Un’emergenza dopo l’altra, l’ambiente made in Italy non fa più notizia

Creato il 02 aprile 2012 da Lucia Navone @lucia_navone
“I rifiuti? Quale miglior metafora per parlare del dissesto italiano!”.

Questo il pensiero di Walter Ganapini raccolto in un’intervista dove uno dei maggiori esperti italiani di ambiente e di rifiuti racconta il suo punto di vista su “l’ambiente made in Italy”.
Un’emergenza continua che, proprio in questi giorni, è tornata di attualità con la situazione di Roma portata dal Ministro Clini in sede Europea. Clini per Roma insiste sulla differenziata, in riferimento alle normative europee, visto che Malagrotta avrebbe già dovuto essere chiusa e i siti individuati dalla regione hanno vincoli ambientali.

Secondo Ganapini: “ancora una volta l’emergenza di Roma e del Lazio nei fatti non esiste, ma è stata creata ad hoc per consentire alla politica di “attingere dalla mangiatoia”. Del resto Roma oggi può contare su ben 7800 spazzini mentre, dice Ganapini, “ne basterebbero solo 2800”.

Ganapini ma perchè in Italia viviamo nell’eterna emergenza?

Direi che esistono soprattutto stranezze più che emergenze. Eccone un’altra. La Società che gestisce i rifiuti a Perugia vince la gara al Cairo (circa 20 milioni di abitanti) per la raccolta porta a porta, trattamento meccanico biologico, recupero organico, ecc., A Perugia dice che non lo può fare perché Perugia è troppo densamente abitata. E un’altra. La Sicilia ha già comprensori che fanno la raccolta a porta, ma qualcuno voleva fare 6-7 inceneritori con un costo enormemente superiore.

Se la storia di un paese passa anche dalla tutela dell’ambiente, l’Italia che cosa lascerà ai posteri?

Beh, non dobbiamo dimenticare il dato tipico di questo paese: da sempre siamo un terra dove gli affari e la politica viaggiano a braccetto. E’ un fenomeno di una trasversalità assoluta che storicamente rappresenta un canale fondamentale di finanziamento della politica. Questo risulta da innumerevoli atti processuali e faccio fatica ad individuare delle eccezioni, se non individuali. Del resto, dal 1999 ad oggi siamo stati solo capaci di tornare indietro e di azzerare quanto fatto negli anni precedenti. Penso ad enti di programmazione, vigilanza e controllo come l’ANPA, l’Osservatorio rifiuti, le ARPA, l’Osservatorio Nazionale Traffici Abusivi che oggi non esistono più. Senza controllo, nella mangiatoia cè nè per tutti.

Quindi siamo sempre gli ultimi della classe?

Direi di sì, e pure ripetenti. Già nel 1982, nelle tabelle dell’Unione Europea alla riga Italia compariva sempre “Not available”. Questo ci ha portato negli anni a collezionare il 14% di procedure di infrazione in campo ambientale da parte della UE. Ma non solo. Se parliamo di informazione, controllo e certezze normative sicuramente i nostri voti crollano considerevolmente. E questo non succede mai per caso. Là dove non c’è informazione e pianificazione, è molto più facile agire indisturbati.

E allora l’emergenza non è il trattamento dei rifiuti ma come viene gestita l’informazione sui temi ambientali in Italia?

Pensiamo ad esempio a Milano nel 1995. La città fu messa  in emergenza perché il gruppo Fininvest aveva 4.200 miliardi di debito verso il sistema bancario e tra le pochissime voci attive c’era la discarica di Cerro Maggiore della società SIMEC di Paolo Berlusconi e bisognava che Milano andasse in emergenza per portare i rifiuti in quella discarica a 250 lire al chilo. Poi Milano ha risolto il suo problema facendo gli impianti in città per la separazione e un inceneritore pagando 110 lire al chilo. Ma la vera notizia è che lo facemmo senza procedura di emergenza. II Financial Times scrisse: Milan can do it, Milano lo sa fare. Ma allora non se ne parlò e il caso di Milano non ha fatto scuola in Italia. Le omissioni, anche da parte degli organi di informazione, quando si parla di ambiente non mancano mai. Paolo Berlusconi è stato condannato a 6 anni e ha evitato la prigione patteggiando per 160 miliardi di Lire. Il guadagno in nero per la SIMEC fu calcolato in 70 miliardi. E così in tanti altri casi.

Ad esempio?

Le isole ecologiche della Campania. In tutta Italia fare un’isola ecologica costa 100-120mila euro. In Campania ce n’erano 136 e non ne funzionava una. Però, mediamente, erano costate da 300.000 a 500.000 euro l’una. Al termine del mio mandato, delle 136, 94 funzionavano.

E perché non dovevano funzionare le isole ecologiche?

Perché bisognava andare da un unico operatore per tutta la Campania che li mandava in Sicilia o, addirittura, nel lodigiano a 200 euro a tonnellata. Quando a Bologna Hera fa pagare 48 euro. E anche di questo – ovviamente – nessuno parlo’. Quando arrivai a Napoli, trovai sette impianti di selezione e compostaggio meravigliosi, con le migliori tecnologie tedesche, in grado di gestire 8500 tonnellate al giorno, tremila più di quelle prodotte in Campania. Peccato fossero inutilizzati.

Ma sono solo i rifiuti gli indicatori del declino?

Certamente no. Pensiamo al dissesto idrogeologico di questo Paese. Nel 2000 l’Autorità di Bacino del Po pubblicò un rapporto che prevedeva un intervento di 14 mila miliardi di vecchie lire cioè 7 miliardi di euro. La stessa cifra destinata alla costruzione del Ponte sullo Stretto di cui ad oggi sono già stati spesi quasi 2 miliardi di euro in consulenze per un progetto che non ha mai visto la luce. Il dissesto idrogeologico invece è sotto gli occhi di tutti.

Una battaglia persa allora?

No, non direi. La crisi globale che stiamo vivendo ci impone uno sviluppo sostenibile e in questo sarà fondamentale il ruolo dell’Europa. Anche le aziende dovranno ripensare i propri modelli di governance perché la tutela dell’ambiente è un bene comune e tutti siamo coinvolti. Certo i vizi, i corsi e ricorsi italiani frenano e hanno frenato questo processo, ma sono fiducioso. Se vogliamo rimanere in Europa ed essere un paese vagamente moderno non possiamo non fare i conti con una gestione consapevole dell’ambiente. Lo dobbiamo ai nostri figli. Dobbiamo ripensare i nostri stili di vita perché una nuova politica ambientale è la premessa necessaria verso la democrazia e la giustizia. E non solo. Produrre prodotti di alta qualità ambientale oggi vuol dire essere competitivi e, in questo momento, è ciò di cui abbiamo bisogno per superare la crisi.

Walter Ganapini è oggi  membro del Comitato Scientifico dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, oltre che membro del Comitato Etico e presidente di Sisifo Italia, ma il suo curriculum vanta collaborazioni e consulenze per le maggiori realtà italiane, pubbliche e private, sul fronte della gestione dei rifiuti. E’ stato, tra gli altri, presidente dell’Agenzia Nazionale per l’Ambiente (ANPA), membro dell’Osservatorio Nazionale Rifiuti, assessore del Comune di Milano ai tempi della prima emergenza rifiuti, assessore all’Ambiente della Regione Campania dove ha collaborato con il prefetto De Gennaro per la diffusione della raccolta differenziata e presidente di Lombardia Risorse, società di ingegneria della Regione Lombardia e del Comune di Milano. E’ autore dei libri “La risorsa rifiuti”, “Ambiente made in Italy” e di oltre 70 lavori scientifici e tecnici pubblicati da riviste italiane ed internazionali.

Per approfondimenti scarica qui: “Tecnologie pulite nell’industria lombarda” (estratto dal libro “Ambiente made in Italy” di W. Ganapini e pubblicato su “Impresa Ambiente” del Gruppo Sole 24 Ore)


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