L’antefatto è questo. 24 ottobre 2011: durante la conferenza stampa dopo il vertice del Consiglio d’Europa sulla crisi, alla quale partecipano la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, una giornalista chiede ai due capi di governo se Silvio Berlusconi (allora ancora premier) avesse già fornito rassicurazioni sui provvedimenti che l’Italia sarebbe stata pronta a prendere per uscire dalla situazione di difficoltà e se ci fosse ancora la fiducia di Francia e Germania nell’allora presidente del consiglio italiano.
Uno sguardo di reciproca intesa, le risate dell’intera sala stampa, il sorrisino sulla faccia del numero uno dell’Eliseo e dopo qualche secondo la risposta – piuttosto imbarazzata e assolutamente vaga – dello stesso Sarkozy: “Abbiamo fiducia nel senso di responsabilità dell’insieme delle autorità italiane, politiche, finanziarie ed economiche”, si limita a dire per evitare danni maggiori. La Merkel, invece, non fa niente per tenere a freno il collega transalpino.
Un affronto all’Italia che, dalle parti del Giornale, devono essersi legato al dito. La vendetta però, come si sa, è un piatto che va servito freddo, e la redazione ha atteso infatti l’arrivo dell’inverno per contrattaccare.
La prima mossa risale all’ultimo giorno del 2011: sulla scia di indiscrezioni pubblicate dal Wall Street Journal (ma poi smentite da entrambe le parti) secondo le quali sarebbe stata proprio la cancelliera tedesca a far pressioni su Napolitano per convincerlo che Berlusconi non era più il comandante adatto per il nostro paese, il direttore Alessandro Sallusti avalla il poco elegante titolo di prima pagina “E’ stata la culona”, con esplicito riferimento alla presunta definizione (“culona inchiavabile“) che lo stesso Berlusconi avrebbe usato per riferirsi alla Merkel in una telefonata privata intercettata durante una delle numerose inchieste che lo riguardano.
La seconda mossa, invece, è fresca di questa mattina e chiude la rappresaglia del quotidiano (di proprietà della famiglia Berlusconi, giova ricordarlo) prendendo di mira il presidente francese Sarkozy all’indomani del declassamento subito dalla Francia a opera dell’agenzia di rating Standard&Poor’s, che ha tolto al debito sovrano del paese transalpino la sua storica valutazione di tripla A facendole perdere un gradino nella scala di giudizio tradizionalmente utilizzata, passandolo nella fascia della doppia A. Un’occasione imperdibile, dalle parti di via Negri, per infierire finalmente sull’odiato premier francese con un bel “Ridi, pagliaccio” sparato a caratteri cubitali in prima pagina.