Evidentemente non sono l'unico a credere ancora nell'Italia. Qualcuno ci definisce pazzi o sognatori, ma penso che che il Bel Paese abbia ancora qualcosa da offrire. E mentre qualcuno lascia l'Italia per vivere in una favela di Rio, esistono alcuni intrepidi e coraggiosi "italiani al contrario", che invece di fuggire tornano al loro paesello, come Gianluca Verin. Chi è costui? Leggete la storia (ringrazio il blog del mio omonimo per aver pubblicato questo post).
È un cubo di 80 centimetri per 80. Si può spostare ovunque su rotelle, come fa col suo trolley un qualsiasi viaggiatore abituato a muoversi nelle metropoli fra stazioni ferroviarie, aeroporti e alberghi. Purtroppo le destinazioni di questa valigia, pesante 60 chili, sono assai meno amene: centri abitati rasi al suolo da terremoti, spazzati via da alluvioni, devastati da incendi; località di montagna isolate da bufere di neve; isole colpite da tsunami. Insomma, ovunque una catastrofe abbia privato la popolazione della possibilità di comunicare col resto del mondo.
Dentro non ci sono vestiti, biancheria e spazzolini da denti, ma schede madri, processori, banchi di memorie Ram, hard disk, interfacce di rete, radio, modulatori, amplificatori, antenne. Un groviglio così compatto da racchiudere in appena mezzo metro cubo quelle tecnologie che di norma richiedono decine di stanze climatizzate zeppe di armadi e di rack, gli scaffali aperti traboccanti di server, switch, router, ventole, gruppi di continuità, monitor, tastiere e altri componenti hardware. A governarlo vi è infatti un software rivoluzionario, studiato per ottimizzare dentro il cubo nero tutte le risorse che per essere allocate costringono Telecom, Vodafone, 3, Wind e tutti i gestori di telefonia mobile ad affittare interi palazzi e a servirsi delle migliaia di centraline sparse sul territorio.
Si chiama Primo, e non solo perché è l'acronimo di «private mobile», ma anche perché è davvero la prima rete mobile dedicata, trasportabile, in grado di creare una regione Internet a larga banda per l'utilizzo di telefonini e smartphone. Il primo apparato al mondo capace cioè di far funzionare le comunicazioni telefoniche e web quando tutte le reti, a cominciare da quella con la «r» maiuscola, vanno giù; alimentato, in mancanza di elettricità, con gruppi elettrogeni o pannelli solari. Nell'attimo in cui all'improvviso dovessero sparire dai display dei cellulari quelle tacche rassicuranti seguite da sigle per la maggioranza di noi esoteriche (Gsm, Edge, Umts, 3G, Lte), Primo è ancora su, come l'«Ercolino sempre in piedi» che negli anni Sessanta reclamizzava i formaggini Bel Paese Galbani.
Karim e Gianluca
A compiere il prodigio è stato Gianluca Verin, che di Carosello sa poco o nulla, essendo nato nel 1970. Originario di Bassano del Grappa, laureato in ingegneria elettronica (ramo telecomunicazioni) a Padova nel 1996, master nel Regno Unito all'Università di Sunderland, è un «cervello di ritorno» rientrato apposta in Italia dalla Svezia nel 2005 per creare nell'Area Science park di Padriciano, a Trieste, questa start up che ora è diventata un'azienda, Athonet, con sede a Bolzano Vicentino. Nell'avventura s'è scelto come partner Karim El Malki, 39 anni, romano di padre egiziano e di madre veneta. L'idea è nata nell'appartamento che condividevano a Stoccolma, dove entrambi erano stati chiamati a lavorare dalla Ericsson. Auguri ragazzi!!!