Un discorso troppo complicato

Da Villa Telesio

Lola

testimonianze, 2008

Lola è un cane marrone, tendente al rossiccio, sporco, un incrocio tra un cumulo di polvere e un cuore rotolante. Oggi è legato da qualche parte, a Perugia. L’ultima volta che l’ho visto mi ha quasi travolto. Una volta mi ha seguito per mezza città, perdendosi con me. Era (eravamo) ancora senza catene. E’ un po’ un simbolo di un qualcosa che ha smesso di avere una casa per trasformarsi in ricordo di un futuro che ha coinvolto alcuni poeti, alcune vitali virgole femminili, e centinaia di comparse. Benedikt ha giocato con Lola, l’ultima sera telesiana, seduto per terra di fronte alla catena. Come lui avrei fatto anch’io. E Moises, e Ale.

Villa Telesio è – prima ancora che un luogo mentale – un luogo fisico, reale, una casina con un’enorme scala roteante, una cucina sporchissima, un camino e un giardino. Sta da qualche parte a Perugia, il suo numero civico è il 39. I poeti hanno vissuto a Villa Telesio per tanti, giganteschi anni. Anni di vetro e cenere. Studenti a basso prezzo, alcolizzati coscienti, sfruttatori di risate. Questo eravamo.

Non tutti sono arrivati una mattina a Villa Telesio con una valigia in mano e la vodka nell’altra. C’è chi abitava vicino, e per poetare non ha scelto il 39 per caso: c’era il giardino e sopra scritto Prego. Chi non viveva a Villa Telesio è stato telesiano anche più di chi lo ha fatto.

Prima di noi c’erano stati i prodromi della rivolta: un nome sbagliato, perfetto per un campanello dadaista; un pittore fotografo cuoco ubriacone figlio di Bukowski; una stanza vuota per un po’, prima del Bauhaus benediktiano. Nel frattempo gli anni passavano, l’università smetteva di importunarci, dottorati iniziavano, “nullafacenze” fiorivano. Fino agli avvisi di garanzia, Torino, Rai, Ragazze, Germania, Rababum ratatak.

Già, rababum ratatak. La prima cena telesiana era iniziata così: Moises entra, legge e brucia. Risate, blasfemie poetiche scintillanti dentro un lavandino di piacere alcolico. Nessun dramma: leggemmo, e non finimmo più.

Blog, testimonianza, comparse (Vito senza tempo su tutti), fino alle lacrime. Piangevamo oro. E un minuscolo cane bianco, da cui la Luna ha preso il nome, saltellava cosciente tra laghetti di versi.

Non è facile né voglio essere chiaro, è un discorso troppo complicato.

Ché la storia si ripete sempre due volte: la prima in Villa, la seconda in Telesio.


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