La rivoluzione deve partire dal basso.
Gli intellettuali infuriati non possono andare in nessun museo di lunedì, perché per qualche ragione tutti i musei sono chiusi il lunedì, più o meno nella stessa maniera in cui tutte le chiese sono aperte di domenica. Questi intellettuali si domanderanno come mai.
Gli impiegati dei musei non possono mai andare dal parrucchiere perché i loro negozi sono sempre chiusi di lunedì, più o meno nello stesso modo in cui ricomincia la scuola alle otto tutti i lunedì.
Gli intellettuali inizieranno a chiedersi come mai certe cose debbano restare chiuse necessariamente il lunedì. Come faranno mai i poveri impiegati al museo a tagliare i capelli? E come si spiega che gli impiegati dei musei abbiano un immagine (e dei capelli) sempre così curati? Cosa si direbbero un parrucchiere ed il direttore del Prado si incontrassero? Questo nessuno lo potrà mai sapere perché un parrucchiere non potrà mai entrare in un museo.
Questa situazione andrà avanti fino a quando qualcuno si sarà stancato e si opporrà. Un giorno un tale direttore di un museo deciderà di avviare una rivoluzione. Aspetterà il suo giorno libero (il lunedì) per andare nelle università a fare propaganda e raccogliere studenti sostenitori e simpatizzanti. A loro affiderà l’incarico di parlare ai parrucchieri dal martedì alla domenica. Gli studenti pubblicheranno volantini, riformeranno il gusto estetico che si baserà su tagli di capelli settecenteschi e su curate acconciature d’altri tempi. Al posto delle riviste di gossip le signore inizieranno a guardare i cataloghi delle mostre e vorranno pettinarsi come le dame che si sono sostituite alle Simona Ventura ed alle Lady Gaga (le quali a loro volta, per non cadere nell’oblio, porteranno la moda all’estremo ed oltre ai nuovi tagli di capelli vorranno che si commissionino loro strettissimi corpetti e gonne con imbottiture posteriori). Tutto questo cambiamento desterà la curiosità dei parrucchieri, che diventeranno desiderosi di conoscere le realtà del passato, allo stesso modo in cui in passato erano stati curiosi di conoscere la cultura giapponese in seguito all’apertura di ristoranti di sushi vicino ai loro negozi. Assaliranno le librerie e ad un certo punto questo non sarà più sufficiente perché vorranno vedere i quadri dal vivo, analizzare i colori e studiare delle possibili nuove tinte per le loro affezionate clienti, ormai sempre più esigenti ed eccentriche. Ma i poveretti presto capiranno di non poter mai scoprire com’è il rosso Tiziano né l’Internationl Klein Blue, perché non potranno mai entrare in un museo a vedere Klein e Tiziano. Così si ribelleranno. Gli intellettuali gioiranno perché saranno riusciti nel loro intento e scenderanno in piazza osannando la rivoluzione dei parrucchieri, la rivoluzione partita dal basso. I parrucchieri si alleeranno ai truccatori, desiderosi di riscoprire i benefici della polvere di piombo, ed alle estetiste, che hanno sentito, non si sa dove, che in alcuni ritratti di Ingres le dame avevano le unghie perfettamente tinte, e che quel pervertito di Gericault non si vergognava a mostrare donne con qualche pelo di troppo. Tutti manifesteranno al fianco degli intellettuali. Così finalmente il direttore del Prado marcerà al fianco di una sua potenziale parrucchiera di fiducia e basterà ascoltarli per finalmente conoscere gli oggetti delle loro conversazioni. Gli studenti, soddisfatti del loro lavoro, decideranno che ad un certo momento si potrà anche abbandonare la piazza ed amaramente si accorgeranno di non poter più tagliare i capelli, né di poter entrare in un museo perché entrambi i posti saranno rimasti chiusi a causa dell’urgente manifestazione in piazza. E così non resterà che andare a mangiare sushi.
Fine del delirio. Buon lunedì.