Un getto turbolento per il lampo di raggi gamma

Creato il 30 aprile 2014 da Media Inaf

Quando accade un nuovo fenomeno nell’universo, come l’esplosione di una stella, lo scontro di galassie, l’ingestione di materia da parte di un buco nero, non possiamo certo studiarlo inviando sonde o strumenti sul luogo dell’evento, che può distare anche parecchi miliardi di anni luce. Proprio grazie all’astrofisica abbiamo imparato a ribaltare la situazione a nostro favore, ‘leggendo’ quelle informazioni che la radiazione elettromagnetica emessa durante simili eventi porta con sé nel suo lungo viaggio nel cosmo, che può toccare anche la Terra. Ecco allora che ‘catturare’ e analizzare qui nel nostro ambiente le proprietà di anche solo qualche manciata di fotoni provenienti dallo spazio profondo diventa decisivo per conoscere la storia e le proprietà della sorgente che li ha prodotti. L’intensità della radiazione e la sua variazione con la lunghezza d’onda, quello che gli addetti ai lavori chiamano ‘spettro’, permettono spesso di tratteggiare la realtà fisica degli oggetti celesti con un livello di dettaglio sorprendente. Ma la radiazione luminosa porta con sé anche altre informazioni assai importanti, come quelle sulla sua polarizzazione, che per essere decodificate richiedono tecniche osservative speciali. Lo studio della polarizzazione permette di evidenziare tutta una classe di fenomeni che ci danno informazioni sulla geometria della sorgente, le proprietà dello spazio attraversato dalla luce per arrivare fino a noi e sui processi fisici che l’hanno generata. Sebbene spesso si tratti di effetti complessi da interpretare e da visualizzare, i fenomeni di polarizzazione non sono poi così lontani dalla nostra esperienza quotidiana. La luce solare riflessa da una superficie di un lago, ad esempio, è fortemente polarizzata, e così anche la luce diffusa dalla nostra atmosfera. Si parla in questo caso di polarizzazione lineare.

Effetti simili, tornando alle sorgenti nell’universo, sono stati osservati anche nella radiazione associata ai lampi di raggi gamma (Gamma-Ray Burst in inglese, o GRB) ed ai loro afterglow, ovvero le emissioni luminose che si sviluppano dopo l’evento principale e la cui intensità decresce al passare del tempo. Lo studio della polarizzazione lineare che riceviamo dagli afterglow dei lampi di luce gamma ha permesso in passato di identificare il processo fisico di emissione della radiazione, la cosiddetta radiazione di sincrotrone, ed anche di delineare la geometria delle sorgenti che oggi pensiamo essere dei potenti getti che di materia che si muovono verso di noi ad una velocità appena inferiore a quella della luce.

Esiste però un secondo genere di polarizzazione, detta circolare, che porta con sé altre notizie, ancora più specifiche, sulle condizioni fisiche dove la radiazione viene prodotta in quelle che sono le più violente esplosioni che avvengono nel cosmo, i GRB appunto. Una proprietà assai difficile da individuare poiché l’intensità del fenomeno è intrinsecamente assai più debole della già elusiva polarizzazione lineare. A riuscire per la prima volta nell’impresa è stato un team internazionale di ricercatori guidato da Klaas Wiersema, dell’Università di Leicester nel Regno Unito e Stefano Covino dell’INAF e a cui hanno partecipato alcuni ricercatori italiani e dell’INAF, che ha individuato flebili tracce di polarizzazione circolare nel lampo gamma individuato il 24 ottobre 2012 dal satellite Swift della NASA grazie alle analisi dell’afterglow di questo evento ottenute con gli strumenti del Very Large Telescope (VLT) dell’ESO. “Siamo rimasti completamente sorpresi da queste misure” dice Stefano Covino, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera dell’INAF, che ha partecipato allo studio, i cui risultati sono stati anticipati online sul sito della rivista Nature. “I nostri modelli teorici che spiegano la produzione di radiazione nei lampi di raggi gamma non prevedono infatti che potessero essere osservati livelli di polarizzazione così elevati come quelli che abbiamo riscontrato nella luce di GRB 121024A, anche migliaia di volte più alti di quanto atteso”. E’ ormai noto che la radiazione proveniente da queste sorgenti viene prodotta dall’accelerazione di elettroni fino a velocità prossime a quelle della luce all’interno di campi magnetici. Però, il processo con cui gli elettroni vengono accelerati è molto complesso e non ancora compreso in pieno. Pur in questa incertezza, ci si aspettava in generale ci si aspettava un certo grado di simmetria nelle proprietà fisiche degli elettroni accelerati, cosa che si doveva tradurre in una polarizzazione circolare pressoché nulla. Cosa che è stata smentita dalle misure relative al lampo gamma del 24 ottobre del 2012. “Al di là dell’aspetto tecnico certamente di non facile comprensione, queste misure ci mostrano in modo inequivocabile come ci sia necessità di una comprensione più profonda dei processi di accelerazione di particelle” continua Covino. “Processi che non solo stanno alla base dei lampi di raggi gamma, ma sono importanti in diverse sorgenti astrofisiche come i resti di supernovae e le pulsar”.

Nel team che ha condotto lo studio pubblicato nell’articolo “Circular polarization in the optical afterglow of GRB 121024A” sul sito web della rivista Nature hanno partecipato, oltre a Stefano Covino, anche i ricercatori INAF Sergio Campana, Gianpiero Tagliaferri e Susanna Diana Vergani (Osservatorio Astronomico di Brera), Elena Pian (Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica cosmica di Bologna e Scuola Normale Superiore di Pisa), Ruben Salvaterra (Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica cosmica di Milano), Sperello di Serego Alighieri (Osservatorio Astrofisico di Arcetri).

Per saperne di più:

  • ascolta l’intervista di Marco Galliani a Stefano Covino (INAF-Osservatorio Astronomico di Brera) sulla scoperta

Fonte: Media INAF | Scritto da Redazione Media Inaf


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