“Un destino ridicolo” è l’unico romanzo scritto da Fabrizio De André, a quattro mani con Alessandro Gennari. Pubblicato nel 1996 e successivamente trasposto cinematograficamente da Daniele Costantini (“Amore che vieni, amore che vai” - 2008), il libro contiene sostanzialmente tutti i topoi fondamentali della poetica del Faber, tutti quei simboli, luoghi, personaggi, pensieri e atmosfere che danno corpo e anima alle sue canzoni, dagli esordi fra i carruggi del porto vecchio di Genova (Via del Campo, Creuza de ma’) ai paesaggi della Gallura, passando per le varie persone, vere e/o fittizie, che ne hanno influenzato la vita e l’opera.
“Un destino ridicolo” è dunque in prima istanza un romanzo che riassume una pluralità di esperienze, un racconto che ne contiene altri, con una pluralità di livelli narrativi funzionale all’intreccio. Tra i personaggi vi sono, non a caso, anche gli stessi due autori, in principio in posizione marginale, successivamente sempre più fondamentali al completamento degli eventi, verso l’inevitabile finale.
Non solo, c’è Maritza, nella quale è impossibile non vedere il riflesso di Bocca di Rosa; c’è Salvatore, pastore sardo scarcerato dopo una condanna per sequestro di persona (esperienza che De André ha vissuto sulla propria pelle); ci sono Bernard e Carlo, a loro modo esponenti di quella malavita dal cuore tenero o quantomeno con uno straccio di morale, a differenza degli abissi di corruzione e malaffare nel quale sguazza il potere regolare e legalmente riconosciuto. Tutte esistenze accomunate dal loro essere, in qualche modo, di traverso, “sempre in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione”.
L’intreccio ha tutte le caratteristiche di un noir, echeggiante, per il comune lirismo di fondo, le cose migliori di Izzo e Carlotto, in un tourbillon di avvenimenti, colpi di scena e cambi di fronte, tali per cui la lettura si mantiene costantemente dinamica e appassionante.
Questo suo primo e unico romanzo conferma e palesa definitivamente la costante inclinazione di De André verso l’intertestualità, la mescolanza, la commistione; di generi, culture, mezzi comunicativi, esperienze di vita, tale per cui Un destino ridicolo diventa l’indispensabile riflesso narrativo, la sintesi fiction di “Non per un dio ma nemmeno per gioco” (2000), fondamentale opera biografica di Luigi Viva, che racconta, nei limiti del possibile, l’uomo e l’artista, lungo tutta la sua vita. Non una sola, dunque, ma ben due letture assolutamente da non perdere!
“A un luminoso bagnasciuga della Gallura dalle cui acque tranquille una vacca torse il collo a guardarci con un dentice in bocca”.