente vietare il passaggio in Laguna dei mostri d’acqua, che quando Mann diceva che Venezia bisognerebbe vederla la prima volta arrivando dall’acqua ed esserne sorpresi, erano altri tempi e altre navi. E ci domandiamo perché invece sia preferibile con una Scelta Cinica, infliggere una violenza irreparabile al fragile sistema lagunare  con un canale artificiale dedicato al passaggio delle navi grandi e piccole.  La risposta la conosciamo, è quella del nuovo abominevole uomo della navi, Lupi, che ha fatto sapere che  il tavolo tecnico istituito presso il suo dicastero sta effettuando una valutazione delle alternative in merito a portata tecnica,  fattibilità e  certezza dei tempi per risolvere la vicenda nel breve-medio termine , che qualsiasi soluzione è gradita  “ nel rispetto di Venezia ma anche  del traffico crocieristico, una risorsa da non perdere”.

Mi è già capitato di dire che la profanazione delle grandi navi a Venezia, ha il valore di un test, una pièce de rèsistence per verificare quanto sono disposti a sopportare i cittadini e l’ambiente in nome del ricatto del profitto, del “mercato”, della crescita sempre più disuguale. Fino a che punto la città più vulnerabile del mondo può sostenere la pressione formidabile di quelle “opere di valorizzazione, volano della crescita”: il nuovo canale in mezzo alla laguna, che alcuni ingegneri idraulici sospettano potrà avere  «conseguenze idrauliche gravissime», con  aumento di acque alte, perdita di sedimenti,  un nuovo porto ai cantieri del Mose di Malamocco, l’off shore, una piattaforma in mare da un milione e mezzo di euro,  un tunnel subacqueo per portare le auto da Pellestrina al Lido e viceversa, i grandi progetti di edificazione al Lido. E sullo sfondo il cemento in gronda lagunare, Tessera city e la sublagunare.

Ci sono stati giorni nei quali undici navi hanno rovesciato sulla città passeggeri spaesati in un numero superiore alla metà dei residenti.  E che navi.  La Divina è lunga 333 metri: il doppio di piazza San Marco, e il suo serbatoio contiene in media 3.800 tonnellate di gasolio, la Voyager of the seas è alta 63 metri, lunga 311, larga 47, con 47 ponti, al servizio di un  business, aumentato dai 500.000 crocieristi del 1970 ai 20 milioni di oggi, che si giova della dissipazione  di beni primari come il mare, le coste, i paesaggi, le città storiche.

Hanno preferito non calcolare gli effetti della pressione di migliaia di tonnellate d’acqua sulle fragili rive di Venezia. Nessuno ha pubblicato dati sull’inquinamento da polveri sottili (600 tonnellate scaricate dalle navi a Venezia nel 2011); o sulla presenza in laguna di benzopirene, altamente tossico. Nessuno sa dire se l’incidenza di malattie tumorali che potrebbe avere questa causa sta crescendo in questi anni, anche se il Registro dei tumori segnala a Venezia un «eccesso significativo di neoplasia del polmone».

Cattedrali del consumismo,  navi con migliaia di posti-letto come affollati falansteri promettono un  lusso “esclusivo”, ma sono macchine per vacanze, che  spacciano per altamente personalizzato ed esclusivo il più commerciale  turismo di massa, per dare l’illusione dell’opulenza tenendo bassi i costi, grazie  al personale non specializzato, magari volonteroso ma incompetente,  che all’occasione, si è scoperto troppo tardi, non solo non sa calare una scialuppa in mare ma nemmeno balbettare qualche parola d’inglese.

Città galleggianti, aggregate in un grattacielo, con dentro shopping center e ristoranti, discoteche e cinema, negozi, palestre, teatri, casinò, piste di pattinaggio su ghiaccio, percorsi jogging, campi sportivi, si risarciscono della loro pomposa bruttezza  giganteggiando  sull’Isola del Giglio o su Palazzo Ducale, guardando dall’alto un posto vero, vivo e bello come fosse un modellino miniaturizzato, davanti al quale passare come a Disneyland o Las Vegas, fotografandole col cellulare, indifferenti a cosa lascia il loro transito e disinteressati a starci dentro, sfiorare i marmi, camminare sui “masegni”, incontrare sguardi di altri uomini.

Lo spreco, la prepotenza, l’oversize, la bruttezza umiliano la bellezza,   guardandola dall’alto di una mega-nave o di una superterrazza profilata d’acciaio su Rialto, o di un grattacielo a Marghera. E umiliano noi, pensando di comprarci insieme a qualche souvenir importato da Taiwan o con una colazione al sacco sdraiati sui masegni della Piazza, cliccando un distratto “mi piace” sulla cartolina delle nostre esistenze.


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