Un’esortazione.
Credo di interpretare il sentimento del movimento LGBT italiano se dico che ogni rimando sulla concessione dei diritti mi causa un senso di depressione, e che ogni sorriso di soddisfazione dei fascisti maniffini frustrazione e rabbia difficili da descrivere.
Per questo esorto a guardare le cose in modo diverso.
Siamo nella posizione di chi vuole ottenere un cambiamento per migliorare la vita delle persone. Loro sono nella posizione di chi invece vuole mantenere le cose come stanno. Va da sé che poiché per loro la vittoria è il non cambiamento, ma il cambiamento è inevitabile, ottengono un sacco di “vittorie” (cambiamenti mancati) temporanee, ma la sconfitta finale è sempre e comunque inevitabilmente loro. Credete che gioirebbero a vedere le unioni civili senza stepchild adoption? Per favore. Parliamo di gente che sarebbe soddisfatta solo se l’omosessualità fosse nel codice penale. Sarebbero sconfitti anche senza la stepchild adoption. TUTTI i cambiamenti in positivo sono una sconfitta per loro.
Certo, questa situazione, che ad uno sguardo lungimirante appare rincuorante, in realtà è molto logorante per noi. Vero è che le nostre vittorie sono roba vera, che resta, mentre le loro sono solo dei “rimandi” di una sconfitta finale. Ma le loro vittorie, anche se di Pirro, sono molto più numerose; insomma forniscono loro molto più “carburante psicologico” che a noi.
Per questo la mia esortazione: non cadere MAI nel vittimismo.
Se per i maniffini ogni omosessuale suicida è una vittoria, noi dobbiamo iniziare a pensare ad ogni omosessuale che NON si suicida come una vittoria.
Dobbiamo pensare a noi stessi non come ai vincitori finali predestinati di una guerra apocalittica, che però frattanto devono masticare amaro ogni giorno. Quella è la mentalità delle vittime e dei falliti: non sono forse proprio gli integralisti cattolici che giustificano la propria marginalizzazione dalla politica e dalla società col vittimismo, ma vaneggiano di una vittoria finale garantitagli da Dio? Sono i perdenti quelli che hanno bisogno di elaborare mitologie di vittoria alla fine dei tempi a confronto con i fallimenti di tutti i giorni.
Noi dobbiamo pensare a noi stessi come quello che siamo veramente: non i “perdenti di ogni giorno ma vincitori una volta per tutte”, bensì i “vincitori di ogni giorno E ANCHE di una volta per tutte”. Come i vincitori in USA e in tutto il resto di Europa, come coloro che riportano continue, piccole vittorie anche qui in Italia. Non ci serve la mitologia della vittoria finale: vinciamo già ogni giorno, si tratta solo di non dimeticarsene.
Ossequi.