Magazine Ecologia e Ambiente
Ed Boyden, fisico ed ingegnere di formazione, è professore presso il dipartimento di bioingegneria dell'MIT e ricercatore presso il "McGovern Institute for Brain Research" sempre all'MIT ed è riconosciuto, insieme a Karl Deisseroth dell'università di Stanford, come uno dei "padri fondatori" dell'optogenetica.
Questa tecnologia si basa su una proteina del gruppo delle "opsine" chiamata "canalrodopsina-2", questa molecola, che si trova come fotorecettore nelle alghe verdi, si comporta da canale ionico fotoattivabile: quando della luce viene assorbita dalla proteina questa cambia la sua conformazione permettendo un passaggio di ioni attraverso la membrana cellulare sulla quale si trova. Tutto ciò provoca un cambiamento del potenziale elettrico tra i due lati della membrana e questo può dare il via alla partenza di un impulso nervoso (è questo il meccanismo che consente all'alga di "sentire" la luce tramite la canalrodopsina).
La tecnica ideata da Boyden e Deisseroth consiste nell'inserire nel codice genetico dei neuroni dei topi soggetti dei loro esperimenti il gene dell'alga verde che codifica per la produzione della canalrodopsina-2. Questo è possibile usando un metodo analogo a quello su cui si basa la così detta "terapia genica", cioè infettando i neuroni con virus ingegnerizzati in modo da inserire i nuovi geni all'interno del DNA delle cellule.
Una volta che i neuroni esprimono sulla loro membrana le proteine fotosensibili è sufficiente illuminarli tramite una fibra ottica impiantata nel cranio delle cavie per inibire o stimolare la partenza di impulsi nervosi dai singoli neuroni.
Questo metodo, che fin dalla sua invenzione, nel 2005, è stato largamente adottato dai neuroscienziati come strumento di ricerca, presenta anche vastissime potenzialità terapeutiche. Grazie al livello di controllo del cervello senza precedenti raggiungibile grazie all'optogenomica, proprio Ed Boyden è stato in grado di curare dei topi affetti dall'analogo murino del disturbo post traumatico da stress e certe forme di cecità. Nel campo delle neuroprotesi questa tecnologia ha realmente grandi prospettive.
Per quanto riguarda le applicazioni, molto interessante è anche la brevissima sessione finale di domande e risposte, in cui vengono chiaramente sottolineate le enormi implicazioni di una tecnica di manipolazione dei neuroni come quella messa a punto da Boyden.Questa, infatti, mette a portata di mano l'indispensabile verifica sperimentale dei modelli quantitativi della funzione cerebrale prodotti dalle neuroscienze teoriche e computazionali (di cui abbiamo parlato in un recente post). Inoltre, poter attivare selettivamente i neuroni con la luce, non solo permetterà capire meglio in codice neurale (cioè il modo in cui l'attività dei neuroni codifica pensieri emozioni ecc...), ma potrebbe anche portare alla realizzazione di veri e propri "co-processori neurali" in grado di "uploadare" o "downloadare" contenuti mentali direttamente nei cervelli.
Tutto questo era fantascienza fino a pochi anni fa’, ma oggi, con i passi da gigante che le neuroscienze stanno compiendo, comincia a divenire realtà. Come si era già detto in un post precedente, citando proprio il professor Boyden: "stiamo entrando in un rinascimento neurotecnologico nel quale gli strumenti a disposizione per comprendere e reingegerizzare il cervello e le sue funzioni si stanno espandendo sia in ampiezza che in profondità ad una velocità senza precedenti".
Con questo non mi resta che lasciare la parola a Boyden.
Buona visione!
Crosspostato da SF - Scienza di Frontiera
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