recensione di “Giovanni Falcone” (Giacomo Bendotti, Becco Giallo 2011), da Stato Quotidiano – Macondo la città dei libri del 22 ottobre
“Non si può chiedere a un alpinista perché lo fa. Lo fa e basta”. Erano queste le parole usate da Giovanni Falcone per spiegare la sua dedizione alla causa dell’antimafia. Una dedizione dolorosa, quasi una militanza, che gli regalò in cambio anni da protetto, nella bambagia della scorta che si fa controllo, si fa cappa, si fa oppressione. Eppure, il Falcone uomo, cessato d’essere in un giorno di maggio del 1992, amava la vita almeno nella stessa misura in cui il Falcone giudice amava la causa della giustizia. Il mare di Sicilia, il pacchetto dei Toscani, l’amore per i libri e per Francesca (Morvillo, che sposa in seconde nozze del 1986 e che, con il giudice, cadrà per mano di Cosa Nostra) s’intersecavano ineluttabilmente con le inchieste, con le confessioni di Tommaso Buscetta, con le pubbliche aggressioni di Leoluca Orlando e Totò Cuffaro. Oggi, 19 anni dopo, quell’inestricabile combinazione d’eventi esce dalla storia per riassumersi in una graphic novel. Autore, Giacomo Bendotti (27enne sceneggiatore benedetto dal dono del cantastorie). Un lavoro veloce ma per nulla distratto, rigoroso ma non per questo scevro di emotività, intriso della forza propria dei sogni eretti ed infranti. Diretto, come certi pugni. Come quei cazzotti nello stomaco che t’aspetti ma che, ogni volta, mozzano il respiro giusto quell’attimo da annientare la ragione del mondo d’intorno. Essenziale e disadorno. Un lavoro così puro che non abbisogna di fronzoli. E lo capisci subito, da quel titolo che non è un titolo, ma una carta d’identità: “Giovanni Falcone”. Non serve aggiungere altro agli editori della Becco Giallo, sempre in prima linea in fatto di memoria civile. Basta questo per narrare quel che serve narrare. Bastano poche lettere per trasformare un ‘fumetto’ qualsiasi nella storia recente di una Nazione.
Una storia da cui non scampano amici e detrattori. Che furono di Falcone e che saranno di Paolo Borsellino. E, man mano che la si legge, nei tratti sicuri tracciati da Bendotti, si torna indietro, fino a quei giorni vissuti in compagnia di deflagrazioni e di sirene, pezzetti immediatamente percebili di una strategia sotterranea che doveva condurre Stato e mafia a divenire compari, compagni di banco, amici di merenda. Quell’epoca che ha segnato ineluttabilmente il volto di almeno due generazioni di cittadini, seppellito la Prima Repubblica sotto quintali di tritolo e sfregiato definitivamente il volto di un Paese, dal 1992 non sarà più lo stesso. Addirittura, non sarà più se stesso. Intimorito, frastornato, rincintrullito da quei rumori forti, dall’estetica della morte dei morti ammazzati, da immagini che sono immagini di guerra, con tanto di bombe, di stragi, azzeramento dei diritti umani. Una guerra che non è stata dichiarata ma che i suoi morti li ha già lasciati sul campo (1983, Rocco Chinnici; 1985, Nino Cassarà; 1990, Giovanni Bonsignore).
Eppure saranno Capaci e Via D’Amelio i punti di non ritorno. Saranno Capaci e Via D’Amelio, a tramutare lo strazio in indignazione e l’indignazione in sdegno. La scena finale della novel, che è la scena finale di una vita, è anche la scena finale di un’Italia che si credeva al riparo, immmune dai suoi vizi. L’ultimo fotogramma di Bendotti rappresenta la deflorazione subita dall’Italia da parte del male. Più di Portella della Ginestra, più del massacro di Reggio Emilia, più di Ustica e della stazione di Bologna, è a Capaci, in quell’ultimo fotogramma raffigurato dall’alto, che si legge l’intera biografia del nostro popolo, il cui verrà di lì a poco a Palermo.
“La mafia è un fenomeno umano, e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione, e avrà quindi anche una fine”, disse Falcone mentre conduceva un processo (‘il maxiprocesso’) che portò sul banco degli imputati 475 persone, 207 detenuti, 25 collaboratori di giustizia; che trasse 450 capi d’imputazione (90 omicidi) infliggendo 342 condanne, 19 ergastoli, 2665 anni di carcere e multe per oltre 11 miliardi di lire. La sua morte ha potuto rallentare i lavori, ma non li ha più fermati, come non ha soppresso la Procura Nazionale da lui stesso voluta. Falcone è stato lo scoppio del motore, il suo sangue, l’olio degli ingranaggi. La macchina della Storia cammina grazie a questo.
Giacomo Bendotti, “Giovanni Falcone”, Becco Giallo 2011
Giudizio: 4 / 5 – Fratelli d’Italia
Magazine Libri
Possono interessarti anche questi articoli :
-
Anteprima: La canzone del sangue di Giovanni Ricciardi
A breve in libreria la nuova indagine di Ottavio Ponzetti, il celebre commissario protagonista dei romanzi che negli anni hanno conquistato migliaia di... Leggere il seguito
Da Roryone
CULTURA, LIBRI -
Novità Librose
Titolo: L'ombra del peccatoAutore: Silvia ScibiliaPagine:305Genere: Historical romancePrezzo:€ 1editore: self publishing AmazonTrama:Quando Herman Autier... Leggere il seguito
Da Sherzade90
CULTURA, LIBRI -
Novità librarie di luglio: alcune uscite da tenere sott'occhio
Luglio è alle porte, e le case editrici diradano le pubblicazioni concentrandosi soprattutto su libri "da spiaggia": gialli e thriller, naturalmente, ma non... Leggere il seguito
Da La Stamberga Dei Lettori
CULTURA, LIBRI -
Recensione : Le stanze dello Scirocco di Cristina Cassar Scalia
Prezzo: € 19,90E-book: € 9,99Pagine: 456Editore: Sperling KupferGenere: NarrativaÈ il 1968 quando il notaio Saglimbeni decide di tornare in Sicilia con la... Leggere il seguito
Da Roryone
CULTURA, LIBRI -
Anteprima: "Vogueabolario - Le Parole della Moda", di Giovanna Errore
Buon lunedì lettori e buon inizio settimana. Finalmente ho finito gli esami, sabato ho avuto l'orale ed ora sono libera, come Dobby! :D Certo, stasera inizio... Leggere il seguito
Da Paolc2
CULTURA, LIBRI -
BATTAGLIA #3 - Recensione
La strage di Ustica e la sanguinosa indagine di BattagliaMuro di piombo è il terzo numero della miniserie Cosmo dedicata a Pietro Battaglia, il vampiro... Leggere il seguito
Da Audaci
FUMETTI, LIBRI
I suoi ultimi articoli
-
L’ultimo partigiano di Foggia è andato. Te lo ricordi, foggiano?
-
Quelle ingiurie che noi foggiani non possiamo ingoiare. Lettera (semi) aperta a Lello Di Gioia. Ovvero: onorevole, lo conosce Nicola Stame? (e la sua risposta)
-
Tu
-
No, non mi avete convinto (con tante scuse a Pietro Ingrao)