Gli Orlandi sono una famiglia divisa, lacerata dai conflitti e deflagrata in una diaspora dei sentimenti, che si ritrova riunita sotto lo stesso tetto per un ultimo, fatale weekend.
Nella fatiscente villetta di famiglia, in una verdeggiante Città Giardino alle porte di Milano, un vecchio regista dimenticato da tutti, bigamo e misantropo, pratica l’arte dell’oblio volontario per tenere lontano il ricordo dei suoi fallimenti; la sua ex moglie, chef ormai famosa, nonostante una vita quasi perfetta, si sente stritolare da un oscuro senso di colpa; la loro figlia, giovane attrice di soap opera, è ossessionata dall’amore incestuoso e impossibile per il fratellastro italo-canadese. E infine lui Peter, che vive come un eremita in un cottage sulle rive di un lago sperduto, fino al giorno in cui la malattia del padre lo costringe a tornare a casa con una misteriosa missione da compiere. È proprio il ritorno di quel figlio illegittimo che fa avverare un presagio di morte e trasforma uno dei membri della famiglia in un pugno di cenere, permettendo agli altri di continuare a vivere.
Mauro Casiraghi, autore del romanzo “La camera viola”, scava con una lingua potente e polifonica nel profondo dei personaggi, esplorando il tema della memoria e la seduzione della morte, stringendosi attorno ai nodi essenziali della letteratura: conflitti familiari, perdita, identità, riscatto.
«Ora sapeva cosa doveva fare per suo padre, e accettò la missione a capo chino, come un cavaliere investito di un nobile compito, come il boia che sale lentamente la scaletta di legno che porta al patibolo.»
“La sofferenza e il dolore umano sono in qualche modo sono l’unico segno forte per capire chi siamo veramente come esseri umani… Casiraghi fa un romanzo stupendo, scritto benissimo…” Arnaldo Colasanti
Un romanzo, almeno per me, di difficile approccio, complesso, oserei dire a tratti ingarbugliato, in cui ho fatto fatica ad entrare. Solo a partire dalla seconda metà, sono riuscita a penetrare nel profondo disagio dei personaggi e nella tagliente e decadente drammaticità della storia. Mi è sembrato di avere in mano le tessere di un puzzle che stentavano a trovare la giusta collocazione. Di certo, la trama riesce a dispiegarsi con chiarezza solo verso la fine e questo non aiuta il lettore a “digerire” il libro come avrebbe voluto.