Anna Lombroso per il Simplicissimus
Tante volte abbiamo dubitato di credo e devozione della classe politica, spesso oggetto di pubblica ostensione finalizzata a guadagnarsi consensi o peggio a dare autorevolezza morale a scelte volte ad assecondare interessi privati.
Ma stavolta bisogna ammetterlo, ci vuole proprio un atto di fede incondizionata nel buon Dio e nella provvidenza per ospitare a Roma un grande Giubileo ispirato alla misericordia, se un branco di cialtroni poco compassionevoli di arte e bellezza mettono a ferro, fuoco e urina una delle piazze più celebrate del mondo, se è confermato che i grandi eventi fanno opera di filantropica generosità, ma solo nei confronti di speculatori, signori del cemento, immobiliaristi spregiudicati sotto la buona stella caritatevole della corruzione.
Si ci vuole proprio una fiducia illimitata – non contenti dell’Expo, non contenti della dissennata candidatura alle olimpiadi – nella divina benevolenza, ma soprattutto nel proprio culo miracoloso, che ha permesso loro di montare in sella di vari cavalli, quello del premierato, quello di Marc’Aurelio, perfino quello di Viale Mazzini all’infuori di quello di Cliagola, che in quel caso più probabilmente i nobili cavalli fatti senatori sono loro. E di restarci malgrado incompetenza, approssimazione, esercizio di menzogna e infamità, indole alla sovversione di principi democratici, nominati grazie a sistemi elettorali incostituzionali, che per riconfermare le loro posizioni e le rendite che ne derivano, hanno deciso di “aggiornare” in modo da renderli ancora più lesivi della rappresentanza e dei diritti di cittadinanza.
Riluttanti ad accogliere rifugiati, incapaci di controllare l’arrivo di hooligan, saremmo invece, pare, pronti a dare ricetto, prodiga e minifica ospitalità a milioni di pellegrini in una città che si paralizza con la pioggia, che chiude i battenti per una settimana se nevica, che vanta uno dei bilanci più sofferenti d’Italia, nella quale si sono installate varie tipologie di organizzazioni criminali che intridono l’intero sistema sociale e amministrativo, sicché come per Palermo un tempo, il suo problema non è solo il traffico tanto che per fare il prefetto si chiama uno che se ne intende di emergenze e catastrofi.
Immagino che a nessuna autorità laica sia venuto in mente di proferire quella paroletta ormai impronunciabile in occasione di cappi e ricatti extranazionali, di diktat di confindustriali, costruttori, armatori, figuriamoci di raccomandazioni inconfutabili o di perentorie richieste di domini morali, quel “no, grazie”, così raccomandabile anche quando quella che viene inesorabilmente esercitata è una dolce violenza nell’imporre un’azione al di sopra delle nostre forze, perlopiù sfavorevole all’interesse dei più e propizia solo a quello di pochi.
Così, nel rispetto di patti antichi ma vincolanti quanto quelli più recenti, il sindaco di Roma proclama “Siamo pronti!”. Il ministro dei Beni Culturali e del Turismo, Dario Franceschini rincalza: “L’Italia saprà accogliere al meglio I fedeli che si recheranno a Roma per l’Anno Santo. Il ministero è pronto, sin da subito, a collaborare per la migliore riuscita di questo Giubileo che sarà per milioni di persone di tutto il mondo un’occasione per un percorso di fede e insieme per uno straordinario viaggio in Italia”.
E il presidente del Consiglio proprio da Milano in visita ai cantieri del ballo Excelsior dell’alimentazione, accoglie “l’annuncio del Giubileo” come “una buona notizia cui il governo italiano risponde con i migliori auspici. L’Italia, che quest’anno ospita l’Expo, saprà fare la sua parte anche in questa occasione”.
Si compiace il premier con le proverbiali impudenza e imprudenza: “L’Expo di Milano per l’Italia è “la sfida del 2015″: non un punto di arrivo, ma di partenza, anzi di ripartenza del Paese2, tornato in cantiere a dare la carica per il rush finale a 49 giorni dall’inaugurazione. E non contento esagera, suscitando l’entusiasmo estatico di Squinzi: “il traguardo delle riforme è vicino, come è vicino quello di Expo ….E’ un tuffo al cuore vedere quanto è stato fatto ma anche una dimostrazione che quando l’Italia rema tutta dalla stessa parte le cose si realizzano”, confermandoci che saremo tutti sulla stessa barca, ma chi fatica, arranca e va a fondo siamo noi.
Mentre intanto solo per aggiudicarci l’infausto Grande Evento si sono spesi 9 milioni di euro investiti per far bella figura con ispettori per l’accoglienza, l’ospitalità e per i materiali di propaganda. Che gli amministratori delegati e commissari che si sono avvicendati, si sono messi in tasca 450 mila euro l’anno. Che di fronte a queste cifre magniloquenti, risultano invece modeste quelle dei posti di lavoro prodotti dall’Expo: 70 mila nel dossier della candidatura ridimensionati oggi in 15 mila, 700 per i sondacati. Mentre sono ancora formidabili i numeri della valanga di cemento che rovina sul suolo di Milano: l’area edificabile è di 500 mila mq. più altri 500 mila, quelli della Cascina Merlata. E se vi piacciono i Grandi Numeri ci sono quelli della Grande Corruzione, con 18 arresti, infiltrazioni delle mafie, provate da inchieste giudiziarie e migliaia di intercettazioni dei contatti tra boss, manager criminali e amministratori.
Per non parlare della madre di tutti gli appalti opachi, di tutte le licenze discutibili, di tutte le deregulation, l’emergenza che quando non c’è davvero, si provoca, in modo da consentire eccezionalità, commissariamenti, regimi speciali, che permettono di aggirare anche la figura messa là a garanzia oltre che le sue denunce e le sue misure di “pulizia”. E per non dire del volume di affari movimentato dal ruolo di official premium partner attribuito alle coop senza gara, al probabile ritorno del patron Farinetti, il norcino del re, che, sempre senza gara, detiene la gestione di 2 mega store e 20 ristoranti, affidati a turno e secondo il suo insindacabile arbitrio a 120 chef. E siccome dietro un grande circo, c’è sempre un grande business potremmo aggiungere il fervore di studi commissionati a progettisti e a economisti della Bocconi per confermare i fasti della magnifica esposizione, per prevedere gli effetti moltiplicatori dello straordinario flusso di visitatori, per smentire la storia, visto il bagno delle Expo tenutesi in tempi di floridezza: tanto per fare un esempio a Hannover dei 40 milioni di turisti attesi se ne presentarono solo 18,
Così non ci resta che contare sulla nostra cattiva fama, sulla retorica della pistola sul piatto di bucatini, sulla reputazione di festosa disorganizzazione, sul discredito che gettano su di noi una classe dirigente assoggettata e incompetente e la sua indole al servilismo e al provincialismo, sulla nomea creata dal disinteresse per il patrimonio culturale e artistico, sulla nostra scarsa inclinazione all’accoglienza, in modo che si produca un favorevole processo di autoregolamentazione del flusso di fedeli. Non ci resta che sperare che la conclamata sobrietà papale sia contagiosa e venga preferito il composto e sostenibile pellegrinaggio virtuale, con la messa in TV e la benedizione urbi et orbi su twitter. E che l’indulgenza plenaria doni a noi il perdono per la troppa ubbidienza e ai fedeli del profitto il castigo per la troppa avidità.