Erano le tre del pomeriggio. Alle quattro e mezzo avevo lezione di teatro. Nell’attesa tiro fuori il mio taccuino, la matita con le mine, e butto giù un insolito ritratto.
I ritratti non sempre traggono persone che conosciamo. Anzi, nella maggior parte dei casi rappresentano volti nuovi, sconosciuti, mai visti. Eppure, mi sono sempre chiesta se nel mondo esistano veramente le facce che disegniamo.
Se esistesse la donna del mio ritratto, sarebbe incompleta.
E’ un brutto affare sentirsi incompleti. Ciò nonostante, siamo incompleti dalla nascita. Compiamo un anno e ce ne mancano altri cento da vivere. Studiamo, ma ci manca sempre una materia alla laurea, una specializzazione, un master, un corso, un lavoro, un pò di soldi, un pò di pace, un viaggio, un’ora di sonno, un respiro, un sogno.
Insomma qualcosa che delle volte aspettiamo solo per perditempo. Per pura soddisfazione personale.
Siamo nella continua ricerca di qualcosa di nuovo, di diverso.
Ci incapricciamo con noi stessi. E non appena raggiungiamo un obiettivo, siamo lì a pianificarne un altro.
Possiamo costruire un mondo di sogni e di illusioni, possiamo fare grandi cose, con il nostro vivere a metà.
Siamo come un puzzle da completare. E una volta concluso, eccola la nostra opera d’arte.