Un giorno senza notizie – A day without news
Published On 21 febbraio 2013 | By Francesco Russo | Campagne & Eventi, Condividere & ComunicareUn giorno senza notizie – A day without news. Immaginate come sarebbe un giorno senza notizie. Come faremmo? Difficile solo pensarlo. E’ questo il tema scelto da “A Day Without News?” per la nuova campagna che debutta domani per chiedere giustizia per tutti i giornalisti caduti nelle zone di guerra
Un gruppo di professionisti appartenenti al mondo dei media e del fotogiornalismo è sceso in campo per aumentare la consapevolezza dei rischi ai quali gli inviati devono fare fronte quotidianamente nelle zone flagellate da guerre e conflitti, e sensibilizzare e convincere le autorità locali, governative e giudiziarie a perseguire per vie legali chiunque rechi danno ai rappresentanti dei media.
Guidata da Aidan Sullivan, Vice President di Getty Images e fondatore della Ian Parry Scholarship, la campagna A Day Without News? farà il suo debutto ufficiale domani, 22 febbraio 2013, in concomitanza con il primo anniversario della morte della corrispondente Marie Colvin e del fotogiornalista Rémi Ochlik in Siria.
L’iniziativa invita a condividere il link www.adaywithoutnews.com attraverso i social networks e a sostenere questa causa per aumentare l’attenzione nei confronti del ruolo essenziale ricoperto da corrispondenti e fotogiornalisti e dei rischi che questi corrono durante i reportage dalle zone di guerra. Il gruppo è motivato anche da un secondo obiettivo: definire un’agenda di natura istituzionale e legale per impedire che i giornalisti diventino dei bersagli, nonché investigare e raccogliere prove per sostenere la ricerca di giustizia in favore di coloro che sono caduti.
Molti corrispondenti, fotografi e altri operatori dei media si trovano a essere deliberatamente bersagliati dai belligeranti durante il loro lavoro; sebbene questo venga considerato un crimine di guerra è stato fatto davvero poco, se non addirittura nulla, per applicare le leggi mondiali sulla tutela dei diritti umani quando si tratta violazioni nei confronti di giornalisti. Negli ultimi dieci anni sono stati uccisi 945 tra giornalisti e corrispondenti operanti in aree di guerra; di questi, in 583 casi non vi è stato alcun processo per crimini di guerra. Solo nel 2012 si sono registrate 90 uccisioni di professionisti attivi nelle zone di conflitto, come Marie Colvin e Rémi Ochlik a Homs, in Siria; oltre a Chris Hondros e Tim Hetherington nel 2011 a Misurata, in Libia. Ma la lista sarebbe lunghissima e non possiamo non ricordare, tra gli altri, Ilaria Alpi, giornalista del TG3 uccisa in Somalia nel 1994, e Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera uccisa in Afghanistan nel 2001
Aidan Sullivan, Vice President, Photo Assignments, Editorial Partnerships and Development di Getty Images e ideatore di ‘A Day Without News?’, ha così commentato:
“È inaccettabile che chi è impegnato a dare notizie in maniera obiettiva dalle zone di guerra divenga ingiustamente un bersaglio e una vittima senza che i colpevoli vengano puniti e processati. Se questi inviati non testimoniassero direttamente sul campo i tragici accadimenti delle guerre, le atrocità dei conflitti rimarrebbero nell’ombra; per questo è altrettanto crudele che chi ha trovato la morte facendo il proprio lavoro non trovi poi giustizia. È una situazione che deve assolutamente cambiare. Si sta avvicinando il giorno in cui lavorare dalle zone di guerra diventerà troppo pericoloso per i giornalisti”
Tra i sostenitori della campagna vi sono noti professionisti del mondo dei media, esponenti governativi e celebrità che hanno aderito all’iniziativa offrendo il loro supporto, tra cui:
- Brent Stirton, Photojournalist, Reportage by Getty Images
- Christiane Amanpour, Chief International Correspondent, CNN
- Don McCullin, Photojournalist
- James Nachtwey, Photojournalist
- Jonathan Klein, Co-founder/CEO, Getty Images
- Lynsey Addario, Photojournalist
- Sir Daniel Bethelem, QC
- Tom Stoddart, Photojournalist, Reportage by Getty Images
A day without newsgiornalismoguerralatestMarie ColvinRémi Ochlik