Chi non conosce Baltasar Garzon? Digitatelo su Google e vi esce vita morte e miracoli di questo magistrato spagnolo che spiccò un mandato di arresto per il dittatore Pinochet e tentò di incastrare Berlusconi per l’affare di Telecinco, chiedendo addirittura al Consiglio d’Europa di revocargli l’immunità (la richiesta fu respinta). Dal processo che ne scaturì, il Cavaliere ne uscì pienamente assolto nel 2008.
Ma Baltasar Garzon non si limita a questo. Tra il 2007 e il 2009 fece intercettare due avvocati per smantellare una presunta rete di corruzione nel partito popolare europeo. Per questa intercettazione, i suoi colleghi lo hanno giudicato colpevole di intercettazioni illegali e attentato ai diritti costituzionali, e lo hanno sospeso dall’attività per undici anni. Praticamente — vista l’età — la sua carriera giudiziaria è finita. Anche perché si aggiungono due nuovi processi a carico del cosiddetto magistrato ‘anticorruzione’: uno relativo alle persone scomparse durante il regime franchista e l’altro per una presunta attività corruttiva su un giro di conferenze negli Stati Uniti.
A questo punto è inevitabile un raffronto con la realtà italiana. Va da sé infatti che l’attività promossa da Garzon in Italia sarebbe stata fatta oggetto al massimo di un trasferimento da una sede di Tribunale (o di Corte d’Appello) all’altra. Ma certamente non avrebbe (forse) comportato la sospensione dall’attività giudiziaria, né la dura sentenza che hanno emesso i giudici spagnoli, i quali addirittura parlano di metodi da regime autoritario riferendosi a quelli utilizzati da Garzon. Differentemente dalla Spagna, perciò (dove la giustizia è vera giustizia e non guarda in faccia a nessuno, nemmeno i colleghi d’ufficio, quando vengono violati i diritti costituzionali), in Italia si assiste sempre più a un fenomeno di progressiva politicizzazione dell’attività giudiziaria. Vi è una vera e propria invasione di campo del potere giudiziario, ermetico e impermeabile a qualsiasi responsabilità, nel potere esecutivo/legislativo, e una sempre più spregiudicata presenza dei magistrati nell’agone mediatico-politico che altera da decenni gli equilibri costituzionali.
I faciloni delle analisi politiche liquiderebbero il tutto con la presenza di Berlusconi. È lui la causa di tutti i mali giudiziari e del fatto che non si vuole fare processare. Ma la verità è che è il sistema giudiziario italiano a non funzionare anche per l’errata interpretazione dei principi costituzionali da parte della stessa magistratura, che non esentano in nessuna norma i magistrati dalla responsabilità personale e diretta per gli errori e gli abusi commessi nell’amministrazione della giustizia. Purtroppo però le resistenze di casta non permettono una valutazione obiettiva di questi principi e si assiste a un fenomeno di vittimismo politico, tramite il quale si è invertita la realtà: è il potere politico a perseguitare il potere giudiziario (per le sue indagini scomode, che però – guarda caso – finisco troppo spesso con un’archiviazione) e non viceversa.
Ma la verità è che si assiste da decenni a un fenomeno di contrapposizione insana tra i due poteri, e questo sia per le resistenze a qualsiasi riforma dell’ordine giudiziario e sia per il vuoto costituzionale che si è creato negli anni ‘90, quando furono abolite le guarentigie del potere politico e nel contempo venne varata una legge sulla responsabilità civile dei magistrati che non è mai stata applicata perché di fatto è inapplicabile, visto che non responsabilizza affatto i giudici e i pubblici ministeri nell’esercizio delle loro funzioni fondamentali, deviando questa responsabilità sullo Stato. È come se un cittadino commettesse un assassinio e vi fosse una norma che punisse l’intera società, colpevole di aver prodotto quell’assassino.
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Tornando dunque a Garzon, in Italia probabilmente egli sarebbe stato se non proprio premiato per la sua attività giudiziaria (il che sarebbe eccessivo anche per noi), quanto meno trasferito d’ufficio ad altra sede e altro incarico. Chiaramente la mia è solo un’ipotesi, ma credo si avvicini — e non di poco — a un’altissima e probabile verità per quel che conosco delle dinamiche giudiziarie italiche. Purtroppo.
Fonte: Il Post
di Martino © 2012 Il Jester