Dea e il poeta Majakovskij.
Nelle vecchie cantine, delle vecchie case in campagna, c’è sempre stato qualche angolo non transitato, un po’ nascosto, dove di più si accumula la polvere, dove di più sono stati sistemati oggetti che, pur divenuti inutili dispiaceva gettar via. E’ il caso di un vecchio mobile tarlato, in particolare di un suo cassetto aperto, dove uno sguardo si gettò curioso. Vi era un pezzo di foglio, ridotto ai bordi come una trina dall’ingorda tarma. Il curioso sguardo, inizia a leggere: < … crebbe debole di salute, infelice d’aspetto, quasi come Leopardi e come Gramsci. Credo che Cena avesse venticinque anni quando scrisse Madre. Fu redattore capo di Nuova Antologia. Io gli feci conoscere le condizioni di squallore e abbandono in cui vivevano i braccianti. Con Celli e la sua consorte iniziammo con quelle scuole serali dell’Agro Romano, a cui ci dedicammo con fervore. I primi insegnanti volontari venivano chiamati Garibaldini dell’alfabeto. Cena abbracciò con entusiasmo la causa materiale e spirituale di quei paria sfruttati da proprietari feudali; egli accorse in Calabria e a Messina in soccorso dei sinistrati del 1808, e più tardi in Abruzzo. Durante la guerra 1915-1918 si prodigò nelle iniziative a sostegno dei profughi e dei prigionieri. Giovanni Cena scrisse un bel libro degno veramente di essere offerto all’attenzione e alla commossa meditazione delle nuove generazioni, Gli ammonitori>. -Sibil-, (penso che questo sopravvissuto sbrindellato scritto sia di Sibilla Aleramo, ringrazio comunque per aver stimolato la mia meditazione).
BASTA CON LA GUERRA
Basta con la guerra! Finitela!
In quest’anno di freddo e di fame
non se ne può più.
Ma quelli ancora mentivano: <Libertà
al popolo, avanti, epoca, alba…>.
Inutilmente.
Dov’è la terra?
E dove la legge perché la terra
sia assegnata in estate?
Non c’è.
E che cosa danno per il febbraio,
per il lavoro
e perché tu non fugga dal fronte?
Zero!
A grappoli ci stanno sul collo
i Guckov, quei diavoli di ministri, i Rodzianko…
All’inferno le madri!
Il governo
volge il suo muso verso i ricchi,
perché dunque restargli sottomessi?
Addosso!
Queste parole, ora tuono e ora bisbiglio,
filtravano dalla galera-setaccio di Kerenski,
camminavano sull’erba e pei sentieri
nelle campagne,
stridevano
coi denti d’acciaio nelle fabbriche.
Così abbandonavano i partiti degli altri:
che farsene di quella ciurma di chiacchieroni?
E ai bolscevichi
offrivano i pochi soldi, le forze, i voti.
Sino alla più terrosa testa di mugik
giungeva e s’allargava
la fama
che per i contadini
adesso
si battevano certi <bolsciachi>.
Oh, oh, oh, che forza!
-Vladimir Majakovskij-
(tratto da: Bene,Poema d’ottobre)
il baffo di Maya.
[ C e r c a : A D R I O V I V E D E ]