Chissà che aspetto aveva questo signore dagli occhiali mobili (perché costantemente in attività, come ventagli di parole nelle sue grandi mani) e dalla voce lenta (sempre in attesa del pensiero giusto per emettere la parola giusta) quando insegnava all’università di Berkeley alla fine degli anni ’70 in pieno Strutturalismo. Era il momento del testo per se stesso, reciso da tutto ciò che lo assediava, dal mondo che voleva interpretarlo a suo piacimento. Era il momento delle parole e non dei racconti, che iniettavano la realtà nel testo comprimendolo e corrompendolo. Era il momento, per Alain Finkielkraut, di passare dalla letteratura alla filosofia per continuare a cercare i mille racconti che ci circondano, che noi creiamo semplicemente respirando e a cui non è possibile sottrarsi.
Fu un divorzio sofferto quello fra Alain Finkielkraut e la letteratura, mai davvero consumato, che si interruppe grazie ad un libro: L’arte del romanzo, sette brevi saggi di Milan Kundera su alcuni dei romanzi che l’autore ha amato e sui cui si è formato come scrittore. Alain Finkielkraut lo lesse con avidità, riscoprendo che il romanzo, forma d’arte moderna, era ed è un’interminabile esplorazione dell’esistente. Molti anni dopo quella lettura Finkielkraut presenta anche in Italia un libro decisamente ispirato al lavoro di Kundera (suo mentore ideale), si tratta di Un cuore intelligente edito nel 2011 dalla Adelphi (la stessa casa editrice di Kundera in Italia), in cui il Finkielkraut vorace lettore si fonde con il Finkielkraut filosofo, letterato, pensatore e problematico specchio della società contemporanea. Il risultato è un vero atto d’amore per la letteratura “vera vita finalmente scoperta e chiarita” secondo Proust e unico modo per confrontarsi con la realtà per l’autore di Un cuore intelligente.
Mediando infatti fra l’approccio Cartesiano, ispirato al metodo e all’analisi della realtà per tentare di controllarla e gestirla, e quello di Cervantes, che ci propone la salvezza dell’incertezza che ci circonda e ci pervade, il racconto diventa per Finkielkraut il modo migliore per reinventare la realtà attraverso la mediazione fra cuore e ragione. Un equilibrio difficile che secondo Finkielkraut possiamo trovare distillato solo nella letteratura. E molta letteratura e tanta passione per la lettura troverete nei nove piccoli saggi racchiusi nel cuore intelligente di Finkielkraut e incentrati su altrettanti romanzi (da Milan Kundera a Vasilij Grossman, da Albert Camus a Philip Roth, da Fedor Dostoevskij a Karen Blixen).
Ampie finestre sulle fucine letterarie di abilissimi racconta storie in cui ritroviamo la passione e il rispetto che Alain Finkielkraut nutre per questi autori che, come lui stesso ha dichiarato, non hanno la presunzione di essere i migliori o i più importanti, né vogliono proporre una versione Finkielkrautiana di canone letterario (sebbene in parte sembrino portare il lettore proprio in questa direzione), ma sono semplicemente quelli che l’autore non si stanca mai di rileggere, sollevando ogni volta un nuovo strato di significati sapientemente nascosto sotto la più semplice delle parole.
Probabilmente voi avreste scelto altri nove libri per nutrire il vostro cuore intelligente, certamente non sarete d’accordo con tutte le opinioni di Alain Finkielkraut in merito, ma sicuramente concluderete questa lettura con salvifiche incertezze a cui tendere e non è poco. Personalmente il capitolo dedicato a Memorie dal sottosuolo di Fedor Dostoevskij mi ha fatto venire immediatamente la voglia, anzi la necessità, di rileggerlo.
Quale sarà la vostra prossima rilettura?
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