Nasso, un’isola greca con tanta tranquillità, diverse sorprese e poche folle
La portara di Naxos
Non sono un esperto di Grecia, lo chiarisco subito. Però ha un posto speciale nel mio cuore. Lo ha solo perché i miei genitori si sono conosciuti su una spiaggia di Santorini, dove non sono mai andato, forse per non dover confrontare l’immagine che mi sono fatto di quella spiaggia nera e di quelle casette bianche aggrappate alle rocce, più volte raccontata, ma cristallizzata nelle memorie agli anni ’70. La Grecia ha un posto speciale anche perché l’ho amata a modo mio durante gli studi, perché ogni volta che ci vado, nonostante sia rimasto così poco rispetto ad altri luoghi della grecità, provo un capogiro e un’intensa malinconia di fronte alle rovine o ai musei di Atene (città da riscoprire, fra l’altro). Perché è un luogo dell’anima, più che un luogo fisico. Un archetipo.
Logico quindi che non mi interessino la ‘folla’ e il divertimento, ma piuttosto un mare blu intenso e spiagge deserte e selvagge. Per sentirmi, forse un po’ stupidamente, per un attimo come Ulisse appena sbarcato su un’isola sconosciuta. I bene informati, gli appassionati, chi ci va ogni anno e i greci suggeriscono a chi vuole sfuggire le folle di turisti le Piccole cicladi o Folegandros, o ancora Amorgos. In tutti questi casi si tratta però di isole abbastanza difficili da raggiungere, che richiedono molte ore e cambi di imbarcazione. Io suggerisco un’altra destinazione, non troppo in voga, ma davvero molto affascinante e tranquilla, relativamente poco conosciuta dal turismo di massa. Parlo di Naxos (Nasso), la più grande delle Cicladi. Anticamente sacra Dioniso, il mito racconta che proprio qui Teseo, dopo aver ucciso il minotauro a Creta, abbandonò Arianna.
Viaggio a Naxos
Le chiesette di Naxos (foto di Patrick Colgan)
Ci sono montagne alte e impervie, come il monte Zas (1000 metri), cave di marmo e miniere smeriglio che si aprono come squarci nella roccia e ancora boschi e valli riarse dal sole con sonnolenti paesi adagiati sui fianchi delle colline, spiagge di sabbia e ciottoli spazzate dal Meltemi, il vento piaga e conforto di ogni vacanza nelle isole greche. Ma l’elemento fondamentale del panorama, il trait d’union fra i volti dell’isola è la quantità di mulini (circa 130) e di piccole chiese (oltre 500) che punteggiano il paesaggio, alle volte incastrate in punti impossibili e a poche decine di metri l’una dall’altra. Il simbolo dell’isola è però la ‘portara’, una porta sul nulla. E’ tutto quello che rimane dell’antico tempio di Apollo. Ha un fascino intenso ed è il luogo simbolo e più fotografato dell’isola, ma anche uno dei più affollati assieme alla spiaggia di Chora, il piacevole capoluogo con un affascinante castro veneziano. E’ davvero bella per essere una spiaggia cittadina e molti si fermano qui, facendo la spola fra l’albergo e l’ombrellone. L’isola però offre molto di più.
Le spiagge
Segui la strada sterrata a sud di Chora e se ami la solitudine supera Plaka e dirigiti per esempio a Mikri Vigla o Agiassos, splendide e selvagge, anche se sferzate dal vento. La mia preferita però è dall’altra parte dell’isola, lontano da tutto e da tutti, Psili Ammos. Acqua turchese, sabbia bianca e fine che si accumula in molli dune sabbiose e nemmeno la traccia di un bar o qualsivoglia servizio nel raggio di chilometri. Raggiungerla richiede un bel po’ di strada, ma ne vale la pena. Se ci vai, portati dietro da mangiare e da bere. E più avanti ancora si può scendere a Panormos, costeggiata da palme e isolata.
Psili Ammos, a Naxos
Statue, templi, rovine (anche… moderne!)
Per chi, come me, dopo due giorni consecutivi di spiaggia comincia ad annoiarsi, Naxos riserva molte sorprese. Per esempio l’isola ospita due statue di kouroi, figure maschili tipiche del periodo arcaico incompiute e abbandonate dove lo scultore aveva iniziato a modellarle. Uno dei due giovani, alto dieci metri, è adagiato vicino ad Apollonas (e in realtà sembra rappresentare il dio Dioniso), l’altro – più piccolo – riposa vicino a Flerio. C’è chi resta deluso di fronte a questi colossi dormienti, che non hanno nulla di spettacolare, semmai di enigmatico. Come spesso accade, in Grecia, sono lo slancio romantico che c’è nell’occhio e nella mente dell’osservatore, l’immaginazione, il senso dello scorrere del tempo a rendere un luogo commovente. Esattamente quello che non accade al tempio di Demetra, a Gyroula, dove per dare una forma alle rovine sono stati inseriti elementi non originali, togliendo il velo di malinconia che rende le rovine suggestive. Merita comunque una visita, ma ti do un suggerimento: vai in auto e non fidarti delle guide (compresa la solitamente affidabile Routard) che parlano di un agevole sentiero per raggiungerlo a piedi in mezzo alla natura. Gli abitanti del vicino paese di Ano Sangri ci hanno guardato con un misto di distaccata ironia e timore quando ho chiesto informazioni per arrivare a piedi attraverso i sentieri. Ci siamo trovati ad attraversare una valle rovente, fra passaggi bloccati, muraglie di rovi e la seria paura di perderci.
Il kouros di Apollonas riposa di fronte al mare
Uno dei luoghi più suggestivi è però moderno. Scendendo verso Lionas e la costa est, la strada è sovrastata da cavi metallici e carrucole che contribuiscono a rendere il paesaggio spettrale. E’ la rotta dello smeriglio, che dalle cave fra i monti scendeva a valle fino a pochi decenni fa con un sistema di recipienti sospesi che portavano il minerale fino a Lionas e Moutsuna (dove ci sono ancora le gru, ben conservate). Qui veniva imbarcato. Le miniere di smeriglio sono indicate e si possono visitare. A dire il vero non c’è molto: binari arrugginiti, mucchi di pietra abbandonati e qualche capra che vaga, ma ho amato questo luogo silenzioso, che mi parlava della fatica e della vita degli uomini che hanno abitato quest’isola e che stranamente si legava con l’opera degli artigiani che scolpivano la pietra dei kouroi millenni prima. Non andarci apposta, ma se ci passi merita un salto.
Le miniere di smeriglio… e i ‘mulini moderni’ che, sinceramente,
non ho mai trovato che deturpassero alcun paesaggio (foto di Patrick Colgan)
Non è finita. E’ meraviglioso vagare fra i piccoli paesi candidi incassati nelle valli o appoggiati sulle cime delle colline. Certo, c’è la celebrata e turistica Apeirathos con la città alta costruita quasi interamente in marmo, ma meritano una sosta anche Koronos e Koronida. Non c’è niente da vedere, ma è proprio questo il loro fascino (a Koronida in realtà c’è una tomba micenea, ma le indicazioni sono così confuse che… bravo chi la trova!). Le scale sono in ogni caso tantissime: non andarci nelle ore più calde della giornata, se puoi.
Koronos: scale, scale, scale…
Apeirathos: marmo, marmo, marmo…
Dove mangiare (e bere) a Naxos
Premetto subito, a Naxos non ho mai mangiato male e non ho mai mangiato poco. A Chora, il capoluogo, non troverai forse i migliori ristoranti di Naxos. Le esperienze più belle sono state sicuramente tre. La prima, a ‘I platsa – Martina Stavros’ una splendida taverna nel cuore del paese di Koronos, un angolo di paradiso sotto un fresco pergolato che ripaga della scarpinata sotto il sole fatta per raggiungerlo attraverso le ripide viuzze (pedonali) del paese. Qui si viene accolti con un ampio sorriso e non c’è menù, ma piatti del giorno cucinati con cura e passione. Starei invece attento al vino: il rosato della casa, tipico dell’isola, è un classico ‘vino del contadino’, aspro e sincero, probabilmente non dissimile da quello che Dioniso stesso mescolava con miele, farina e acqua per renderlo bevibile.
I platsa a Koronos
L’insalata greca migliore dell’isola, a Koronos
La taverna Paradisos (dal sito)
Un altro buon posto dove mangiare è Moutsuna, sulla costa est. Non c’è molto altro oltre a tre ristoranti di pesce sul mare e una piccola spiaggia. Il luogo però è tranquillo e davvero splendido e le taverne in teoria dovrebbero essere sullo stesso livello. Io ho provato ‘to dichty – la rete’. Il servizio magari era un po’ serio e lento, ma mi sono alzato molto soddisfatto.
E proprio la location è il motivo per cui cito un altra taverna con i tavolini appoggiati sulla sabbia, intorno a un grande albero e a pochi metri da un mare smeraldino. La taverna Paradisos a Plaka si ricorda soprattutto per il colore dell’acqua. Il cibo francamente non lo ricordo, ma la bellezza è tale che entra di diritto fra i posti più piacevoli dell’isola.
Infine, le bevande. Come già detto il vino tipico dell’isola è un rosato poco interessante e infatti ti verrà offerto quasi sempre vino macedone o comunque non locale. Davvero speciale è invece il Kitron, un distillato aromatizzato agli agrumi prodotto ad Halki, paese di montagna a una ventina di minuti da Chora. La distilleria Vallindras si può visitare anche se gli orari, come accade spesso in Grecia, sono aleatori ed è davvero un prenderci. Questo distillato è però davvero delizioso e a Chora, nell’omonimo locale legato alla distilleria (è sul lungomare) viene servito liscio o in fantasiosi e sorprendenti cocktail. Da provare.
Come arrivare, come spostarsi
A Naxos si può arrivare in aereo da Atene (circa 40 minuti) oppure con il traghetto dal Pireo (5 ore, 3 ore e mezzo con la nave veloce), che ferma anche alla più nota Paros, che è esattamente di fronte.
Una volta sull’isola l’ideale è noleggiare un’auto e se prendi un piccolo fuoristrada (ci sono i suzuki Jimmy) non te ne pentirai. Le spiagge a sud di Chora sono raggiungibili con una strada sterrata (generalmente agevole), ma anche nel resto dell’isola può capitare di affrontare strade accidentate (personalmente mi sono lanciato in percorsi che mai avrei potuto affrontare con un’auto normale).