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Un generale in paradiso

Creato il 26 febbraio 2012 da Alfa
Un generale in paradiso

Questa storia potrebbe iniziare così: “Era una notte buia e tempestosa…” ma non si tratta dell’inizio del romanzo (incompiuto) di quel cane scrittore che è l’adorabile Snoopy dei Peanuts. Questa infatti è una storia vera, che vede coinvolti un generale, una contessa e un paradiso in terra.
Era una sera piovosa del giugno 1821 e un viaggiatore che da Torino andava alle Isole Borromee, giunto a Borgomanero, invece di proseguire verso Arona ordinò al cocchiere di puntare sul Lago d’Orta.
Dentro la carrozza che risaliva la strada tortuosa che conduceva ad Ameno, sballottato ad ogni tornante di quella strada fangosa, sedeva un uomo che guardava fuori e vedeva solo notte e nebbia. Di tanto in tanto intravedeva la sagoma scura della Torre di Buccione con le sue mura merlate. E la sua mente si accendeva di fantasiose visioni di armati di guardia sugli spalti.

Motivazione ufficiale del cambio di rotta era il desiderio di percorrere una strada diversa, come scrisse nelle sue memorie, attraversando il lago d’Orta in barca per raggiungere Omegna e di qui Baveno. Il viaggiatore però non era un personaggio qualunque e la sua decisione nascondeva un secondo fine.
L’uomo era il Barone austriaco Ludwig Von Welden, che pochi mesi prima aveva diretto la repressione contro i patrioti piemontesi. E la sua deviazione aveva a che fare con una persona conosciuta a Torino in quella occasione.

Era la nobildonna Teresa Sopransi vedova del conte Ignazio Agazzini. I due si erano incontrati a Torino e Welden aveva accettato l’invito della poco più giovane vedova di passare a trovarla, casomai fosse capitato sul Lago d’Orta.
Quello che il colonnello Welden non sapeva era che quella visita l’avrebbe colpito profondamente. La mattina successiva, aprendo la finestra della sua camera, vide davanti a sé l’imponente sagoma del Monte Rosa stagliarsi su quell’angolo di paradiso che era il lago d’Orta. E ne fu folgorato. Pochi mesi dopo scalò per primo la punta Ludovica, dandole questo nome.

Il colonnello non sapeva, forse, che la contessa faceva parte di una società segreta, il ramo femminile della Carboneria, le cui aderenti si facevano chiamare “giardiniere” e giravano con un pugnale sotto la gonna infilato nella giarrettiera. La contessa, inoltre, era l’amante di Confalonieri, uno dei capi dei cospiratori lombardi che aspiravano a liberare la loro Patria dagli austriaci.
L’anno successivo Teresa fu convocata dalla polizia austriaca. Mentre lei respingeva ogni accusa scagionando il Confalonieri, quest’ultimo fu meno abile e finì con il metterla in una situazione difficile e molto pericolosa.

Il giudice, però, dopo poche domande la liberò. E c’è chi dice che a mettere una buona parola per lei fu proprio il Welden, che tre anni dopo si dimise dall’esercito per un periodo di riposo in cui sbocciò come una rosa il tenero e passionale amore per la bella “giardiniera” italiana, che sposò a Trieste nel 1829. Un amore intenso, ma sfortunato perché Teresa morì due anni dopo.


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