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Un centenario negato

Creato il 24 aprile 2015 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
Il 24 aprile la comunità armena e, con essa, il mondo intero, ricordano il genocidio perpetrato dai Turchi nel 1915-1916, nell'ambito della pulizia etnica e delle deportazioni destinate a punire le trattative - vere o presunte - degli indipendentisti con i Russi ai danni dell'Impero ottomano, in quegli anni negli ultimi sussulti di vita.
Lungi dal documentare una vicenda che non conosco nei particolari, credo sia doveroso soffermarci su questa ricorrenza, soprattutto date le recenti ondate di negazionismo. Questa piaga, che da decenni ormai affligge la memoria di eventi come la Shoah, si ripresenta oggi alla nostra attenzione in modo drammatico con l'incredibile reazione turca alle parole di condanna del pontefice Francesco. Anziché prendere le distanze dal crimine passato, il governo della Turchia ha infatti alzato una barriera costruita di menzogne, negando che la strage sia mai avvenuta.  

Un centenario negato

Il fuoco perenne nel Memoriale del Genocidio Armeno a Yerevan


Non c'è bisogno di ricordare che negare un simile massacro (si stimano più di cinquantamila morti) significa negare l'esistenza delle vittime e della popolazione colpita, calpestandone la dignità e contravvenendo a qualsiasi norma sul rispetto, la tolleranza e l'uguaglianza degli esseri umani. Poiché il movente di questa negazione è, come sempre accade in questi casi, puramente ideologico e politico, le affermazioni sono ancor più vergognose. E altrettanto nauseante è la tiepida reazione delle istituzioni europee, sempre più preoccupate del regolare svolgimento delle trattative economiche che della tutela dell'essere umano, della memoria e dei diritti fondamentali. Il governo italiano è arrivato, subito dopo il fumo levatosi da Ankara, a dire che appurare la storia non è compito dei governi, ma degli storici e ancora non è arrivata alcuna condanna ufficiale, men che meno si è pensato di porre un aut aut alla Turchia in merito alle trattative sull'entrata in Europa, fatto, peraltro, già sconsigliato per molti altre incompatibilità democratiche.
In un mondo in cui si disprezzano la Storia e le storie - quelle delle singole persone - e in cui i libri e le testimonianze sono poco più che residuati e cianfrusaglie, i proclami negazionisti, legati alle più disparate vicende (delle quali lo sterminio armeno era, forse, prima delle notizie recenti, poco più che una vaga informazione restia ad entrare nei libri di storia) si ergono come il simbolo dell'ignoranza e della vigliaccheria dell'essere umano - se così possiamo chiamarlo.
Ho avuto modo più volte di esprimere la mia difficoltà di fronte a ricorrenze mirate a ricordare eventi specifici, auspicando un'operazione di memoria continua, da condursi nell'istruzione, nell'educazione e nella comunicazione e concretizzata in un giorno in cui si ricordino tutte le vittime della superbia e della sete di potere degli uomini in ogni epoca. Tuttavia queste giornate, gli anniversari, i cinquantenari, i centenari i millenari servono a scandire, nella vita frenetica, a volte superficiale, degli esseri umani, che comunque deve continuare, il ritmo del ricordo stesso. L'importante è che ciascun cerimoniale non si esaurisca in sé, ma divenga, per tutti coloro che hanno desiderio di giustizia e rispetto, un'occasione per aggiungere ad una data importante per un certo gruppo umano tutte le altre date di analogo valore. Di fronte al negazionismo bisogna essere ancor più coesi e fermi nel ricordo e nella condanna dei proclami ideologici.
Questo ennesimo centenario negato va ad aggiungersi ad un'inaccettabile serie di rimozioni e segreti che hanno coinvolto, nell'ultimo secolo, guerre, genocidi, crimini di guerra e terrorismo. Ma negare non è possibile, non è accettabile, non è umano, a meno di non continuare a perpetrare un'assurda distinzione fra uomini e donne degni di vivere e uomini e donne che hanno il dovere di morire.
C.M.

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