Mi è capitato di leggere ultimamente due libri molto diversi che trattano dello stesso argomento: il passato.
Preciso: i due romanzi trattano il rapporto tra il ricordo del proprio passato, quello personale, individuale e la memoria collettiva. Si tratta de Gli anni di Annie Ernaux e Il Gigante sepolto di Kazuo Ishiguro.
L’argomento, pur essendo molto importante e denso di significato, è stato ampiamente dibattuto. Esistono bibliografie infinite sulla memoria, composte da tomi autorevolissimi ma spesso impolverati di conformismo. Il confronto tra questi due romanzi invece ha riacceso in me l’interesse per l’argomento, perché i due autori, pur avendo individuato lo stesso punto di partenza, lo sviluppano in modo originale giungendo a considerazioni completamente opposte.
Ishiguro, l’autore di libri memorabili come Quel che resta del giorno e Non lasciarmi, affronta il tema della memoria partendo da una posizione spiazzante. Egli infatti pone la sua attenzione sul diritto dell’uomo all’oblio. E dell’oblio questo libro è una gigantesca metafora dai toni fiabeschi e ovattati e dall’ambientazione fantasy.Il suo romanzo infatti, racconta una storia ambientata in Inghilterra, in un passato mitico, all’indomani della pace raggiunta tra sassoni e britanni, grazie all’opera di Re Artù.
Quest’ultimo è morto da pochi anni quando la vicenda ha inizio; nel suo regno lo spettro della guerra appare lontano ma una fitta nebbia sembra causare una strana amnesia che colpisce tutti gli uomini.
In un villaggio di britanni abita la coppia di anziani coniugi protagonista della storia. Axl e Beatrice, questi i loro nomi, sono afflitti da uno strano dilemma: ricordano di aver avuto un figlio, ma non sanno più dove si trovi, né che cosa li abbia separati da lui.
Spinti dal desiderio di riabbracciarlo prima che la strana nebbia incantata li condanni all’oblio, i due decidono, a dispetto della loro vecchiaia, di intraprendere un pericoloso viaggio attraverso le foreste sterminate del loro paese. Da qui ha inizio la storia che li condurrà alla scoperta del mistero che si nasconde dietro la coltre di nebbia incantata e a riappropriarsi, al contempo, del lato oscuro del loro cuore.
La scelta di evitare una collocazione spaziotemporale precisa, lungi dall’essere un tentativo di eludere la realtà o di sfuggire alle domande del presente, conferisce, al contrario, un carattere universale alla storia. Non si parla di una vicenda storica in particolare, perché la storia si riferisce a tutte!
La nebbia che impedisce agli uomini scampati al conflitto, di ricordare il proprio passato, porta con sé un senso di mistero e di protezione. Quella che Ishiguro descrive, è una nebbia che protegge gli uomini dal proprio passato obbligandoli a dimenticare.
Se c’è un diritto al ricordo e una necessità di connettersi al proprio passato, per definire il presente, esiste altresì un sacrosanto diritto all’oblio, per rendere possibile la riconciliazione e la pace.
Ne Gli anni, il romanzo di Annie Ernaux, che ho letto subito dopo, il tema è lo stesso. L’autrice, tuttavia, risolve il nodo tematico operando una scelta opposta a quella di Ishiguro ma non meno originale. Il ricordo diventa centrale in questo caso ma si fonde senza soluzione di continuità alla storia.
La scelta, in questo caso, è assolutamente realistica e al centro della narrazione c’è la biografia dell’autrice che si relaziona continuamente alle vicende politiche del suo paese: la Francia.
Annie Erneaux ripercorre le sue vicende personali come in un diario, elencando ricordi frammentati e immagini cristallizzate nella memoria, lasciandole affiorare lentamente, senza seguire una sequenza logica precisa.
Ricostruisce così un flusso di coscienza intriso di nostalgia in cui lentamente riaffiorano, insieme alle tappe fondamentali della sua vita, le vicende che hanno segnato la storia del secondo dopoguerra francese.
Lo stile è semplice e poetico, le frasi essenziali e assemblate con equilibrio perfetto. Il lettore è condotto per mano, all’interno di una personalissima esposizione di immagini che ricompongono una biografia senza descriverne i contorni.
I personaggi e i nessi causali che fanno parte della storia sono messi in secondo piano, l’attenzione si concentra sui dettagli di foto ritrovate e di oggetti rinvenuti quasi per caso, senza indugiare troppo sulle vicende di chi li ha posseduti.
In modo assolutamente originale Annie Ernaux evoca la Liberazione, l’Algeria, la maternità, de Gaulle, il ’68, l’emancipazione femminile, Mitterrand; e ancora l’avanzata della merce, le tentazioni del conformismo, l’avvento di internet, l’undici settembre, la riscoperta del desiderio.
In un racconto unico e impetuoso i contorni dell’io sbiadiscono fino a scomparire, come a dissolversi nell’impetuoso flusso di emozioni di un’intera comunità. La vita dell’autrice diventa la biografia di un’intera nazione, di un intero popolo, scardinando le barriere che separano la biografia dalla storia.
Il percorso individuale si immerge nel destino di un popolo, il ricordo personale diventa memoria collettiva. La vita si fa storia.
Alla fine di queste letture mi è rimasto un dubbio: ancora non so decidere se agli uomini sia più utile ricordare o dimenticare. Per questo mi sono concesso un po’ di tempo prima di scrivere questa doppia recensione. A ben guardare, non ho ancora preso questa decisione: preferisco alimentare questo dubbio che continua a interrogare la mia coscienza.
La considero una vittoria, in un momento in cui la parola ‘memoria’ ha spesso il gusto stantio della retorica.
Annie Ernaux, Gli anni, L’orma, 2015
Kazuo Ishiguro, Il gigante sepolto, Einaudi, 2015