di Michele Marsonet. Si sa che i Presidenti americani diventano, quasi tutti, “anatre zoppe” quando il loro mandato è in scadenza. I concittadini e il mondo intero tendono a prenderli meno sul serio, ben sapendo che in breve tempo qualcun altro siederà nell’ufficio ovale della Casa Bianca.
Un destino cui è impossibile sfuggire, determinato dal meccanismo dell’alternanza al potere garantito dalla costituzione americana. E’ un fatto che molti ammirano portandolo ad esempio dell’efficacia della democrazia liberale. Altri invece lo criticano considerandolo responsabile di un vuoto di potere assai pericoloso se riguarda una nazione così potente. Su questo insistono, per esempio, i governanti della Repubblica Popolare Cinese.
Figuriamoci quindi che succede se diventa “anatra zoppa” un Presidente appena a metà del suo secondo mandato. Ebbene, proprio questo sta accadendo a Barack Obama il quale, rientrato alla Casa Bianca il 20 gennaio 2013, ha ancora davanti a sé un anno e mezzo di governo.
“Anatra zoppa” in largo anticipo, dunque? Pare proprio di sì, e non riesco a trovare voci che non concordino con tale interpretazione, più tragica che maliziosa. Spesso definito “Presidente fantasma”, i candidati democratici non lo vogliono ai loro comizi per le elezioni di “midterm”, ritenendo – credo giustamente – che la sua sola presenza li danneggerebbe.
Di recente ha iniziato a mandare in giro per comizi la moglie Michelle, la quale pare sia più popolare di lui. In effetti non se ne comprendono bene i motivi. La first lady è senza dubbio attraente sul piano fisico, ma non ha finora dimostrato di possedere grandi doti politiche.
E’ una situazione, quella degli Stati Uniti in questo periodo, che preoccupa un po’ tutti. Gli alleati che si trovano assai spesso privi di un punto di riferimento certo. Ma anche i nemici (o avversari, se si preferisce). L’equilibrio mondiale, almeno per ora, è pur sempre basato da un lato su un Occidente a guida USA (vista l’assoluta inconsistenza dell’Unione Europea), e dall’altro su alcune potenze emergenti o già emerse come la Cina.
Ad aumentare ulteriormente tale preoccupazione sono le crescenti crepe che si manifestano all’interno dell’amministrazione venendo allo scoperto con sempre maggiore frequenza.
Quasi non bastassero le polemiche al calor bianco tra Obama, CIA e altre branche dei servizi segreti, risalenti a poche settimane orsono, adesso è il turno del Segretario di stato John Kerry e, soprattutto, di quello alla difesa Chuck Hagel. Il portavoce della Casa Bianca Denis McDonough è stato costretto a smentire pubblicamente dissapori e scontri verbali anche aspri tra il Presidente e due ministri chiave del suo staff.
Tuttavia pare che le notizie siano vere e la stampa, infatti, non ha preso per buona la smentita del portavoce. Al centro dell’attenzione è ancora una volta la Siria. Gli americani stanno addestrando dei presunti ribelli “moderati” per arginare l’avanzata dell’ISIS. Costoro, però, paiono più intenzionati a rovesciare Assad che a combattere le milizie del Califfato.
A questo punto Kerry e Hagel non sanno più che pesci pigliare. Anche dal punto di vista USA ora Assad appare meno pericoloso dell’ISIS, e se i ribelli armati da Washington dessero vita a una sorta di alleanza con il Califfo per eliminare il presidente siriano l’imbarazzo e i danni sarebbero grandi.
Non c’è traccia, in questo caos, di un Barack Obama con una strategia precisa e idee chiare in testa. E aumenta pure la frustrazione dei vertici delle forze armate, potenti sì, ma senza indicazioni precise su come usare la loro forza.
Una situazione simile a Washington non si era mai vista, neppure ai tempi di Jimmy Carter. Più che zoppicare, l’anatra sembra ormai incapace di reggersi in piedi (o sulle zampe).
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