Era il novembre del 2007 quando i giornali di tutto il mondo pubblicavano questa notizia:
C’è un’immensa voragine nell’Universo. Si trova tra 6 e 10 miliardi di anni luce dalla Terra. Si tratta di un volume di spazio con un diametro di circa 900 milioni di anni luce dove il “nulla” la fa davvero da padrone. Agli strumenti che l’hanno scoperto appare come una gigantesca macchia oscura nel cielo, come se una mano smisurata avesse cancellato quasi tutti gli oggetti luminosi presenti al suo interno.
Ora un gruppo di ricercatori ha dato una spiegazione a quel fenomeno. Suona fantascientifico, ma Laura Mersini-Houghton dell’Università del North Carolina a Chapel Hill (Usa) dice proprio così: “E’ l’impronta indelebile di un altro universo che sta oltre il nostro”. Ma per capire questa spiegazione – apparsa su NewScientist – che potrebbe rivoluzionare tutte le idee sorte sul nostro Universo è necessario fare un passo indietro. “Non solo non è mai stato trovato un vuoto tanto grande, ma nessuna ipotesi sulla struttura dell’Universo lo aveva previsto”, aveva detto Lawrence Rudnick dell’Università del Minnesota (Usa), autore della scoperta del buco avvenuta lo scorso mese di agosto. E questo spiega il motivo per cui la sua esistenza era stata messa in luce quasi per caso. (…) Secondo questa teoria non esiste un solo Universo, bensì 10 alla 500 universi (si immagini un numero composta da 1 seguito da 500 zero, un numero inimmaginabile) ognuno con proprie leggi fisiche. Spiega Mersini-Houghton: “Quando il nostro Universo si formò doveva interagire con gli altri Universi vicini. E quel buco è proprio il risultato di quell’interazione avvenuta subito dopo la nascita del nostro Universo che da allora, per le caratteristiche che esso possiede, continuò ad espandersi. Purtroppo non ci è possibile osservare ciò che ci arriva dai confini dell’Universo, che si trova tra 42 e 156 (1) miliardi di anni luce da noi e quindi non possiamo vedere ciò che c’è oltre il buco”. Ma quel buco è proprio l’impronta che un Universo diverso dal nostro ci ha lasciato all’inizio del tempo e dello spazio. Che il buco si formò agli inizi dell’Universo è d’accordo anche Rudnick, il quale dice: “Le teorie correnti suggeriscono che tutte le strutture che oggi vediamo nell’Universo presero forma all’inizio del tempo e dello spazio. La struttura vera e propria fatta di vuoti e agglomerati di materia, poi, è cresciuta nel tempo guidata dalle forze gravitazionali”. (Da Repubblica del 27/11/2007)
Ovviamente la notizia suscitò qualche clamore, poi venne dimenticata, perché il mondo in fondo ha ben altro di cui preoccuparsi: crisi economiche, guerre, coalizioni politiche, talent show etc etc. Ricontrollando gli sviluppi di questa scoperta a cinque anni di distanza non si trova granché, se non cercando sui siti scientifici in lingua inglese o sui soliti forum “cospirazionisti” che sembrano gli unici a monitorare tali notizie, pur strumentalizzandole per enunciare strampalate ipotesi di complotto.
La teoria del multiverso, che affascina da sempre scrittori, registi e sognatori, è senz’altro una di quelle che, al solo pensarci, dà una reale proporzione della nostra insignificante piccolezza rispetto al resto del Creato. Il multiverso è, scientificamente parlando, un insieme di universi coesistenti previsto da varie teorie, come quella dell’Inflazione eterna di A. Linde o come quella secondo cui da ogni buco nero esistente nascerebbe un nuovo universo, ideata dal fisico Lee Smolin.
Uno dei primi a parlare di “molti mondi” è stato il fisico statunitense Hugh Everett III. Detta in breve: in meccanica quantistica, quando si effettua una misura sulla funzione d’onda di un sistema, questa collassa in un autostato dell’operatore corrispondente a quella misura. Se lo stato iniziale è però una combinazione lineare di autostati, allora il sistema effettua in qualche modo una “scelta” su in quale stato collassare, in base ai rispettivi pesi di probabilità. Secondo l’interpretazione di Everett, a ogni possibile “scelta” corrisponde un diverso universo, perciò in un certo senso non si realizza una sola tra tante possibilità, ma si realizzano sempre tutte. (Citazione sufficientemente chiara e corretta, presa da Wikipedia). Il bello è che ai tempi furono in pochi a prestare attenzione a tale teoria, tanto che Everett, scoraggiato, lasciò gli studi di fisica e morì a soli 51 anni per un attacco cardiaco. Se fosse ancora vivo godrebbe nel vedere quanto interesse ha generato la sua ricerca a distanza di un paio di decenni dalla sua prima enunciazione.
Dopo Everett molti altri fisici si sono impegnati nello studio di teorie riguardanti il multiverso e gli universi paralleli. In termini di importanza va ricordato il lavoro di Andrej Linde, scienziato russo che formulò la teoria dell’universo a bolle. Il concetto dell’universo a bolle comporta la creazione di universi derivanti dalla schiuma quantistica di un “universo genitore”. Alle scale più piccole (quantistiche), la schiuma ribolle a causa di fluttuazioni di energia. Queste fluttuazioni possono creare piccole bolle e wormhole. Se la fluttuazione di energia non è molto grande, un piccolo universo a bolla può formarsi, sperimentare una qualche espansione (come un palloncino che si gonfia), ed in seguito potrebbe contrarsi. Comunque, se la fluttuazione energetica è maggiore rispetto ad un certo valore critico, si forma un piccolo universo a bolla dall’universo parentale, va incontro ad un’espansione a lungo termine, e permette la formazione sia di materia che di strutture galattiche a grandissima scala.
Abbandonando i dati scientifici (reperibili abbastanza facilmente), mi piace ricordare quanto e come l’idea che esistano universi parelleli al nostro riesca a suggestionare chi ha uno spirito sufficientemente fantasioso da ragionarci su. Appartengono alla categoria tutti coloro che scrivono di ucronia e storia alternativa, generi che su Plutonia sono di casa. Ma, più in generale, la fantascienza stessa ha un ricchissimo filone che attinge appieno in questo campo di ricerche. Philiph Dick è senz’altro il primo autore che mi viene in mente, soprattutto perché questa sua ossessione andava ben oltre la sola speculazione romanzesca. Ma non posso evitare di citare Harry Turtledove, Poul Anderson e molti altri. Anche il genere fantasy e i fumetti sono ricchi di citazioni riguardanti la teoria del multiverso, spesso in toni decisamente pulp, altre volte in modo più cupo e distonico. Esistono infatti delle fantastiche saghe sui supereroi in versione alternativa a quelli che conosciamo. Saghe che sono tra le più amate dai fans, come Superman Red Son (l’uomo d’acciaio in versione comunista), Spiderman – Il Regno (in cui troviamo un Peter Parker vecchio, senza poteri, in un mondo in cui gli eroi sono scomparsi lasciando spazio alla tirannia), o i Justice Lords (le versioni cattive della JLA, che vivono su Terra 3)
I Justice Lords, versioni alternative della Justice League. Il team è composto dai "doppi" dei più famosi eroi della DC Comics, esistenti in un universo parallelo al nostro.
Inquieta e affascina immaginare una serie (infinita?) di mondi in cui esistono tantissime versione di noi stessi, l’una diversa dall’altra, magari in modo impercettibile, oppure in maniera radicale. Chissà, magari sul mondo XY siete diventati importanti, oppure marcite in galera per qualche crimine che qui immaginate di compiere solo nei vostri sogni più proibiti. Già, i sogni: per alcuni sono riflessi delle nostre vite altenative. C’è chi parla di “ricordi” della reincarnazione, cosa che però pare un tantino improbabile. Più suggestiva invece l’ipotesi che certi sogni non siano altro se non gli echi delle nostre esistenze su mondi paralleli, che proprio nel dreamtime trovano modo e spazio per compenetrarsi l’un l’altro.
Ce abbastanza materiale per ricavarne una stuzzicante Top 5, che vedrete prossimamente su questo blog (e in chissà quante altre versione alternative di Plutonia, su mille altri universi). Anzi, vi comunico già anche la data di questa top 5: mercoledì 28 marzo.
Ma per il momento è davvero tutto, perciò mi fermo e lascio spazio ai vostri commenti.
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