Siamo arrivati due giorni fa e la casa dove dormiamo questa volta è a dir poco meravigliosa. Un piccolo cortile, un tavolo di legno e due sedie, un mini loft nel Marais. Una doccia gigante, con piccole luci all’interno e un mosaico. Penso che se abitassi sempre qui, le sere d’estate mi siederi nel giardino con il mio computer e scriverei. E d’autunno berrei Pumpkin Latte con maglioni tricottati pensando a nuove ricette da fare
Valige aperte, sandali tra la cucina e la sala. Collane sparpagliate Una certa familiarità nel varcare la soglia, quasi tranquillità.
Essere un PR non è roba da poco: in 4 giorni si catalizzano contro di te maledizioni di vario genere per inviti non arrivati e posti non assegnati: giuro, non è colpa mia, se questo può bastare a difendermi, come uno scudo, una specie di mano di Fatima volta a respingere ogni coltello. Mi rendo conto che forse sono un po’ satura.
Necessito ricentrarmi: amo la semplicità, tutto questo, falsità incluse non solo non mi appartiene ma è come se mi allontanasse da quello che sono e voglio essere. Le mie paranoie vengono enfatizzate e inizio a chiedere ossessivamente a chi amo, per svariate volte, se non parlano perché non parlano. Esaspero. Mi colpevolizzo.
Mangio pain au raisins e bevo cappuccio, indosso sandali di Alaia e anelli di Ca&Lou enfatizzati quando a pranzo mi rifugio in un consolante piatto di noodles in brodo da Happy Nouilles: bello tutto, ma in questo momento vorrei essere in giro per la città, invece che piantata in una mansarda minuscola.
Ieri mi sono resa conto che è tantissimo che non cammino per Parigi, naso all’insù e pensieri sparsi, assaporando il profumo di pane e lavanda che si respira qui intorno. Solvitur ambulando. Bramo St Germain e il cafè Flore, tanto quanto Rue de Rivoli e gli eclair di Angelina.
Ieri sera siamo andati a mangiare da Roseval : il posto è delizioso. Ferro battuto, legno e pochissimi tavoli. Luci gialle e calde, come mi piacciono. potevamo tranquillamente essere in una città nordica, dove d’inverno si trovano cuscini e tappeti pelosi per scaldare gli avventori.
Cena: menù fisso e vino greco biologico. Le portate tra pesce e piccione: ammetto, il piccione non ce l’ho proprio fatta. Dolce a base di cioccolato bianco e pesche sciroppate. Camerieri giapponesi super kawai. Una piccola cucina sarda, quella di Simone Tondo, a Parigi. Con contaminazioni alla Noma e influssi nouvelle cousine, strizzando gli occhi un po’ al Giappone, senza dimenticare la Sardegna. Quello che ho amato è stato il pomodoro verde con ricotta affumicata. Ho adorato l’uso di piccoli fiori e erbe antiche, un po’ incantate, come tocco magico per ciascun piatto.
Penso che non vedo l’ora sia martedì: ho prenotato da Spring e immagino sarà meraviglioso. La sfilata sarà compiuta e immagino lo stress alle spalle. Questa mattina mi sono svegliata all’alba e ho cercato di pensare a come modificare ciò che non va di me. E’ difficile perchè siamo i giudici più severi. e niente è perdonabile, nemmeno la minima sbavatura.
Ho iniziato un libro che come incipit dice che tutto si risolve cucinando. Forse è solo questo: mi addormento sognando di impastare gnocchi. Di imbottigliare passate di pomodoro. Di musica serena e risate sincere. Di candele accese e piccoli piaceri che rendono la vita ordinata, equilibrata.
Ho ovviamente già fatto shopping in farmacia, perdendomi in creme Nuxe, ravvivatori di colorito dai nomi evocativi, tipo ” red berries” e maschere all’argilla.
Paris Fashion week, #dontstopmenow